L’Occidente e gli sviluppi della crisi in Ucraina
Analisi di Antonio Donno
A destra: Volodymyr Zelensky
La situazione in Ucraina si fa sempre più difficile per Zelensky, ma l’Occidente pare non abbia più carte da giocare al di là delle forniture militari. I negoziati sono stati un’arma importante nelle mani di Putin per prolungare il conflitto, riaggiustare gli schemi bellici russi, che finora avevano funzionato male, e tirare avanti sino alla conquista definitiva dell’Ucraina. A meno che Mosca non stia organizzando un golpe per eliminare Zelensky e riprendere il potere con un proprio fantoccio.
Se ciò dovesse avvenire, la posizione dell’Occidente si farebbe ancora più difficile. Anche l’invio di armi potrebbe essere bloccato dalle milizie filo-russe, a quel punto in posizione dominante, e le sorti dell’Ucraina sarebbero definitivamente segnate a favore di Putin. I missili lanciati su Kiev durante la visita del Segretario delle Nazioni Unite Guterres stanno a significare che Putin sfida la comunità internazionale, che appare immobile di fronte agli eventi. Se i fatti dovessero procedere come ha pianificato Putin (la conquista totale dell’Ucraina), si potrà dire che, dalla nascita delle Nazioni Unite (1945) a oggi, la guerra in Ucraina potrebbe significare la prima crisi di enormi proporzioni per l’autorità stessa dell’organizzazione internazionale, che nel tempo ha avuto un ruolo fondamentale per il mantenimento della pace mondiale. Il che potrebbe portare a una crisi verticale dell’ONU.
Gli Stati Uniti hanno svolto finora un ruolo importante nella vicenda ucraina. Ma occorre collocare il presente impegno americano in un quadro negativo per le relazioni internazionali degli Stati Uniti. Dagli anni di Obama sino al presente Washington si è andata progressivamente ritirando dal ruolo centrale che aveva ricoperto per tutto il secondo dopoguerra. Nonostante che lo scenario internazionale fosse bipolare, è indubbio che la democrazia americana abbia svolto nei decenni una funzione primaria, ponendo il comunismo quasi sempre sulla difensiva. Gli Stati Uniti erano il punto di riferimento per il mondo libero e per quello che anelava ad esserlo. Ora non lo è più.
All’interno della società americana, da Obama in poi, si è andata sviluppando una crisi dell’identità liberale che aveva connotato la nascita e lo sviluppo stesso degli Stati Uniti in poco più di due secoli. L’unità nazionale, che aveva avuto nell’idea liberale il suo punto focale di riferimento, si è andata parzializzando in una serie sempre più numerosa di richieste settarie, che fanno riferimento alle origini etniche o a pretese di varia natura. Il liberalismo è stato dichiarato da questi gruppi la causa delle iniquità sociali e ciò si è riflesso nella conduzione della politica interna e internazionale degli Stati Uniti. Ripetiamolo: a partire dai due mandati di Obama.
L’esito politico di tutto ciò in campo internazionale si è rivelato nel corso degli anni più vicini a noi. Si è affermata nella società americana, o in una sua buona parte, l’idea che l’egemonia americana nello scacchiere internazionale fosse contraria all’idea stessa sulla quale erano nati gli Stati Uniti: il rispetto della multiformità politica del mondo. Il progressismo americano – questo è il nuovo mantra vigente, dominante – non sarebbe altro che il rifiuto di un’idea – quella liberale – che nel tempo, secondo i sostenitori progressisti, avrebbe portato gli Stati Uniti a una dominanza pressoché totale nel mondo, il contrario della vera libertà.
Questa nuova ideologia ha avuto una diffusione notevole nella società americana, grazie soprattutto alla svolta radicale del Partito Democratico, ed oggi se ne vedono le conseguenze. Per quanto Washington abbia riassunto un ruolo importante nella crisi ucraina, la sua posizione non più centrale nello scenario internazionale, da Obama a oggi, non ha fatto altro che favorire la rapida assunzione da parte di Russia e Cina di una posizione di preminenza nello scacchiere internazionale. Se gli Stati Uniti avessero mantenuto la propria centralità nella scena globale, Putin avrebbe oggi invaso l’Ucraina?