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Corriere della Sera Sette Rassegna Stampa
08.04.2022 Per non dimenticare: ecco i parlamentari filo-Putin in Italia, dai Cinque stelle a Forza Italia alla Lega
Commento di Maria Teresa Meli

Testata: Corriere della Sera Sette
Data: 08 aprile 2022
Pagina: 30
Autore: Maria Teresa Meli
Titolo: «Quelli che... 'Zelensky però è di parte'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - SETTE di oggi, 08/04/2022, a pag. 30, il commento di Maria Teresa Meli dal titolo "Quelli che... 'Zelensky però è di parte' ".

La senatrice Granato (ex M5s): «Putin? Un argine all'agenda globalista.  Invece Draghi è un dittatore» - Open
Bianca Laura Granato

La premessa, salvo rare eccezioni, è sempre la stessa: «Io non sono filo-Putin». A cui segue l'immancabile «ma» condito con puntini di sospensione. La pausa strategica che serve ai neo pacifisti di casa nostra per poter poi spiegare che, tutto sommato, l'Ucraina ha i suoi torti, l'Occidente ha grandissime colpe e quindi il presidente russo non è quel dittatore che si vuole dipingere.

Claudio Borghi (Lega) sostiene di ammirare l'approccio Johnson: tutto  aperto. E chi non possiamo curare
Claudio Borghi

