La Russia è in difficoltà: ecco perché Due servizi di Micol Flammini
Testata: Il Foglio Data: 04 maggio 2022 Pagina: 8 Autore: Micol Flammini Titolo: «Vincere contro Putin si può. God Bless America - Prove di parata»
Riprendiamo dal FOGLIO a pag.8 con il titolo "Vincere contro Putin si può. God Bless America", l'analisi di Micol Flammini; dall'edizione di ieri, a pag. 1, l'analisi "Prove di parata".
Ecco gli articoli:
"Vincere contro Putin si può. God Bless America"
Micol Flammini
Milano. Zoja Svetova è arrivata in Italia prendendo un volo da Mosca ad Abu Dhabi. Ha sostato in un albergo dell’aeroporto, e poi si è diretta a Milano. Prima del 24 febbraio, la giornalista russa avrebbe potuto prendere un volo diretto: Mosca-Milano. Invece ora la Russia sembra allontanarsi sempre di più. E mentre si allontana, torna indietro nel tempo: “La storia va a ritroso, vediamo elementi di dittatura e totalitarismo e vediamo tornare i piani imperiali. C’è una differenza però – dice al Foglio Svetova – non c’è una cortina di ferro. Io posso venire a Milano, posso uscire dalla Russia. Posso guardare YouTube e informarmi. Ma molte delle cose che vediamo oggi è innegabile che le abbiamo viste durante l’Unione sovietica”. La giornalista che ha collaborato con Novaja Gazeta e si è occupata del sistema giudiziario russo calibra le parole, perché oggi in Russia sono rischiose, alcune sono proibite, e come si fa a raccontare se il vocabolario russo si fa sempre più ristretto? Oggi Zoja, a Milano per la Giornata della libertà di stampa al Giardino dei giusti, non ha un giornale in cui scrivere, la Novaja Gazeta ha chiuso, ha però un canale Telegram in cui parla del presente usando il passato e fa dei podcast che raccontano storie di emigrazione. Ma guarda questa Russia che cambia, che si rinchiude, che invade l’Ucraina e le mancano le parole. “Avevo iniziato a seguire la storia di una madre che non trovava più suo figlio, un soldato. Lo aveva visto in una foto su un sito ucraino, che per Mosca è una fonte inattendibile. Dall’esercito le avevano detto che era vivo e lei un giorno ha anche ricevuto una sua telefonata”. C’era qualcosa che non tornava in quella storia, “e in tempi di pace avrei potuto fare delle ricerche, capire la verità scrivendo”. Oggi è impensabile, ma Mosca continua a essere piena di storie: “Un giorno, in un negozio, ho visto una signora che comprava una bandiera russa. Le ho chiesto per cosa fosse e mi ha risposto che era per suo figlio, affinché la mettesse sul carro armato”. Evidentemente l’esercito non ne aveva più. Per dare la bandiera a suo figlio, sarebbe dovuta andare al confine nella regione di Rostov, “è una grande storia per una giornalista, una madre che compra una bandiera per suo figlio. Sarebbe stato interessante vedere l’incontro, la consegna della bandiera”. Ma ci sono cose che sono finite nell’irraccontabile, in questa Russia che è tornata indietro nel tempo, che ci ha rimesso davanti agli occhi i peggiori incubi della storia. Kirill Rogov è un famoso politologo russo, vive in Austria, e ritiene che Mosca, per ora, abbia perso in Ucraina, ma abbia vinto in Russia. “C’è gente depressa a Mosca, e sono tutti coloro che erano contro la linea del Cremlino. Putin ha vinto contro tutte queste persone”. Boris Pasternak, in uno dei suoi versi, raccontava che da solo non puoi distinguere la vittoria dalla sconfitta, “sono dei versi molto belli”, secondo Zoja Svetova, e ad applicarli alla guerra, a Putin, alla Russia potrebbero essere la storia di una vittoria che non dura per sempre, momentanea. Zoja Svetova si è accorta che la Russia non avrebbe preso il cammino democratico in cui lei e altri avevano sperato appena Putin è arrivato al Cremlino. Aveva la fama di un talentuoso giurista e a questa fama in occidente hanno creduto in molti. In Russia anche, e il mito di Putin è stato alimentato dalla sua abilità di dire cose semplici, dirette, uno stile populista cristallino che in tanti apprezzavano. Diceva, all’inizio del suo mandato, che avrebbe riservato molta attenzione alla legge, “usava belle parole, ma quando abbiamo visto arrivare un cekista abbiamo capito: non era quella l’alternativa democratica”. I cekisti erano i funzionari della Ceka, un corpo di polizia politica nata per individuare e combattere i nemici dello stato, era l’antenata del Kgb, di cui Putin ha fatto parte. “Mio nonno è stato arrestato dalla Ceka e poi giustiziato”, si chiamava Grigori Friedland, era uno storico della Rivoluzione francese. Sua nonna fu mandata in un gulag perché moglie di “un nemico del popolo”. “I miei genitori sono stati arrestati dal Kgb, mandati in prigione e poi in Siberia, io stessa ho subìto le perquisizioni dell’Fsb”, il nuovo Kgb. “Putin era ormai formato quando è arrivato al Cremlino, sapevamo che non sarebbe cambiato”. Svetova è stata insignita della Legion d’onore in Francia e ride quando ricorda che anche Putin fa parte dello stesso ordine “ma io sono un semplice cavaliere”. Già prima che il presidente arrivasse al Cremlino c’erano segnali preoccupanti: “Eltsin era un uomo debole, ma ha anche avuto dei cattivi consiglieri. I democratici che gli stavano attorno volevano fare alla svelta”. Un errore è stato lasciare impunito chi collaborava con il regime sovietico. Se si fosse fatto qualcosa, Putin, da ex ufficiale del Kgb, non sarebbe mai potuto diventare presidente. Invece così il nuovo era di nuovo il vecchio: “Nei tribunali c’è la stessa mentalità di prima, la stessa di quando hanno incarcerato mio padre, io chiedevo perché e la ragione era che i suoi libri venivano pubblicati all’estero”. Ai tribunali Svetova ha dedicato un libro uscito anche in Italia, “Gli innocenti saranno colpevoli” (Castelvecchi). Sottotitolo: “Appunti di un’idealista”. Essere idealista nella Russia di Putin vuol dire “credere che i tribunali smetteranno di essere un’imitazione dei tribunali veri; credere che questa situazione passerà; che il paese migliorerà; che i miei figli e nipoti non vivranno da emigrati; che vincerà il bene. In questo senso sono un’idealista”.
