La battaglia di Mariupol Cronaca di Daniele Raineri
Testata: La Repubblica Data: 12 aprile 2022 Pagina: 2 Autore: Daniele Raineri Titolo: «La battaglia dell’acciaieria, Mariupol ultimo argine prima dell’offensiva a Est»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/04/2022 a pag.2 con il titolo "La battaglia dell’acciaieria, Mariupol ultimo argine prima dell’offensiva a Est" la cronaca di Daniele Raineri.
Daniele Raineri
Il segreto meglio custodito dell’Ucraina è l’esistenza di contatti fra gli assediati che ancora resistono contro i russi e contro ogni previsione dentro alla città di Mariupol — ma la loro resistenza è agli sgoccioli — e il resto del Paese. I russi sospettano che questi contatti ci siano e sono nervosi. La notte di venerdì 8 aprile alcune navi della marina militare russa e della guardia costiera hanno aperto il fuoco contro il mercantile battente bandiera maltese Apache, partito a pieno carico da Rostov sul Don e diretto a Bari, perché avrebbe tentato di avvicinarsi al porto assediato. Almeno così sostiene l’agenzia di Stato Tass, che cita il portavoce del ministero della Difesa russo. Quando alle 22:38 la nave che avrebbe dovuto attraversare in fretta lo stretto di Kerch ha fatto una brusca virata verso nord con il segnalatore spento i russi hanno sparato e l’hanno dirottata “per indagini” nel porto di Yeisk. La storia poi è finita nel nulla. In queste settimane si è speculato anche di possibili rifornimenti agli assediati dall’alto e il 31 marzo sono uscite le immagini di un elicottero militare ucraino abbattuto sulla costa a Rybatske, a ovest di Mariupol quindi lungo la rotta ipotetica che porta fuori dal territorio controllato dai russi. Su alcuni corpi si vedono fasciature mediche: forse l’elicottero aveva portato rifornimenti e aveva evacuato feriti? Sembra impossibile che gli ucraini abbiano osato volare attraverso l’assedio nemico, ma anche il raid su Belgorod — due elicotteri che sono entrati in territorio russo e hanno bombardato un deposito di carburante — sembrava impossibile. Anche in questo caso la storia si è spenta. Qualche giorno fa il giornalista ucraino Illia Ponomarenko, specializzato in questioni militari, aveva scritto su Twitter che i rifornimenti dall’esterno agli assediati di Mariupol sono una delle storie più straordinarie di questa guerra, senza aggiungere altro. E ieri per la prima volta una fonte ufficiale, il comandante delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny, ha accennato alla questione e ha detto che «la difesa di Mariupol continua, il collegamento con le forze che eroicamente difendono la città è stabile e viene mantenuto» e ha aggiunto che «lo svolgimento delle operazioni di difesa non è un argomento di discussione pubblica. Stiamo facendo il possibile e l’impossibile per vincere e salvare la vita del personale e dei civili». Gli assediati di Mariupol sono in trappola, stretti tra il mare alle loro spalle dal quale le navi da guerra bombardano ogni giorno e un assortimento di soldati russi, combattenti ceceni e miliziani separatisti forte di almeno quindicimila uomini. Una fonte a conoscenza dei fatti (ma non dentro all’assedio) raggiunta al telefono spiega che in queste settimane i combattenti di Mariupol, che includono militari della 56esima brigata motorizzata e della 36 brigata di fanteria di marina (la fanteria di marina gode di molto apprezzamento nelle forze armate ucraine) e gli uomini del reggimento Azov che come è noto sono di ideologia neonazista, avevano mantenuto l’iniziativa. Questo spiega perché al quarantasettesimo giorno di guerra la città più bombardata dell’Ucraina — metà dei raid aerei russi sono su Mariupol — non è ancora caduta. Gli assediati, dice la fonte, organizzano sortite notturne, vanno all’attacco, eliminano i carri degli occupanti e infliggono perdite — decine di soldati ogni giorno. Ora sembrano in crisi e ieri era persino uscita una lettera di resa che accusa il presidente Zelensky di essersi dimenticato di loro — ma è stata smentita: è un falso, un tentativo di disinformazione piazzato ad arte sui social media. Tuttavia nell’ultima settimana ci sono stati almeno due episodi di resa in massa e almeno trecento soldati ucraini di Mariupol si sono consegnati ai russi. Quelli che restano sfruttano alcuni luoghi che sono difficili da prendere, come l’immensa area siderurgica della Azovstal con i suoi piani sotterranei multipli e i suoi tunnel costruiti in epoca sovietica. Secondo alcune fonti locali che stanno sul lato dei russi proprio la necessità di accelerare le operazioni in tutta la città di Mariupol avrebbe fatto parlare della possibilità dell’uso di armi chimiche. Queste conversazioni hanno fatto scattare l’allarme perché moltissimi civili si sono rifugiati nelle cantine e nel sottosuolo, quindi nei luoghi peggiori in caso di attacchi con armi chimiche. Fin da prima dell’inizio dell’invasione le intelligence occidentali intercettano le comunicazioni fra i militari russi e la menzione di armi chimiche a Mariupol potrebbe essere la ragione di una dichiarazione del presidente americano Joe Biden datata 25 marzo. Quel giorno Biden disse che in caso di attacchi con armi chimiche la Nato sarebbe intervenuta. Sembra tutto un sentito dire, ma ieri il canale ufficiale del reggimento Azov, quello che pubblica in esclusiva materiale video che arriva da dentro l’assedio, ha denunciato «l’uso di una sostanza velenosa contro combattenti e civili di Mariupol». Certezze su questa denuncia: nessuna. Ieri i separatisti filorussi hanno annunciato di avere conquistato la zona del porto. La presa di Mariupol è fondamentale per i russi, dal punto di vista simbolico per dimostrare che è possibile piegare la resistenza ucraina e dal punto di vista pratico perché libera forze da usare per l’offensiva imminente nel Donbass. A nord i russi schierano già centinaia di mezzi, elicotteri e pezzi di artiglieria. La regione di Kharkiv è stata colpita 66 volte nelle ultime 36 ore. Ma i russi ancora non partono, perché i pezzi del piano non sono ancora al loro posto. A sud potranno partecipare alla campagna soltanto dopo Mariupol, quando avranno le mani libere. Il costo è alto. Secondo il sindaco in città ci sono «oltre 10mila civili morti».
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