LE «ECCEZIONI» Ma si diceva delle eccezioni. Come quella rappresentata da Bianca Laura Granato, ex 5 stelle ora al Gruppo misto. Il cuore della senatrice batte per Putin e lei non ne fa mistero. Anzi esibisce la sua passione in un profluvio inarrestabile di dichiarazioni, culminate nei giorni scorsi con un appello diretto al presidente russo: «A Putin voglio dire di unire le forze per sconfiggere insieme l'agenda globalista». E il fatto che l'oggetto della sua ammirazione non le abbia risposto perché ovviamente non ha la minima idea di chi sia Granato, non ha turbato la parlamentare, né ha spento i suoi ardori filo-russi. In che cosa consista questa «agenda» la senatrice ex 5 stelle non lo spiega dettagliatamente, però semina degli indizi: «Ho letto che anche Zelensky, che è parte dell'impero globalista, vuole approvare in Ucraina l'identità digitale collegata alle vaccinazioni. Perché questo è il loro modo di controllarci. E a questo modo Putin si ribella». Ecco quindi saldarsi come d'incanto, e con qualche salto logico, il fronte «No war» e quello «No vax». In questo la senatrice non fa eccezione: quasi tutti i parlamentari cosiddetti pacifisti prima di condurre la loro crociata contro la guerra hanno fieramente combattuto i vaccini o il green pass. È il caso, per esempio, di Gabriele Lorenzoni, deputato 5 stelle, che riteneva fosse «molto pericoloso» far parlare Zelensky alla Camera, e criticava i giornalisti «ossessionati da Putin» che «abboccano a tutto». Già, stando a Lorenzoni, i cronisti hanno preso lucciole per lanterne quando hanno scritto che l'ospedale di Mariupol era stato bombardato nonostante la presenza di civili. Non è andata così: «Era stato evacuato». E come fa l'intrepido deputato 5 stelle a saperlo? «Mi sono andato a vedere i comunicati russi». Fonte notoriamente attendibile, non c'è che dire… Ne ha dette tante, Lorenzoni, attirandosi parecchie critiche. Ma mai quante ne ha ricevute quando, nel giorno della Memoria, paragonò i «no vax» agli ebrei perseguitati dal nazismo. Fu poi costretto a una mezza rettifica, però non si scusò per quella comparazione a dir poco (ma veramente poco) inopportuna. Molto si è scritto e detto di un altro 5 stelle, il presidente della Commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli. In ottimi rapporti con la Russia, tempo fa ha pensato bene di cinguettare su Twitter: «Aleksey Navalny è un blogger del piffero». II parlamentare pentastellato combatte con le unghie e con i denti per tenersi stretto l'incarico perché in tanti a palazzo Madama vorrebbero si dimettesse dalla presidenza di quella Commissione. In compenso, offre con magnanimità le altrui poltrone: quelle dei ministri e sottosegretari grillini a che a suo avviso dovrebbero lasciare «questo governo interventista». Il vento pacifista soffia anche sui lidi leghisti. Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera, calatosi nei panni, per lui alquanto insoliti, della colomba, non riesce però a rinunciare a quelle che un tempo si sarebbero definite battute da caserma (con tutto il rispetto per i militari, soprattutto per quelli impegnati in questi giorni in delicate missioni Nato): «Qualcuno vuole fare a gara a chi ha il missile più lungo». Comunque, il deputato leghista, bontà sua, assicura di non avercela con Zelensky: «È meglio di Draghi», ci tiene a dire. Il suo compagno di partito, il senatore Simone Pillon, ha abbracciato con gran convinzione la teoria dell'equidistanza tra il presidente ucraino e quello russo: «Entrambi hanno le loro ragioni». Pillon però preferisce non analizzarle, forse perché sarebbe arduo spiegare quali siano i buoni motivi che hanno spinto Putin a invadere una nazione democratica. Magari potrebbe aiutarlo nell'impresa la collega del centrodestra Veronica Giannone, ex 5 stelle, approdata in corso di legislatura a Forza Italia. La deputata azzurra non sembra nutrire dubbi. Il pericolo non è tanto il presidente russo quanto quello ucraino: «Zelensky vuole la terza guerra mondiale», avverte Giannone. Per scongiurare questo scenario da brividi, secondo la deputata di Fi sarebbe opportuno lasciare gli ucraini senza armi. In fondo che volete che sia un'invasione di fronte al rischio di un conflitto atomico che ricorda tanti film catastrofisti? La pensa come lei anche Matteo Dall'Osso, pure lui ex grillino sbarcato a Forza Italia: a suo giudizio Draghi e Zelensky «istigano alla guerra». Perciò lui non vuole rendersi «loro complice» Sicuro? Sicurissimo. E soddisfatto, perché, spiega, «centinaia di migliaia di cittadini mi hanno ringraziato per la mia presa di posizione». Chi invece ha preferito rimanere nel Movimento, con Giuseppe Conte, è Nicola Grimaldi. II deputato di Aversa sta ancora aspettando l'intervento di Putin alla Camera: «Mi piacerebbe se parlasse anche lui, dopo Zelensky, perché è necessaria la controparte». Si sospetta che la sua attesa sarà molto lunga e, soprattutto, vana. Come è noto sono molti i pentastellati che hanno abbandonato, volenti o nolenti (cioè, espulsi) la casa madre. Accusarli di trasformismo forse sarebbe azzardato, perché dovunque siano andati a finire hanno mantenuto una certa coerenza: «No war» e «No vax» fin nel midollo. In molti sono andati nel gruppo misto. Il più noto è Gianluigi Paragone che si rifiuta di passare per putiniano, benché difenda il presidente russo dai suoi (molti) detrattori: «Non definirei Putin un dittatore. Lui ha la sua visione politica e non possiamo di colpo dire che è il cattivo della Storia». Non sia mai gli si arrecasse quest'onta. C'è poi Pino Cabras, che invece non apprezza l'Europa: «La Ue è un'istituzione votata alla guerra». E c'è il senatore Mattia Crucioli, candidato anti-Draghi (la definizione è farina del suo sacco) a sindaco di Genova, che lamenta il fatto che le «richieste russe non siano state prese in considerazione dal Parlamento». Certo, non è proprio chiaro quali fossero queste rivendicazioni: poter bombardare in santa pace l'Ucraina, senza che l'Occidente faccia da terzo incomodo mandando armi a Zelensky?

LA COERENZA E per chiudere in bellezza (si fa per dire, ovviamente), non poteva mancare un altro ex 5 stelle, Francesco Forciniti. Deputato, prezzemolino televisivo in questa delicata fase della guerra scatenata da Putin, è sempre disponibile a elargire la sua oppugnabile versione dei fatti. «La Nato ha sparso sangue di Innocenti in giro per il mondo senza però suscitare un centesimo dell'indignazione causata dall'attacco russo»: è uno dei suoi "must". Ma per raccoglierli tutti ci vorrebbe un altro articolo...

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