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La Stampa Rassegna Stampa
13.01.2003 Ecco i loro libri e TV
Un'indagine rivela il lavaggio del cervello al quale vengono sottoposti i bambini palestinesi

Testata: La Stampa
Data: 13 gennaio 2003
Pagina: 8
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Palestina, i bambini che sognano il martirio»
Riportiamo l'analisi di Fiamma Nirenstein sull'indottrinamento dei bambini palestinesi (per non parlare degli adulti).
«Persino nei sogni l´ottanta per cento vivono scontri e violenza Il mondo circostante non suggerisce loro che sono venuti al mondo per vivere e non per morire I messaggi che ricevono dalla tv, dai maestri, dalla famiglia e le loro difficili condizioni di vita li spingono a diventare terroristi suicidi»


GERUSALEMME

VISTO in tv, sulla lettiga dell'ospedale Soroka di Beersheba, uno dei due terroristi appare per quello che è: una creatura implume, con i capelli a spazzola, piccolo come i suoi otto anni. Tiene un braccio alto sulla testa, e non ha nemmeno un pelo sotto le ascelle. Sabato notte lui e un suo compagno di 13 anni si sono infiltrati nell'insediamento di Netzarim, a Gaza, per compiere un attacco terroristico. Hanno catturato e cercato di pugnalare un ragazzo che è riuscito a chiamare il padre: da quel momento, è cominciata una sequenza di fuga e caccia, durante la quale uno dei ragazzi ha persino cercato di fingersi thailandese con un residente che gli ha aperto la porta e offerto un bicchier d'acqua. Alla fine, feriti e catturati, i due bambini terroristi sono finiti all'ospedale.
Molti come loro invece, durante quest'Intifada, ce l´hanno fatta: sono morti, saltando per aria con le loro cinture esplosive o lanciandosi in azioni il cui unico fine è uccidere più ebrei possibile e praticare la «shahada», il martirio, come lo chiamano gli estremisti islamici.
Il terrorismo suicida è diventato, anche per i bambini, un ideale, un modo per diventare degli eroi ed essere ricordati per sempre. E' difficile da accettare ma un'intera cultura, non solo quella palestinese, spinge fin dalla più tenera età ad aspirare a trasformarsi in armi micidiali, a cercare una morte ritenuta eroica, che consenta di raggiungere il Paradiso. Dice Shafik Massalha, psicologo arabo israeliano, consulente delle scuole palestinesi: «Persino nei sogni l´80 per cento dei bambini vive scontri e violenza; il mondo circostante non suggerisce loro che sono nati per vivere e non per morire: i messaggi che ricevono dalla tv, dai maestri e dalla famiglia, la loro difficile condizione di vita, spingono decine di migliaia di bimbi a diventare terroristi suicidi. E´ un problema estremamente serio». Anche Itamar Marcus, direttore del «Palestinian Media Watch», un centro israeliano che studia i media palestinesi, vede nella pulsione di morte dei più piccoli un fenomeno micidiale, contro cui le organizzazioni per la difesa dei bambini dovrebbero immediatamente mobilitarsi. Marcus ha raccolto in un rapporto i risultati della sua ricerca: terribili fotografie tratte dalla tv e dai media palestinesi, frasi incredibili il cui senso sta nel titolo del lavoro: «Chiedi la morte (e ti sarà data la vita)». E' l'iscrizione sovraimpressa su uno schermo nero il 5 luglio scorso, in mezzo a immagini di bimbi che giocano. Il rappporto include film educativi preparati e trasmessi per i bambini, testi scolastici, dichiarazioni di uomini politici e genitori. Ne risulta un quadro impressionante: l'universo conoscitivo della maggior parte dei bambini è permeato di inviti alla shahada. Qualche esempio. Durante un talk show, un presentatore dall'aria cordiale intervista due bambine attorno agli undici anni, eleganti, disinvolte. Chiede: «Voi descrivete il martirio come qualcosa di bello. Pensate che lo sia?» Risposta di Walla: «La shahada è molto, molto bella. Tutti desiderano la shahada. Cosa ci può essere di meglio che andare in Paradiso?». Domanda: «Che cosa preferite, la pace e i pieni diritti per i palestinesi o la shahada?». Risposta di Walla: «La shahada: io riceverò i miei diritti con la shahada». Risposta di Yussra: «Certamente la shahada è cosa buona: noi non desideriamo questo mondo, ma la vita dopo la morte? ogni bambino di 12 anni prega:"oh Signore, vorrei diventare un martire"».
