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La Repubblica Rassegna Stampa
15.04.2022 Tra le bombe nel Donbass
Cronaca di Daniele Raineri

Testata: La Repubblica
Data: 15 aprile 2022
Pagina: 4
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Bombe russe sul Donbass: 'Con il sole sfonderanno'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 15/04/2022 a pag.4 con il titolo "Bombe russe sul Donbass: 'Con il sole sfonderanno' " la cronaca di Daniele Raineri.

Festival Internazionale del Giornalismo
Daniele Raineri


Il capitano dell’esercito ucraino Yagodka Sergii è asciutto, veloce, conosce il suo settore di fronte metro per metro. Indica in direzione di Donetsk, la capitale dei separatisti filorussi: il loro fuoco parte da lì, ci passa più o meno sopra, cade là e fa un gesto vago verso le posizioni degli ucraini nascoste fra i campi e le file di alberi; il nostro fuoco va in direzione opposta. Razzi e colpi d’artiglieria. Nei giorni scorsi in questo settore si sentivano colpi sporadici, ogni tanto, come a ricordare ai passanti che si tratta di un’area del Donbass che non ha mai smesso di essere in guerra dal 2014. Adesso però il ritmo del conflitto ha accelerato, i minuti di frastuono sono molti di più dei minuti di intervallo, si va verso il grande giorno che tutti aspettano, quello che potrebbe cambiare per sempre la geografia dell’Ucraina: lo sfondamento delle linee da parte dei russi per ottenere infine una vittoria sul campo, dopo l’umiliazione rimediata a nord di Kiev. E per questo grande giorno le batterie russe preparano il terreno. Loro cercano le nostre postazioni, noi cerchiamo le loro, dice il capitano Sergii. E tutti, soldati ucraini e russi con i carri, si spostano (vietato filmare! vietato fotografare!), lasciano soltanto segni di cingoli nel terreno morbido dei campi, spariscono nei boschi. Il tempo è troppo brutto per la sorveglianza aerea, piove e durerà per giorni. Richiesta al capitano: andare a vedere queste formazioni di soldati nascoste, senza scattare immagini. No, perché non abbiamo pale in più per i giornalisti, risponde il vice del capitano. Forse è humor nero, un riferimento al fatto che chi va a vedere i soldati impegnati a spararsi con i russi dev’essere pronto alla sepoltura? No, abbiamo tutti una pala in dotazione, quando il fuoco russo ci individua e i tiri d’aggiustamento cominciano a stringere su di noi usiamo in velocità la pala nel terreno, facciamo una buca alta così – usa le mani: è poco profonda – e ci buttiamo dentro per sopravvivere fino a quando i colpi si spostano. Il fante durante un bombardamento si aggrappa al terreno, vi affonda con le mani e la faccia, fa diventare ogni centimetro un muro scriveva Erich Maria Remarque ed era più di un secolo fa.

Siamo ad Avdiivka, un paese sulla linea di confine tra l’Ucraina e la cosiddetta repubblica indipendente di Donetsk – la capitale è così vicina che si vedono le cime dei palazzi più alti. In centro pochi abitanti emergono dai rifugi e vanno a comprare cibo, si fidano per un po’ del fatto che i colpi non cadranno sulle case ma cercheranno i soldati fuori dal paese. Ma da due settimane tutti hanno capito che si va verso il peggio, l’evacuazione continua tutti i giorni. «Abbiamo creato un gruppo Telegram apposta, ogni giorno mandiamo un messaggio per avvisare che chi è pronto avrà a disposizione un mezzo per scappare – spiega il capitano – Una volta al giorno sempre a ore diverse, per motivi di sicurezza, non vogliamo creare un pattern riconoscibile». Vediamo il mezzo: è lo scuolabus giallo, preceduto da una jeep della polizia. Gli abitanti di Avdiivka sono i più scafati della nazione, i più abituati al conflitto fin dal 2014, i più assuefatti alla casualità dell’artiglieria. Se se ne vanno è perché capiscono che la Russia sta per lanciare un’offensiva di terra senza precedenti. C’è una stessa domanda che corre lungo tutto il confine del Donbass, da Avdiivka a Sud a Sieverodonetsk a Nord fino a Kramatorsk nel mezzo (che l’intelligence britannica indica come prossimo obiettivo dell’offensiva russa): quando è il momento giusto per andarsene da una città per non restare intrappolati in un accerchiamento russo? I segni dell’offensiva in arrivo sono dappertutto. Ai checkpoint ieri mattina i soldati ucraini con escavatrici creavano montagne di terra sulla strada per obbligare i veicoli a procedere a zig zag, quindi più lenti, quindi più facili da colpire, e non c’erano prima. Nei campi ai lati della strada i cartelli avvertono: mine. I russi tentano già lo sfondamento in qualche punto e sfonderanno di sicuro appena torna il cielo sereno, stanno distruggendo in queste ore Popasna – «oggi per la prima volta in vita mia sono terrorizzato », dice una fonte ucraina di ritorno da lì – e combattono sulla strada tra Lyman e Zarichne. Sono nomi di luoghi così piccoli che di solito non contano, ma l’indicazione che se ne trae è: i soldati russi avanzano nel Donbass. In teoria dovrebbero aspettare per molti motivi, per il maltempo che blocca elicotteri e aerei, per i rinforzi che ancora non sono arrivati, perché non sono ancora in posizione. Ma hanno la consegna di ottenere una vittoria entro il 9 maggio, è una consegna impossibile da rispettare perché c’è troppo poco tempo e il ritardo diventa più grave ogni giorno. Nel Donbass oggi c’è la certezza di una seconda fase della guerra più aggressiva della prima fase attorno a Kiev.

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