Uccisa reporter palestinese: i fatti Cronaca di Rossella Tercatin
Testata: La Repubblica Data: 12 maggio 2022 Pagina: 17 Autore: Rossella Tercatin Titolo: «Uccisa la reporter 'voce della Palestina'. Usa e Ue: serve un’inchiesta esaustiva»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/05/2022, a pag. 17, con il titolo "Uccisa la reporter 'voce della Palestina'. Usa e Ue: serve un’inchiesta esaustiva" la cronaca di Rossella Tercatin.
Rossella Tercatin
Naftali Bennett
Seguiva le vicende del conflitto israelo-palestinese da oltre 25 anni ed è proprio durante il suo lavoro che ha trovato la morte. Shireen Abu Akleh, 51 anni, giornalista diAl Jazeera , si trovava nella città di Jenin, in Cisgiordania, per seguire un’operazione antiterrorismo dell’esercito israeliano. Durante lo scontro a fuoco tra soldati e miliziani palestinesi è stata colpita da un proiettile alla testa, nonostante il giubbotto antiproiettile con la scritta “Press”. Immediatamente si è aperto lo scontro su chi abbia effettivamente sparato il colpo fatale. Il Ministero della Sanità e altri testimoni oculari palestinesi — incluso Ali Samoudi, un altro giornalista rimasto ferito — hanno puntato il dito contro le truppe israeliane. «All’improvviso hanno sparato contro di noi», ha dichiarato Samoudi dal letto d’ospedale secondo quanto riportato dalla stampa israeliana. «L’hanno uccisa a sangue freddo ». Anche il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, ha affermato che Israele è completamente responsabile per quella che ha descritto come «un’esecuzione ». Stessa versione proposta anche da Al Jazeera , il network qatariota per il quale Abu Akleh lavorava dal 1997. Categorica la smentita delle autorità israeliane, che non solo hanno ribadito come l’esercito non abbia in alcun modo deliberatamente aperto il fuoco contro il gruppo di giornalisti, ma hanno anche aggiunto che dalle prime ricostruzioni appare che sia “molto probabile” che la vittima sia stata uccisa da un colpo esploso da uno dei miliziani. «Sulla base delle informazioni preliminari di cui disponiamo, esiste una significativa possibilità che la giornalista sia stata colpita da armi da fuoco palestinesi», ha dichiaratoil premier Naftali Bennett, evidenziando come durante lo scontro «palestinesi armati» abbiano sparato «in modo impreciso e indiscriminato ». Il premier ha invitato l’Anp a condurre un’inchiesta congiunta per verificare l’accaduto. «Il presidente dell’Autorità Palestinese ha lanciato accuse infondate contro Israele prima che fosse svolta qualsiasi indagine», ha detto Bennett. «Per scoprire la verità, ci deve essere una vera inchiesta, e attualmente i palestinesi lo stanno impedendo». Il Ministro della Difesa Benny Gantz ha espresso “grande dolore” per la morte di Abu Akleh.
«Israele considera di fondamentale importanza preservare la vita umana e la libertà di stampa. I soldati dell’Idf (l’esercito israeliano, ndr ) non colpiranno mai intenzionalmente i giornalisti ed è assurdo qualsiasi tentativo di sostenere il contrario». Gantz ha comunque spiegato che non «ci sono ancora certezze su chi ha sparato e ha promesso trasparenza». Nel pomeriggio di ieri, l’Istituto di Medicina Legale dell’Università a-Najah di Nablus ha rivelato i risultati dell’autopsia sul corpo di Abu Akleh, spiegando che era troppo presto per stabilire chi avesse sparato il colpo. «Siamo in possesso del proiettile e lo stiamo esaminando in laboratorio per trovare qualsiasi prova possa svelare il responsabile», ha dichiarato il dottor Ryan al-Ali durante una conferenza stampa. Intanto, la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha chiesto con forza un’inchiesta esaustiva, definendo l’episodio un «attacco alla libertà di stampa». Una presa di posizione simile è arrivata anche dalle Nazioni Unite e dall’Ue. Dalla fine di marzo Israele ha conosciuto una serie di attentati terroristici come non accadeva da anni, con un bilancio totale di 19 morti. In numerosi attacchi, i terroristi provenivano dalla zona di Jenin. Secondo fonti palestinesi invece sono state almeno una trentina nello stesso periodo le vittime degli scontri in Cisgiordania, durante le operazioni militari condotte dall’esercito israeliano, inclusi alcuni civili. Nata nel 1971 a Gerusalemme, palestinese di religione cristiana, Abu Akleh, secondo i colleghi era “un’ispirazione per tutti”. Per i telespettatori palestinesi era ormai diventata un volto familiare, un simbolo. Secondo la definizione dell’Anp, la “voce della Palestina”.
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