Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 15/04/2022, a pag. 3, con il titolo 'Un'Alleanza più forte è il fallimento di Putin. E Kiev doveva entrare' l'intervista di Stefano Zurlo.
Stefano Zurlo
Giulio Terzi di Sant'Agata
«Un corteggiamento serrato. Chi l'avrebbe mai detto solo due mesi fa?», osserva Giulio Terzi di Sant'Agata, ministro degli Esteri giusto dieci anni fa nel governo Monti. «Questa mobilitazione pro Nato dell'opinione pubblica finlandese svedese è il risultato della politica scellerata e dei massacri di Putin».
Un paio di anni fa il presidente francese Macron aveva detto: «La Nato è in coma». Putin le ha ridato la salute? «Esatto. Anche la Georgia guarda alla Nato come a uno scudo che potrebbe proteggerla da un'invasione. A Tbilisi hanno paura, come a Helsinki dove ancora ricordano l'invasione sovietica del 39-40».
C'è chi sostiene che la Russia si sia sentita accerchiata e abbia reagito con qualche ragione. La Nato era in crisi ma dopo la caduta del Muro si era allargata a Est. Era andata troppo in là? «No: per fortuna c'è stato un allargamento che ha salvato molti Paesi dalla deriva di queste settimane. Attenzione: questa non è solo una guerra in Europa».
E che cosa è? «È una guerra contro l'Europa ed è un passaggio calcolato».
Dove vuole arrivare il Presidente russo? «Putin vuole ricreare l'Unione Sovietica e vorrebbe rimettere insieme le vecchie pedine del Patto di Varsavia. Ma per fortuna è troppo tardi: l'articolo 5, quello che fa scattare la solidarietà dei partner in caso di attacco, salvaguarda i Paesi baltici, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Ungheria, Bulgaria. Combinazione: sono gli stessi Paesi che Putin voleva sganciare dalla Nato nelle settimane precedenti l'occupazione dell'Ucraina. Le concitate comunicazioni con i Paesi occidentali nei giorni che hanno preceduto l'attacco hanno sempre un primo punto irrinunciabile per il Cremlino».
Quale? «Far uscire quei Paesi se non nella forma nella sostanza dalla Nato e farli rientrare nell'orbita russa. Ma è chiaro che si tratta di una condizione irricevibile. Non è tollerabile che possa rinascere l'Urss».
L'Ucraina? «Nessuno aveva mai preso l'impegno a tenerla fuori dalla Nato».
Non c'era alcuna intesa in tal senso? «No e non poteva esserci. Nessuno si impiccherebbe alla corda di un veto russo. La storia è assai diversa».
E come è? «È vero che la Russia dopo il disastro dell'89 è stata salvata dal massiccio intervento economico degli Usa. Non era il Piano Marshall, ma qualcosa di analogo. Successivamente Russia e Nato hanno cominciato a collaborare, c'era un clima positivo e nel 2000 Putin chiese, non so quanto provocatoriamente, al segretario della Nato Robertson di entrare nell'Alleanza Atlantica».
La risposta? «Ovviamente lui non abboccò e se la cavò con una frase di circostanza: "C'è una procedura, la segua". Fine del racconto».
Torniamo a Kiev: perché il suo ingresso venne bloccato nei 2008? «Per una serie di ragioni».
Il timore di scatenare l'ira del Cremlino? «Solo in parte. C'erano le interferenze russe, ma anche la corruzione, gli standard non adeguati nel rispetto dei diritti umani e altro ancora. Così la Nato e la Ue misero nel freezer la richiesta ucraina di adesione».
Oggi dobbiamo pentirci di quella politica del rinvio? «Direi proprio di sì. Kiev sarebbe ragionevolmente al sicuro se si trovasse dentro il perimetro dell'Alleanza Atlantica. Del resto l'involuzione di Mosca va avanti da molti anni, direi almeno dal 2008 e dall'attacco alla Georgia».
Cosa deve fare la Nato? «Con una mano deve consegnare armi alla resistenza Ucraina. Con l'altra rafforzare le sanzioni che metteranno sempre più in crisi l'arroganza del regime russo. Ha fatto bene il cancelliere austriaco Nehammer a correre a Mosca per dire a Putin che une a non si piegherà. Anche all'Austria, come alla Finlandia, la neutralità non basta più».
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