Kherson resiste giorno e notte Cronaca di Fabio Tonacci
Testata: La Repubblica Data: 12 maggio 2022 Pagina: 10 Autore: Fabio Tonacci Titolo: «La resistenza notturna di Kherson con i nastri ucraini appesi sui rami»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/05/2022, a pag. 10, con il titolo 'La resistenza notturna di Kherson con i nastri ucraini appesi sui rami', la cronaca di Fabio Tonacci.
Fabio Tonacci
La resistenza civile di Kherson è appesa a un ramo. Stanislav, Irina e gli altri che non vogliono essere Russia escono di casa quando cala il sole e si arrampicano sugli alberi per legare centinaia di nastri gialli e azzurri. Le ombre ribelli della notte salgono poi sui tetti delle scuole e degli edifici pubblici per togliere la bandiera della Federazione e rimettere la loro. Che sventoli anche solo per qualche ora, giusto per far sapere agli occupanti che il popolo è silente ma non arreso. Drappi e nastri mossi dal vento nella città ucraina più grande sinora conquistata dall’armata russa, dove non si sente più il rumore delle bombe però la gente sparisce lo stesso. «Ogni volta che organizziamo proteste in strada torniamo a casa con qualcuno in meno». La voce che esce dal telefono è di un insegnante elementare rimasto lì con gli altri 240 mila abitanti di questo porto strategico sul fiume Dnepr. Prima della guerra erano 270 mila. «Chiamatemi Stanislav, ho paura di dire il mio vero nome». La voce del maestro di scuola va ascoltata bene, racconta di come stanno davvero le cose nei territori occupati. Anche in quelli, come Kherson, in cui amministratori fantoccio buttano là ipotesi di referendum e lanciano propositi di annessione alla Federazione. «Il 27 aprile scorso migliaia di ucraini sono scesi pacificamente nella piazze Libertà e Shevchenkivskiy. I russi non lo potevano sopportare. Per disperderci hanno sparato in aria e sull’asfalto ferendo alcuni di noi. Hanno preso qualcuno dalla folla e l’hanno portato via. Di loro non sappiamo più che fine abbiano fatto». I desaparecidos di Kherson. Quanti? Dicono decine, altri invece li contano sulle dita di due mani, il numero preciso non lo sa nessuno.
«I russi sono entrati a Kherson il primo di marzo e da allora il prezzo del cibo è raddoppiato. Un cartone di latte costava 30 grivne (0,94 euro), ora 60; dieci uova 20 grivne, ora 40. Le medicine ucraine sono esaurite, c’è un’unica farmacia aperta in città con medicine russe portate dalla Crimea. Ioho paura ad uscire di casa. In alcuni distretti non si può girare, i militari ti bloccano, ti strappano il telefono di mano per cercare i messaggi e i meme anti-Putin. Se li trovano, rischi le botte». Kherson tradizionalmente ha sempre guardato con favore a Mosca, si parla russo e il putiniano Volodymir Saldo che ora guida pro-tempore l’amministrazione ha fatto il sindaco per dieci anni. «Prima della guerra almeno il 30 per cento degli abitanti era filorusso. Dopo il primo missile caduto nel vicino villaggio di Chornobayivka e dopo gli orrori di Bucha la percentuale si è ridotta al 5-10 per cento. È il motivo per cui il referendum per l’annessione non lo faranno perché o truccano i voti o lo perdono. Eppure i media russi scrivono che Kherson è già Russia. Non è vero. Noi resistiamo coi mezzi che abbiamo». Che, a volte, si riducono allo sguardo. Ascoltiamo un’altra voce dalla città occupata, questa volta di una donna. Irina ha 53 anni, fa la professoressa e al telefono si commuove. «Vedo la mia gente che sta cedendo...», spiega. «All’inizio boicottavamo i prodotti russi, loro ci portavano le scatolette, i saponi, la carne e noi lasciavamo tutto a terra. Rifiutavamo anche i pacchi umanitari. A marzo facevamo una manifestazione al giorno, poi ad aprile sono diventate una a settimana, ora non abbiamo più la forza. Ho provato a fuggire ma non lo permettono. Verso Mykolaiyv stanno bombardando, verso Kriviy Rih ci sono 50 check-point e non si passa neanche pagando». Due ucraini collaborazionisti sono stati uccisi per strada, segno che a Kherson c’è anche chi è pronto alla rivolta armata. Kirill Stremusov, vice presidente dell’amministrazione militare e civile russa, sostiene che saranno rilasciati passaporti della Federazione. Già ora i telefoni non agganciano più l’operatore mobile ucraino. «Saranno i residenti a decidere se entrare a far parte della Russia», dicono dal Cremlino, recitando una parte da liberali a cui non crede nessuno. «Opponiamo la nostra resistenza civile», ribatte la professoressa Irina. «Mettiamo le bandiere sugli alberi. E quando i soldati entrano nei negozi per comprare la nostra roba pagando in grivne, perché i tanto sbandierati rubli non li abbiamo mai visti, non li guardiamo più negli occhi, giriamo la testa. È poco, ne sono consapevole. Ma devono sapere che per noi sono e saranno sempre gli invasori».
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