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Provocazione palestinese: un parziale fallimento?
Analisi di Michelle Mazel
(traduzione di Yehudit Weisz)
Tutto era stato pianificato con cura. L'obiettivo era duplice. Da un lato, provocare manifestazioni di massa e tumulti a Gerusalemme in questo secondo venerdì del Ramadan, e dall'altro, farne ricadere le responsabilità su Israele mentre il Paese si preparava in raccoglimento per il tradizionale seder che celebra la festa di Pesach e la riconquistata libertà del popolo ebraico. Come sappiamo, il modo migliore per raggiungere questi due obiettivi è spingere le forze di sicurezza a intervenire sul Monte Moriah: la Spianata del Tempio per gli ebrei e la Spianata delle Moschee per i musulmani. Così, prima di tutto, dei “giovani” – prudentemente incappucciati – hanno ammucchiato pietre, assi e sbarre di ferro all'interno della moschea di Al Aqsa, essendo il termine di luogo santo abbastanza elastico da non creare problemi; successivamente tirano una pioggia di pietre sui fedeli ebrei che pregano davanti al Muro del Pianto sottostante. Come previsto, i poliziotti israeliani arrivano sul Monte per arrestarli; come previsto, vengono ricevuti da un diluvio di proiettili di ogni tipo. Violenti tafferugli. Rinforzi della polizia. Feriti da una parte e dall’altra. Arresti. Il tutto trasmesso quasi in diretta dai social network arabi, con un sottofondo di canti di guerra. A Gaza, Hamas e la Jihad islamica si strangolano per l’indignazione e fanno a gara nelle minacce; a Ramallah, il Primo Ministro palestinese si dichiara inorridito nel vedere gli ebrei “lordare con i loro piedi” la santa spianata. Un'espressione alquanto razzista se non antisemita. Probabilmente si son dimenticati di dirgli che furono gli ebrei a costruire la suddetta spianata. Certo, è stato molto tempo fa.
L'Arabia Saudita, custode dei luoghi sacri dell'Islam, condanna, lo stesso fa l'Egitto. Insomma, una provocazione riuscita? Non è certo. È che la reazione delle cancellerie occidentali tarda ad arrivare. A questo proposito, ci sono due ragioni per questa insolita cautela. Innanzitutto la polizia israeliana, dimostrando notevole efficienza, ha prontamente evacuato i manifestanti, tanto che la spianata ha ritrovato la calma in tempo per accogliere le decine di migliaia di fedeli accorsi a pregare. Ma non è tutto. Avendo per una volta imparato la lezione di eventi di questo tipo, le autorità israeliane trasmettono in tempo reale le immagini di quanto stava accadendo. Non si vedono dei fedeli pacifici disturbati mentre sono assorti nelle loro preghiere come affermano i loro sostenitori. Al contrario, si vede chiaramente la violenza dei manifestanti, le barricate preparate in anticipo, le pietre sparse sulla spianata. Così gli Stati Uniti sono i primi a rendere pubbliche le loro conclusioni: lungi dal puntare il dito contro lo Stato ebraico, invitano “entrambe le parti” a mostrare moderazione. Presto sono seguiti da quattro grandi capitali europee, tra cui quelle di Francia e Germania: anche loro invitano entrambe le parti a dar prova di autocontrollo. In Israele avremmo preferito una ferma condanna della provocazione palestinese, ma non bisogna sognare, dunque ci dichiariamo soddisfatti.
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