Genocidio in Ucraina: le parole di Joe Biden Commento di Alexander Stille, intervista di Federico Varese a Andriy Kostyuk, cronaca di Paolo Mastrolilli
Testata: La Repubblica Data: 14 aprile 2022 Pagina: 1 Autore: Alexander Stille - Federico Varese - Paolo Mastrolilli Titolo: «Perché parlare di genocidio - Kostyuk: 'È un genocidio vogliono l’anima del nostro popolo' - Biden: 'In Ucraina è genocidio'. La protesta di Russia e Cina»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/04/2022, a pag.1-33, con il titolo "Perché parlare di genocidio" il commento di Alexander Stille; a pag. 4, con il titolo "Kostyuk: 'È un genocidio vogliono l’anima del nostro popolo' ", l'intervista di Federico Varese; a pag. 1, con il titolo "Biden: 'In Ucraina è genocidio'. La protesta di Russia e Cina", la cronaca di Paolo Mastrolilli.
A destra: Joe Biden
Ecco gli articoli:
Alexander Stille: "Perché parlare di genocidio"
La decisione del presidente Joe Biden di chiamare «genocidio» l’invasione russa dell’Ucraina può sembrare, a prima vista, un eccesso retorico. Quando pensiamo al genocidio vediamo immagini di Auschwitz e Buchenwald, con pile di cadaveri emaciati accatastati come legna e crematori che bruciavano i corpi. Ma in realtà, l’uso del termine «genocidio» da parte di Biden rientra nella definizione stabilita dalla Convenzione sul genocidio delle Nazioni Unite del 1948. La definizione contiene due aspetti cruciali. Ci deve essere un “aspetto mentale”, che implica “l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Il secondo aspetto è fisico: che può includere cose come “uccidere membri del gruppo”, “causare gravi danni fisici o mentali al gruppo” e “infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per provocarne la distruzione fisica nella sua totalità o in parte”. Visto in questi termini, l’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin si inserisce perfettamente in questo quadro di definizione. Nel famoso articolo di Putin del luglio 2021, intitolato “Sull’unità storica di russi e ucraini”, ha sostanzialmente affermato che l’Ucraina non esisteva come nazione separata e che l’Ucraina faceva parte della Russia. La sua invasione sei settimane fa ha dimostrato che Putin prende alla lettera la non esistenza dell’Ucraina. Il fatto che la guerra di Putin abbia incontrato grandi difficoltà non deve distrarci dalla realtà che stiamo assistendo a un tentato genocidio: cioè un tentativo di distruzione di un popolo. Nonostante o forse a causa delle battute d’arresto militari del suo esercito, Putin ha intrapreso la più grande campagna di distruzione di massa che abbiamo visto in Europa dalla sconfitta del nazismo nel 1945. Abbiamo già assistito allo sfollamento di circa quattro milioni di rifugiati, al rapimento e al trasferimento di decine di migliaia (forse di più) nella parte orientale del Paese. Abbiamo visto prendere di mira e bombardare città e obiettivi civili, intere città rase al suolo. E siamo solo all’inizio di quella che può essere una guerra lunga. Chiaramente, l’unico modo in cui la folle campagna di Putin può avere successo è con la distruzione totale e la rimozione sistematica o la morte di una parte importante della popolazione. Per prevalere e installare un’Ucraina russa, deve effettivamente distruggere un’Ucraina sovrana, un paese democratico che ha scelto una via di indipendenza dalla Russia. È inconcepibile che un’Ucraina controllata dalla Russia possa includere un posto per persone che preferiscono parlare ucraino, che celebrano la cultura ucraina, che vedono l’Ucraina come avente la sua identità indipendente. Finora, Putin ha dimostrato di capire tragicamente poco dell’Ucraina. Pensava chiaramente che — come minimo — gli ucraini di lingua russa — circa il 30 per cento secondo un censimento del 2001 — avrebbero salutato l’esercito russo come liberatore. La feroce resistenza delle città di lingua russa come Mariupol mostra che il senso dell’identità ucraina trascende la semplice questione della lingua. La prossima fase dell’invasione russa sarà di fondamentale importanza. Chiaramente Putin ha spostato i suoi obiettivi tattici, sperando di ottenere il pieno controllo sull’Ucraina orientale piuttosto che conquistare l’intero Paese, come aveva inizialmente sperato. Combattere nell’Ucraina orientale vicino al confine russo e su terreno aperto aumenta notevolmente le possibilità che l’esercito di Putin sia molto più grande e meglio equipaggiato. Le nazioni della Nato devono smettere di preoccuparsi delle distinzioni teoriche tra armi offensive e difensive che iniziano ad assomigliare a dibattiti teologici medievali: bisogna fornire agli ucraini tutte le armi di cui hanno bisogno per difendere la loro sovranità. Se Putin riuscirà nei suoi obiettivi di guerra più limitati — stabilire il pieno controllo sulla parte orientale del paese — questo servirà solo come base per una rinnovata aggressione ad altre parti dell’Ucraina. Piuttosto che prendere l’intero paese in un colpo solo, lo mangerà un boccone alla volta. Potrebbe doversi accontentare di tagliare in due l’Ucraina e lasciare un’Ucraina indipendente gravemente mutilata e un’Ucraina russa, ripulita dai suoi elementi ucraini da una campagna di brutale pulizia etnica. A prescindere dall’uso del termine genocidio, è difficile non essere d’accordo quando Biden ha detto, martedì: «È diventato sempre più chiaro che Putin sta cercando di cancellare l’idea di essere ucraino». Come ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: «Chiamare le cose con il loro nome è essenziale per resistere al male... Siamo grati per l’assistenza degli Stati Uniti fornita finora e abbiamo urgente bisogno di armi più pesanti per prevenire ulteriori atrocità russe».
