Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 29/04/2020, a pag.2, con il titolo "La guerra, la tv, la responsabilità. Parla Ilaria Borletti Buitoni", l'intervista di Marianna Rizzini.
Ilaria Borletti Buitoni
Roma. La guerra e la responsabilità davanti a principi fondamentali minacciati: c'è stato un tempo in cui non c'erano dubbi sul prendere o meno posizione, per persone che ricoprivano un ruolo, pur da privati cittadini, nelle proprie città e comunità. Lo ricorda Ilaria Borletti Buitoni, imprenditrice, già deputata e sottosegretario alla Cultura e al Turismo nei governi Letta, Renzi e Gentiloni, mentre racconta la storia di suo padre, un "ragazzo" degli anni Dieci del Novecento che durante la Seconda guerra mondiale ha fatto due volte una scelta in difesa di un valore. Prima per il valore della vita in sé, quella del suo equipaggio in pericolo, quando, nel 1941, da ufficiale aviatore, si è trovato a dover combattere per salvare i suoi compagni; poi per la democrazia e la libertà, anche a costo di perderla, la vita, quando, nel 1943, al ritorno da due anni di prigionia in Australia, dopo essere stato catturato dagli inglesi e poi liberato nel corso di uno scambio di prigionieri, arrestato di nuovo dai tedeschi, ha deciso, una volta fuggito, di arruolarsi nella Resistenza.
Amico di Edgardo Sogno, il padre di Ilaria Borletti Buitoni "ha mostrato grande senso di responsabilità nel difendere non soltanto la patria ma la democrazia e la libertà", dice oggi la figlia, "anche mettendo a rischio la propria sicurezza, concetto che oggi mi pare inesistente nella valutazione dei fatti. Non solo: durante la ricostruzione, nel Dopoguerra, molti imprenditori — come mio padre, allora presidente del gruppo Rinascente-Upim — si sono impegnati a fondo per la propria comunità, nonostante i contraccolpi fisici e psicologici degli anni passati a combattere". Oggi sembra invece mancare, in una parte della classe imprenditoriale, l'assunzione collettiva di responsabilità, vuoi per paura delle conseguenze economiche del conflitto vuoi per mancanza di prospettiva. Perché? "E' come se la globalizzazione avesse portato a un affievolimento di qualunque approccio etico nel leggere la realtà", dice Borletti Buitoni. "Questa guerra è vicina noi, ma non a casa nostra, questo è il retropensiero. Non si pensa: c'è un paese invasore e un paese invaso, con milioni di profughi ai contini dell'Europa. E' come se non si ritenesse necessario dare un giudizio morale. E quando si valuta la ricaduta economica delle scelte politiche è come se si prescindesse dal fatto che, da cittadini europei, non si può lasciar correre di fronte alla stroncatura manu militari dell'afflato di libertà di un popolo. Io credo invece si debba essere pronti a difendere i valori fondanti della nostra comunità: l'indipendenza e la democrazia, e a condannare qualunque gesto che li metta a repentaglio".
C'è forse assuefazione, complici i social network. "La guerra vissuta attraverso i social rende tutto emotivo e non riflessivo, e alla lunga annulla anche l'emotività. Ricordo il caso dell'immagine del corpo esanime del bambino immigrato su una spiaggia, dopo un naufragio, qualche anno fa. Condanna unanime, ma oggi di fronte ai bambini ucraini, vittime spesso senza difesa, non si levano in massa voci di sdegno, dolore, raccapriccio".
La non assunzione di responsabilità è percepibile anche in tv. "Trovo inaccettabile", dice Ilaria Borletti Buitoni, "la sollecitazione di informazioni date con toni squilibrati e senza adeguato contraddittorio sui media. Quando si parla sapendo di essere ascoltati da un grande numero di persone, penso che fornire una sintesi obiettiva sia anche un valore morale. Invece vedo, nei talk show, e penso gli editori debbano riflettere, parterre in cui la maggior parte degli ospiti esprimono posizioni critiche verso l'Ucraina, paese aggredito, e di giustificazione verso la Russia, paese aggressore, senza che qualcuno ribatta adeguatamente. Perché dare così tanto peso senza vero contraltare alle parole di Alessandro Di Battista, per esempio? Tanto più che la competenza di Di Battista su un tema geopolitico così complesso, su cui il dubbio è all'ordine del giorno, non è testimoniata dal suo percorso professionale. Va bene dare conto di tutti i punti di vista, ma sarebbe opportuno mettere a confronto opinioni di peso, e dello stesso peso soprattutto. Si sollecita invece così facendo un pluralismo fasullo. Ma c'è differenza tra pluralismo e propaganda".
E' come se si faticasse a dare colpe a Vladimir Putin: "E invece è chiaro che Putin ha deciso di invadere il territorio di un altro paese. E quando sento dire che la Nato è un'organizzazione che aggredisce e che la richiesta di adesione alla Nato di Finlandia e Svezia è un piegarsi a logiche imperialiste penso: ma che ignoranza. E poi: gli Stati Uniti hanno perso 140 mila uomini in Europa per combattere il nazifascismo. Ecco, io provo gratitudine. Senza contare che Usa e Canada sono molto più indipendenti dell'Europa sul piano energetico, e invece si sente parlare di 'interesse americano a intervenire'. E' pluralismo questo anti-americanismo? Io non credo proprio".
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