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Quindi non ci sarebbe stato un tempio a Gerusalemme?
Analisi di Michelle Mazel
(traduzione di Yehudit Weisz)
Il Monte del Tempio a Gerusalemme Sta succedendo qualcosa di strano in questo periodo di feste. Si sa che negli Stati Uniti c'è il motto: “In God we trust”, una professione di fede che si può tradurre in “Noi riponiamo la nostra fede in Dio.” Questo testo compare anche su tutte le banconote e su tutte le monete del Paese. La Francia, a lungo considerata la “figlia primogenita della Chiesa”, vive ancora come il resto dell'Europa, in Occidente come in Oriente, al ritmo delle grandi feste religiose – Natale e Pasqua, Pentecoste. Eppure i leader di questi Paesi ascoltano senza batter ciglio i portavoce dei movimenti terroristici Hamas e Jihad a Gaza e i rappresentanti eletti dell'Autorità Palestinese affermare che gli ebrei e l'ebraismo non hanno alcun legame con quello che chiamano il “Nobile Santuario” o la Spianata delle Moschee; secondo i seguaci di questa recente religione che è l'Islam, non ci sarebbe mai stato un tempio a Gerusalemme. Le massime autorità religiose della cristianità – cattolici, ortodossi o protestanti – senza dubbio troppo impegnate nella liturgia pasquale non sentono il bisogno di far sentire la propria voce. E’ come se nessuno avesse il coraggio di ricordare timidamente che, secondo il racconto dei Vangeli, fu invece proprio al Tempio di Gerusalemme che il bambino Gesù venne portato dai genitori per essere circonciso come vuole la fede mosaica, ed è stato ancora là che ritornò per celebrare il suo “Bar Mitzvah”, questo rito di passaggio obbligatorio per ogni giovane ebreo; ed infine che fu a Gerusalemme che venne per celebrare la Pasqua ebraica e compiere il suo destino. Solo ora, il passato ebraico di questo luogo santo turba. Turba soprattutto chi eviterebbe di affrontare la verità storica. Da tempo immemorabile gli ebrei venerano il Monte Moriah, il luogo in cui Abramo, pronto a sacrificare suo figlio Isacco, ha suggellato il patto del suo popolo con l'Onnipotente; sono stati gli ebrei a costruire un tempio in questo luogo, e che lo ricostruirono dopo la sua distruzione; Re Erode trasformò questo sito, circondando la collina originale con un gigantesco muro di contenimento, livellandola e riempiendola di materiale di riporto e creando l'attuale immensa spianata, estendendola verso Sud, dove secoli dopo verrà costruita la moschea di Al Aksa. Oggi, invece, in nome dell'Islam, agli ebrei sarebbe vietato di osare mettere piede su questa spianata costruita dai loro antenati. Vedervi un ebreo in preghiera infiammerebbe i fedeli che vengono a meditare durante il mese sacro del Ramadan – o in qualsiasi altro momento dell’anno; vedervi un ebreo passeggiarvi non sarebbe solo una violazione della santità del luogo, ma addirittura una grave violazione della libertà di culto dei fedeli musulmani. Una libertà che sembra negata agli ebrei. Così, mentre il Primo Ministro giordano dichiarava dalla tribuna del parlamento “Le mie lodi a tutti i lavoratori palestinesi e giordani che si ergono a baluardo e a quelli che lanciano pietre contro i filo-sionisti che profanano la moschea di Al-Aksa”, è lo Stato ebraico che viene richiamato a una maggiore moderazione.
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