Federico Varese: "Kostyuk: 'È un genocidio vogliono l’anima del nostro popolo' "
Incontriamo Andriy Kostyuk nella caffetteria dell’Università Cattolica di Leopoli. Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Kostyuk è anche membro del consiglio di amministrazione dell’Ateneo, oltre ad essere un famoso avvocato civilista. E proprio a Leopoli ha studiato Rafa? Lemkin, il giurista che coniò il concetto di genocidio, utilizzato poi al processo di Norimberga. Il presidente Biden ha accusato Putin di tale infame reato. Professor Kostyuk, lei cosa pensa dell’accusa di Biden? «Un numero crescente di politici, studiosi e intellettuali si stanno convincendo che l’aggressione della Russia all’Ucraina non sia un semplice conflitto, un tentativo di annettersi una parte di un territorio straniero. In molti suoi discorsi, Putin ha chiarito che i suoi obiettivi sono meta-storici».
La dottrina di Putin insiste sulla natura tripartita del popolo russo, la Grande Russia, la Russia Bianca (Bielorussia) e la Piccola Russia, cioè l’Ucraina. In base a questa visione del mondo non può esistere una entità politica autonoma e alternativa. «Lo scopo della guerra è quello di abolire l’Ucraina nella sua interezza, compresa la sua cultura e limitarne l’uso della lingua. Chi si oppone a questo progetto è ipso facto un nemico da eliminare, a causa della sua scelta o della sua identità».
Questo progetto è stato articolato in diversi documenti ufficiali dello Stato russo, ad esempio dall’agenzia ufficiale Ria-Novosti che ha auspicato la «liquidazione» del Paese. «Parole simili le ha dette anche l’ex presidente Dmitry Medvedev», osserva il professore. Molti osservatori concordano che l’invasione russa costituisca un crimine di aggressione (attacco non provocato) e diversi studiosi stanno documentando altri crimini commessi in questi giorni, come quelli di guerra (la violazione dello ius in bello , ad esempio la tortura ai prigionieri), e quelli contro l’umanità (ad esempio, gli attacchi deliberati contro i civili).
In che senso però sta avvenendo un genocidio? «Il principio di questa guerra è quello di controllare l’anima delle persone, di riprogrammare gli individui. Dunque, la definizione di genocidio, peraltro piuttosto restrittiva, si adatta alla perfezione al caso dell’Ucraina. Qui si vuole eliminare un gruppo sociale. Vi è un parallelismo netto con quanto cercarono di fare i nazisti con gli ebrei e altri gruppi. Per questo l’esercito russo ha massacrato i civili di Bucha, per questo ha bombardato la stazione a Kramatorsk: le vittime non accettavano di farsi riprogrammare».
Per Kostyuk, lo scopo dei Russi non è quindi difendersi dalla Nato, ma abolire il concetto stesso di “Ucrainità”: «Vogliono uccidere giornalisti, insegnati di storia, e sostituirli con persone diverse. Come fecero i nazisti agli ebrei. Per questo rapiscono i bambini e li portano in Russia, con lo scopo di riprogrammare le menti. È una forma di genocidio di una cultura e di un popolo che non vuole assimilarsi».
La storia del dopoguerra ha mostrato quanto sia difficile perseguire i responsabili. La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, che condannò il genocidio commesso dai nazisti, fu firmata nel 1945, ma si dovettero aspettare 50 anni perché si formasse la Corte Internazionale di Giustizia con sede all’Aja, che ha il compito di punire questo reato. Oltretutto né la Russia né gli Stati Uniti riconoscono questo tribunale e diversi altri Paesi oggi al fianco dell’Ucraina, come il Regno Unito, sono accusati di violare il diritto internazionale. «L’unica soluzione — dice Kostyuk — è la creazione di un Tribunale Speciale, con un suo statuto e con sede in Ucraina, sulla falsariga del Tribunale che si occupa del Ruanda. Esso potrebbe indagare non solo il reato di genocidio, ma anche altri crimini commessi dai russi».
