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Periscopio ucraino
A cura di Diego Gabutti
Vi è un’esaltazione della virtù così smaccata, prolissa e insomma falsa da suscitare qualche simpatia per il vizio.
Sergio Ricossa, Manuale di sopravvivenza a uso degl’italiani onesti.
Indimenticabile e insuperabile l’inchiesta del Fatto quotidiano sulla villa al Forte dei Marmi di un uomo che poteva fuggire negli Stati Uniti o in qualunque altra parte del mondo un mese fa, e invece è rimasto a Kiev, pur sapendo di essere l’obiettivo numero uno dei russi. Basta il titolo: «Zelensky, villa al Forte e società nascosta al fisco».
Francesco Cundari, linkiesta.
Quando, nel 1945, l’Armata Rossa si portò via dalla Germania treni interi – gli aneddoti sulle mogli degli ufficiali sovietici che sfoggiavano le sottovesti di pizzo delle tedesche, scambiandole per abiti da sera, sono ormai storia, come i lampadari e i divani artdecò nelle dacie di celebri scrittori e generali – gli europei considerarono questo saccheggio la ricompensa per un popolo poverissimo, e il suo sacrificio. Quarant’anni dopo, con il crollo del Muro, gli ex sovietici scoprirono che i tedeschi che avevano sconfitto vivevano infinitamente meglio dei vincitori. Ottant’anni dopo, quella guerra terribile viene sognata dai russi come il momento più intenso e giusto della propria storia, un trionfo di violenza che giustifica una missione nazionale, una vittoria conseguita all’insegna del motto staliniano «se assistiamo alla distruzione come metodo di conquista il nemico non si arrende, va annientato».
Anna Zafesova, La Stampa.
A Jebel Sahaba, nel Sudan settentrionale, vicino all’Egitto, nel 1964 venne scoperta una sepoltura comune vecchia di 14.000 anni: la prima prova conosciuta di un conflitto bellico. Conteneva i resti di 61 persone, fra donne, uomini, bambini, e quasi la metà aveva segni di ferite gravi, alcuni avevano le ossa trapassate da punte di freccia. A Bucha, nell’Ucraina settentrionale, il 2 aprile 2022 sono stati ritrovati centinaia di civili uccisi - donne, uomini, bambini alcuni con le mani legate e un colpo di pistola alla nuca, massacrati a sangue freddo dalle truppe russe.
G.B. Guerri, il Giornale.
Volodymyr Zelensky Accendi la tv in un giorno a caso: di qua Pierferdinando Casini, di là Luciana Castellina. Lui che spiega le ragioni di una pace da costruire con la resistenza, lei che invoca la resa per ottenere la pace, paventando il rischio di un estendersi della guerra. E in mezzo la conduttrice, Veronica Gentili, preoccupata di assicurare ai due contendenti la stessa possibilità di espressione e lo stesso spazio, affinché il conflitto d’idee si tenga in perfetto equilibrio. Tutto bene? Ci sia consentito esprimere il dubbio che il pluralismo, misurato in senso quantitativo, non sia il miglior modo di organizzare il discorso pubblico. […] Chiedersi se questo modo di raccontare e di raccontarsi sia quello giusto comincia a diventare un dovere.
Alessandro Barbano, HuffPost.
In una città della Georgia, nel 1956, le autorità, dopo una telefonata da Mosca, fecero saltare in aria una colossale statua del Padrone. Per uno strano caso, dopo l’esplosione rimasero sul piedistallo solo i giganteschi stivali. Non fu assolutamente possibile rimuoverli. I turisti presero addirittura l’abitudine di farsi fotografare su quello sfondo. Si disse che nella notte in cui Stalin fu rimosso dal Mausoleo gli stivali avessero camminato da soli per la città e fossero tornati sul piedistallo al sorgere dell’alba.
Viktor Zaslansky, Il dottor Petrov parapsicologo.
I metodi di Orban non sono sbrigativi come quelli di Putin, ma altrettanto efficaci, e lo dico rivolto agli esultanti e congratulanti il giorno dopo la vittoria elettorale del piccolo satrapo ungherese, anzitutto Salvini e Meloni. Ricordano gli sdilinquimenti per certe cavalcate cosiddette democratiche del grande satrapo russo, al quale Orban guarda con un certo trasporto e al quale dedica la vittoria ottenuta contro le menzogne della stampa mainstream occidentale, contro i complotti mondialisti di George Soros ma anche contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che putinianamente considera un nazista al soldo della Nato. Conviene dirlo ora, casomai un giorno dovessimo chiederci dove abbiamo sbagliato con Orban.
Mattia Feltri, La Stampa.
La particolarità della moderna Ucraina nazificata sta nell’ambivalenza che permette al nazismo di essere mascherato da desiderio di «indipendenza» e da un percorso «europeo» (occidentale, filoamericano) di «sviluppo». Oltre ai vertici, è colpevole anche una parte significativa delle masse, che sono naziste passive, complici del nazismo. La denazificazione non può compiersi con un compromesso, sulla base di una formula come «Nato no, UE sì», e si realizza attraverso la repressione ideologica (soppressione) degli atteggiamenti nazisti e una severa censura non solo nell’ambito politico, ma anche nell’ambito della cultura e dell’istruzione. Il nome «Ucraina» non può essere mantenuto come titolo di qualsiasi entità statale completamente denazificata in un territorio liberato.
Timofey Sergeytsev, editorialista dell’agenzia Novosti (Claudio Del Frate, Corsera).
Più innocenti sono, più meritano una pallottola in testa.
Bertolt Brecht (Daniele Scalise, informazionecorretta.it).
Dall’inizio dell’invasione russa, Taras Topolia e gli altri componenti [della band ucraina Antytila] sono soldati e non più musicisti. Un loro video su TikTok con un messaggio per [il cantautore britannico] Ed Sheeran è diventato virale. Taras ha infatti chiesto a Sheeran, che sta organizzando un concerto di beneficenza per l’Ucraina, di potersi unire, seppure in collegamento da Kiev. Ma l’organizzazione dell’evento ha negato agli Antytila la partecipazione poiché indossano elmetti e impugnano armi. Con un certo fairplay, Taras Topolia ha risposto che accetta la decisione, ma che il momento è tale per cui, come è immaginabile, deporre le armi potrebbe non essere prudente.
wired.it
Un progetto/utopia che ha assunto nel tempo nomi diversi: Agenda 21, Nuovo Ordine Mondiale, Agenda 2030, The Great Reset. […] Questo reticolo rizomatico è oggi il potere, l’insieme di quelli che Schwab definisce: «portatori di interessi». Il potere non si costruisce oggi sul sapere, ma sulla capacità di estrarre valore da ogni cosa, anche naturale, intoccabile e sacra come la vita stessa o il nostro DNA. La natura non è brevettabile, ma qualsiasi alterazione della natura sì. Per questo, il virus non è immediatamente matrice d’interessi, ma «il guadagno di funzione» sì.
Carlo Freccero al Seminario della Commissione Dupre.
Parla con una tale profondità che nemmeno lui capisce quello che dice.
Roberto Gervaso.
Diego Gabutti |
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