"Prove di parata"
Milano. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto che il 9 maggio non è una data rilevante per la guerra in Ucraina. Il cambio di programma è ormai ufficiale, nasce da una necessità: sul campo di battaglia non ci sono vittorie da rivendicare. Non ci sono città non in macerie in cui sfilare vittoriosi per ricordare la Grande guerra patriottica, la vittoria contro la Germania nazista. Neppure la “seconda fase” annunciata nel Donbas ha portato risultati soddisfacenti, quindi ora il messaggio è un altro: facciamo le cose con calma. Bisogna però comunicarlo ai russi, e a farlo ci pensa il Primo canale della televisione russa, con il conduttore Vladimir Solovev che dice ai suoi ospiti, lì per annuire: “Non abbiamo bisogno di andare di fretta, non serve finire in tempo per una festa prestabilita”. Nella capitale russa, le strade attorno alla Piazza Rossa sono state chiuse al traffico, sono cominciate le prove per la grande parata, che però sarà sottotono rispetto agli altri anni. Ha gli stessi problemi del fronte: mancano uomini e mezzi. Nel 2020 i veicoli erano 234; nel 2021 erano 197, quest’anno saranno 131. Non ci sarà la varietà degli altri anni, perché alcuni modelli saranno in guerra. Sfileranno invece i veicoli di ultima generazione, prodotti in numero limitato e che non sono stati ancora impiegati in Ucraina. L’aviazione invece comporrà con i Mig-29 coreografie a forma di Z, la lettera simbolo dell’invasione, ma il numero di velivoli anche sarà inferiore rispetto agli altri anni. Molti modelli sono in Ucraina, alcuni sono stati abbattuti, e se i Sukhoi saranno in numero ridotto, la Russia nel cielo della Piazza Rossa farà però sfoggio degli Ilyushin Il-80, chiamati “aerei del giorno del giudizio” perché sono progettati per essere utilizzati in caso di guerra nucleare. Secondo il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, le perdite russe superano i ventimila uomini, secondo gli Stati Uniti sono tra i settemila e i quindicimila soldati. Per la parata non ci sono abbastanza uomini. Sfilare il 9 maggio era prerogativa dei soldati di leva, ma ora sono al fronte, spesso in prima linea, e i superstiti non possono essere riportati indietro per marciare per Putin. Alcune indiscrezioni raccontano che ci sarà un gran numero di soldatesse in Piazza Rossa. Più allarmanti sono le informazioni che riguardano il progetto di utilizzare i soldati ucraini catturati e che ora sarebbero detenuti in colonie penali fuori Mosca. Far sfilare gli ucraini servirebbe a due scopi: rimpolpare i ranghi e umiliare l’avversario. La parata, che non si tiene soltanto a Mosca ma nella maggior parte delle città russe, rischia davvero di tramutarsi in uno spettacolo di un esercito che perde pezzi. Accanto a Putin ci saranno, come al solito, i veterani con le uniformi della Seconda guerra mondiale, e il presidente russo che non aveva voluto rinunciare alla parata neppure durante la pandemia e che, in questi anni, ne aveva fatto un grande evento per mostrare – per illudere i russi e anche gli occidentali – l’enorme portata dell’esercito russo, pronuncerà sicuramente un discorso. Avrebbe voluto fosse di vittoria, più probabilmente, secondo fonti occidentali e ucraine, sarà un discorso per annunciare “una mobilitazione generale”, per dichiarare guerra ancora una volta. Per annunciare una nuova fase. Rimane il solito problema: se gli uomini e i mezzi mancano per la parata, mancano anche per la guerra.
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