Proprio a Leopoli, inorridito da quanto era successo agli armeni tra il 1915 e il 1917, Lemkin, ebreo, coniò il concetto di genocidio, «che permette di giudicare non solo gli individui, ma l’intero apparato di uno Stato che vuole distruggere un intero popolo».
Paolo Mastrolilli: "Biden: 'In Ucraina è genocidio'. La protesta di Russia e Cina"
Genocidio. Biden non torna indietro, e anche se puntualizza che la definizione tecnica spetta agli avvocati, ripete che secondo lui è chiaro cosa sta accadendo: «Putin vuole spazzare via l’idea stessa di essere ucraini». Mosca e Pechino protestano, e anche gli alleati europei frenano, ma intanto una squadra del Dipartimento di Stato guidata dall’ambasciatrice Beth Van Schaack raccoglie le prove per l’eventuale processo. Non sarà domani, insomma, ma la Casa Bianca punta a fare i conti col Cremlino anche davanti alla giustizia. Parlando martedì in Iowa, Biden ha detto che «sto facendo tutto quanto è in mio potere per affrontare l’aumento dei prezzi di Putin. I vostri bilanci familiari non dovrebbero dipendere dalla decisione di un dittatore di dichiarare guerra e commettere un genocidio a mezzo mondo di distanza». Considerando luogo e pubblico, è ovvio che si trattasse di un messaggio politico inviato agli elettori americani per contenere i danni dell’inflazione alle elezioni midterm di novembre. Dopo il discorso però i giornalisti gli hanno chiesto se ritiene davvero che in Ucraina sia in corso un genocidio, e lui ha risposto così: «Sì. Lasceremo agli avvocati decidere come qualificare il tutto a livello internazionale, ma di sicuro un genocidio è quello che sembra a me». Zelensky ieri ha parlato con Biden dei nuovi aiuti militari da 800 milioni di dollari in arrivo, tra cui elicotteri, che Mosca minaccia di bombardare, e ha subito elogiato la sua «presa di posizione da leader». Lo stesso appoggio è arrivato dal premier canadese Trudeau. Su una linea simile si è posizionato il procuratore della Corte penale internazionale, che conduce l’inchiesta sui crimini di guerra, definendo l’Ucraina «la scena di un reato». Una nuova fossa comune è stata scoperta a Bucha, dove dalla partenza dei russi sono stati trovati 500 cadaveri. Sono 720 sommando gli altri sobborghi di Kiev. L’Osce intanto ha pubblicato un rapporto con cui accusa Mosca di aver fatto scempio della legge umanitaria internazionale, prendendo di mira i civili. Hanno frenato invece i leader francese Macron e tedesco Scholz, mentre il segretario generale dell’Onu Guterres ha commentato così: «Abbiamo espresso con chiarezza la preoccupazione per le violazioni dei diritti umani, ma lasciamo la definizione di genocidio agli organismi giudiziari». Il portavoce del Cremlino Peskov ha protestato: «È inaccettabile che Biden lanci simili accuse». Pechino l’ha spalleggiato, rimproverando alla Casa Bianca di «alimentare le tensioni », anche se la segretaria al Tesoro Yellen ha avvertito che la futura collaborazione economica con la Cina dipenderà da come si comporterà con Mosca. La Convenzione Onu sul genocidio lo definisce come crimini commessi «con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». Quindi elenca i casi: «Uccidere i membri di un gruppo; provocare gravi danni fisici o mentali ai suoi membri; infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita atte a provocarne la distruzione fisica totale o parziale; imporre misure volte a prevenire le nascite; trasferire forzatamente i bambini del gruppo in un altro gruppo». Quando ciò accade, la comunità internazionale deve intervenire. Gli Usa finora hanno dichiarato otto volte il genocidio, l’ultima per il massacro dei Rohingya a Myanmar. Quando lo fanno, la legge impone una risposta al governo, che perciò è prudente. In più Washington non fa parte della Cpi, e quindi ha limiti stabiliti dal Congresso riguardo la collaborazione che può offrire. Van Schaack è l’Ambassador-at-Large for Global Criminal Justice, e quindi il suo compito è prevenire e rispondere al genocidio. Alla Cbs ha detto che «stiamo assistendo a un modello di attacchi deliberati contro i civili. Dobbiamo concentrarci su questi, che sono chiari crimini di guerra». Quando le hanno chiesto se la colpa ricade su chi preme il grilletto, o i leader di Mosca, ha risposto così: «Francamente, tutti loro. Cerchi sempre di risalire la catena di comando di queste terribili violenze». Quindi Putin è nel mirino.
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