Sono inclusi nella ricerca clip musicali che passano comunemente sulle tv: in uno il famoso shahid Muhammad Al Dura, ucciso sotto gli occhi delle telecamere, invita i bambini palestinesi a «raggiungerlo in Paradiso». In un altro un piccolo attore corre in un mondo meraviglioso, che simula il Paradiso e i giochi che vi hanno luogo. Dice: «Com'è buono il profumo dello shahid. Io non ho paura né lacrime...vi saluto non per lasciarvi ma per dirvi: seguitemi». Altri clip mostrano danze di guerra eseguite da bambini vestiti da soldati che inneggiano alla morte eroica; oppure sceneggiano la lettera di uno shahid alla madre che le chiede di «cantare un canto di gioia». Anche i libri di testo delle scuole di tutti i diversi gradi consegnano agli alunni lodi del terrorista suicida: «Vedo la mia morte, ma mi affretto verso di lei», recita un verso della «Poesia dello Shahid» riportata nei manuali del 5, 6, 7 e 12esimo grado, pubblicati nel settembre 2001. Il giornale dell'Autonomia, «Al Hayat Al Jadida», riporta il 9 novembre 2000 una storia in cui viene sottolineato il supporto dell'insegnante alla scelta di un bambino del nono grado, Wajdi Al Hattab, morto shahid: «Diceva sempre ai suoi amici: quando sarò uno shahid, distribuite dolci...ha ottenuto ciò che voleva», «i suoi compagni hanno giurato di continuare sul sentiero della shahada».
Ci sono poi una quantità di riprese televisive che trasmettono integralmente sermoni registrati nelle moschee in cui il terrorista suicida viene lodato come la figura somma da imitare, facendo addirittura del suo esempio un obbligo per ogni buon musulmano. Molto lodata è la nuova figura della ragazza terrorista: Wafa Idris è la destinataria di canzoni di lode trasmesse dalla tv. E Arafat, parlando dei bambini palestinesi, in agosto aveva elogiato Farid Houra, uno shahid di 14 anni: «Lo shahid costituisce la forza fondamentale e vittoriosa del nostro popolo», mentre in gennaio aveva affermato: «Il bambino che butta un sasso, che fronteggia un tank, non manda un messaggio grande al mondo quando diviene uno shahid?». Ed è terribile leggere che cosa dicono le madri quando apprendono che il loro figlio si è trasformato in un terrorista suicida: «Il miglior regalo per il giorno della mamma che ho avuto quest'anno è stata la morte da shahid di Abbas (Abbas Al Awiwi), una morte benedetta e un benedetto martirio» (su «Al Hayat Al Jadida» del 21 marzo 2002); «Dopo che Fatma ebbe letto questo passaggio (il desiderio dei figli di divenire shahid) il suo volto prese un'espressione di orgoglio.. e disse: "Sia lode a Dio, ho dato vita a degli eroi"» (su «Al Ayyam» del 28 febbraio 2002». Infine su svariate tv arabe è apparso il clip che mostra un terrorista di 17 anni insieme alla madre prima di partire per la shahada: la madre sorregge con lui la canna del mitra con cui, prima di esser ucciso, il giovane ha ucciso spiega Marcus, cinque israeliani. Nel clip la madre lo benedice e lo bacia. Sia chiaro: non a tutti i palestinesi piace questa attitudine genocida nei confronti dei propri figli. Ci sono state proteste da parte di genitori, lettere ai giornali e prese di posizioni di organizzazioni umanitarie. Sono ben simboleggiate in una caricatura apparsa su «Al Quds» del 16 novembre 2000 in cui un padre con i baffi e la kefia lancia un bambino terrorizzato lontano, con una fionda. GLI ALLARMANTI RISULTATI DI UNA RICERCA CHE HA ANALIZZATO SPOT TELEVISIVI E LIBRI DI TESTO











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