Arrivano le nuove armi Usa: 'Non cederemo un metro' Commento di Francesco Semprini
Testata: La Stampa Data: 20 aprile 2022 Pagina: 4 Autore: Francesco Semprini Titolo: «Arrivano le nuove armi Usa: 'Non cederemo un metro'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/04/2022 a pag.4 con il titolo "Arrivano le nuove armi Usa: 'Non cederemo un metro' " l'analisi di Francesco Semprini.
Francesco Semprini
Alexandra sta per compiere 21 anni, il viso di fanciulla attenua il carattere da combattente. Ha fatto «la scelta», come lei stessa racconta. Imbracciare il fucile per difendere la sua terra, la sua gente, il suo futuro. Eppure, solo un anno fa, mai avrebbe pensato che il suo percorso di studentessa di medicina sarebbe stato deviato dalla «follia di un capo di Stato». Oggi, invece, si trova in mimetica a combattere, pronta a tutto, anche all'estremo sacrificio. Hai paura di venire catturata di russi? «Non mi prenderebbero mai viva», spiega tirando fuori un proiettile dalla tasca. L'ultimo per spararsi un colpo in testa, per chiudere così la sua battaglia, pronta a morire per sua stessa mano, piuttosto che cadere prigioniera del nemico. Alexandra appare più giovane di quanto dica la sua anagrafe, ha occhi verdi smeraldo come il colore della foresta dove fa i pattugliamenti. Viene da Leopoli, ed è corsa in Donbass quando i russi hanno invaso l'Ucraina, non ci ha pensato troppo e nemmeno ha dovuto dare molte spiegazioni alla famiglia. «Mio padre ha comprato l'equipaggiamento militare, mi ha detto vai». La mamma ha titubato qualche secondo di più, «soffre, ma ho anche la sua benedizione. Lotto per loro, per il nostro Paese e la libertà», spiega con una disarmante calma placida. «Il mio compito sul campo di battaglia è soccorrere i feriti - dice -. L'altro giorno ho curato la ferita ad una gamba di un militare, era un proiettile di Ak-47. Ce la farà». Alexandra fa parte della difesa territoriale di Svyatogorsk, pochi chilometri a sud di Izyum da dove i russi stanno cercano di avanzare per accerchiare il Donbass in mano alle migliori forze di Kiev. «Nessuno ha intenzione di ritirarsi o arrendersi. L'aggressore otterrà tutto quello che desidera.... una fossa», è convinto il comandante Volodymyr Rebalkin. Il fisico muscoloso, la barba incolta, il cappellino da baseball. Il dito fermo sul grilletto. La difesa territoriale è composta da volontari con esperienza militare mescolati in maniera eterogenea. Rebalkin ci porta in mezzo alla foresta nel centro del fronte del Donbass, alle pendici del più grande raggruppamento di truppe di Mosca. Un tempo oasi di pace disseminato di resort frequentati dai turisti. L'unità è composta da giovani addestrati alla guerriglia, il volto coperto dai passamontagna, ci sono anche veterani che hanno servito nell'Armata rossa ai tempi dell'Unione sovietica. Gli ordini sono di pattugliare i boschi e rastrellare i resort per controllare «che gli edifici abbandonati non vengano usati come basi di munizioni e provviste», spiega il comandante in riferimento agli Spetnatz, i corpi speciali di Vladimir Putin che si infiltrano dietro le linee per raccogliere informazioni e compiere sabotaggi. L'ambiente isolato è perfetto e il sottofondo dell'artiglieria ricorda quanto sia vicina la prima linea. «Davai», avanti, ordina il capo squadra, che sembra un guerriero scandinavo. I volontari sanno come muoversi per dare la caccia ai russi coprendosi l'uno con l'altro. Al primo resort abbandonato entrano con cautela, ma gli edifici sono chiusi e vuoti. La zona è abbandonata e non ci sono tracce recenti. Volomir, che ha fatto il servizio militare nell'Urss, mostra una bomba a mano catturata da qualche parte nel Donbass. «Sono nato qui e in questa terra morirò - dice con fare scaltro -. Non andrò da nessun'altra parte e non lascerò mai entrare nessuno a casa mia. Se la sorte sarà morire porterò sicuramente con me diversi di quegli orchi che d hanno invaso e distruggono il nostro Paese». L'esercito russo sta attaccando lungo un fronte di 480 chilometri nell'Ucraina orientale. Il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, conferma che l'obiettivo finale della «seconda fase dell'operazione speciale è la completa liberazione delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk». E aggiunge che la Russia userà solo armi convenzionali in Ucraina, rispondendo a un domanda sul possibile uso di armi nucleari nel conflitto. Una risposta anche all'allarme lanciato il 15 aprile dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky: «Dobbiamo tutti essere pronti alla minaccia nucleare della Russia. Siamo preoccupati dal possibile uso di armi atomiche, ma tutti dovrebbero esserlo, non solo l'Ucraina», ha avvertito il leader di Kiev. Al momento i filo russi controllano circa il 35% del territorio. L'offensiva denunciata nelle ultime ore, accompagnata da pesanti bombardamenti, è solo «un preludio», secondo il Pentagono, di un attacco su vasta scala ancora più impressionante. I russi annunciano di avere lanciato «missili ad alta precisione» contro tredici postazioni ucraine nel Donbass, compresa la città chiave di Slovyansk. Altri attacchi aerei «hanno colpito 60 bersagli militari» anche nelle città vicine al fronte orientale come Dnipro, retrovia di rifornimento verso la regione contesa. A sostegno della difesa ucraina, arrivano aerei da combattimento e relativi pezzi di ricambio da alcuni alleati degli Usa. Lo ha riferito il portavoce del Pentagono, John Kirby. Fonti informate a La Stampa spiegano che sono giunti anche pezzi di artiglieria da 155 millimetri di fabbricazione statunitense, fondamentali perché hanno una gittata più lunga degli obici russi e sono più versatili. Un vantaggio tattico perché le forze di Kiev nascondono le loro macchine da guerra in boschi e campagne per fuggire alle osservazioni di satelliti e droni, pertanto un'agevole cambiamento di posizione è fondamentale. Lo conferma il comandante Rebalkin, il quel rivela il suo "fil rouge" con l'Italia, dove vive sua moglie, a Udine. Dal cassetto della cassaforte ci mostra il Tricolore, donato da una donna ucraina che vive in Friuli e che ha aiutato dal 2014, assieme al marito russo, le unità impegnate a combattere nel Donbass. «Siamo grati per tutto ciò che è arrivato - spiega l'ufficiale Rebalkin -. In cambio ci hanno chiesto di firmare la bandiera». Un grande cuore campeggia sul bianco del vessillo, attorno firme e frasi di ringraziamento «per il sostegno». Su tutte domina la frase «la vittoria è nostra» con tre punti esclamativi. Il comandante ripiega il Tricolore come in una cerimonia estrema, ce lo consegna e ci stringe la mano. «Portatela ai nostri amici in Italia». Così sarà salva, prima che il Donbass entri nell'inferno di fuoco.
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