Odio e propaganda: un altro volto della guerra di Putin Commento di Micol Flammini
Testata: Il Foglio Data: 18 aprile 2022 Pagina: 1 Autore: Micol Flammini Titolo: «Bombardati di odio»
Riprendiamo dal FOGLIO a pag.1 con il titolo "Bombardati di odio", l'analisi di Micol Flammini.
Micol Flammini
Roma. In alcune regioni russe confinanti con l’Ucraina, nei giorni scorsi era stata alzata l’allerta per rischio di attentati. Gli ucraini avevano risposto che non avevano intenzione di colpire villaggi o civili e da Mosca era arrivato un avvertimento: se condurrete altre operazioni sul territorio della Federazione, bombarderemo le sedi istituzionali, anche a Kyiv. L’Ucraina, senza rivendicare, aveva cercato di rallentare l’avanzata russa anche colpendo obiettivi fuori dal confine e quando ieri dal ministero della Salute di Mosca è arrivata la notizia di bombardamenti nelle regioni di Bryansk e di Belgorod in cui sarebbero stati colpiti e uccisi dei civili, gli ucraini hanno detto che si trattava di provocazioni per amplificare l’odio nei loro confronti da parte della popolazione russa. Dal Donbas non è facile fuggire e alcuni abitanti della zona hanno dovuto fare una scelta: cercare di andare verso ovest oppure verso est, dove ci sono i russi, ma non ci sono le bombe. Altri cittadini sono stati invece portati forzatamente in Russia. Già a marzo il giornalista ucraino Dmitri Gordon aveva pubblicato un videomessaggio per avvisare gli ucraini che vivono nei territori occupati che esistevano due tipi di corridoi umanitari: uno organizzato dall’Ucraina e l’altro dalla Russia. C’è chi è incappato nel secondo tipo ed è stato sottoposto non soltanto a test severi, che Gordon ha paragonato ai “campi dell’Nkvd” di epoca sovietica, ma anche a violenze.
Questa sorte è capitata a molti cittadini di Mariupol e di alcuni non si hanno più notizie. La finalità di questi campi è filtrare la popolazione, indagare su chi entra in Russia e capire anche cosa potrebbe raccontare. Che ci sono rifugiati ucraini in Russia lo ha detto anche Mosca, che ha adottato una risoluzione sulla loro distribuzione in tutte le regioni della Russia, spesso economicamente depresse. Secondo la commissaria ucraina per i diritti umani, Lyudmyla Denisova, sono più di 700 mila gli ucraini deportati: la Russia usa il termine evacuati. Una volta al di là dal confine, i rifugiati si trovano a convivere con una popolazione che sta subendo una propaganda martellante contro l’Ucraina e quindi, se si sono lasciati alle spalle le bombe e la violenza dell’esercito, ora devono affrontare anche gente non sempre pronta ad accoglierli. Per i bambini è ancora più complicato, vengono inseriti nelle scuole, dove la propaganda martella con una forza uguale se non più brutale. I manuali di testo sono stati riadattati alle necessità “dell’operazione di denazificazione”, molte attività si concentrano sul patriottismo e questo patriottismo ha forti tinte antiucraine. Ai bambini – la maggior parte viene da zone russofone – viene detto di imparare il russo, perché la loro capacità di linguaggio non basta. Alcuni sono arrivati in Russia non accompagnati, hanno perso i genitori e molti sono di Mariupol, della città martoriata che tenta di resistere asserragliata nelle acciaierie Azovstal, hanno visto la barbarie dell’esercito russo, hanno subìto i bombardamenti e la fame. Lyudmyla Denisova ha denunciato che il governo russo sta facendo una legge per consentire ai russi di adottare bambini ucraini con una procedura più veloce. Non ci sono conferme da parte russa e oltre al fatto che secondo alcuni sarebbe una violazione dei diritti del bambino – sono minori portati via con la forza – rimane sempre lo stesso dubbio: come può un bambino ucraino convivere con un processo di assimilazione forzata.
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