Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/04/2022, a pag. 8, con il titolo "La Ue: 'Nuove sanzioni'. E Berlino ora ipotizza lo stop al gas russo", la cronaca di Serenella Mattera.
L’orrore di Bucha alza il livello delle sanzioni europee alla Russia. Le immagini fanno inorridire le cancellerie, sdegnano Bruxelles e sembrano in grado di aprire per la prima volta una discussione sullo stop al gas di Mosca. Il quinto pacchetto di sanzioni è «in arrivo», annuncia il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. La valutazione era già in corso e un round di consultazioni, anche sull’invio di altre armi e aiuti, riprenderà oggi. Nel ventaglio delle possibilità ci sono nuovi interventi sull’accesso ai pagamenti internazionali delle banche russe, sul divieto di ingresso delle navi nei porti occidentali e sul blocco della fornitura di materiali e apparecchiature tecnologiche. Ma da Berlino la ministra della Difesa Christine Lambrecht dice che è ora di iniziare a parlare seriamente di sanzioni energetiche, incluso lo stop al metano. Il governo italiano è più prudente, ma se l’Ue vaglierà lo stop alle forniture, assicura il ministro Luigi Di Maio, «non si volterà dall’altra parte». «Discuteremo da oggi com’è possibile irrigidire ulteriormente le sanzioni », dice alla vigilia dell’Ecofin il ministro dell’Economia tedesco Christian Lindner, in asse con il cancelliere Olaf Scholz e la ministra degli Esteri Annalena Baerbock. La titolare della Difesa si spinge oltre, ipotizzando la chiusura dei rubinetti del gas cui finora Berlino ha opposto un fermo “no”. Ma Kiev all’Ue e al G7 chiede con insistenza «un embargo su petrolio, gas e carbone».
Vladimir Putin
Una richiesta che vede favorevoli i tre Paesi baltici. Anzi, la Lituania fa da sé e ha già bloccato le importazioni. Mentre prosegue il «ricatto» di Mosca, con il Cremlino che da un lato rassicura gli europei e dall’altro annuncia la richiesta di pagamenti in rubli anche per altre materie prime oltre al gas. Ma una decisione dei 27 è tutt’altro che facile o scontata, perché la chiusura dei rubinetti il 40% del gas europeo arriva da Mosca - precipiterebbe il Vecchio Continente in uno scenario da austerity energetica. Una scelta del genere è difficile, a pochi giorni dalle presidenziali, anche per la Francia che ha lo scudo dell’energia nucleare. E l’Italia? Sul blocco al gas resta prudente. «Se con l’Europa si dovesse decidere di andare in quella direzione non saremo certamente noi a frenare, ma non vedo accelerazioni », dice un autorevole ministro. È la linea di Palazzo Chigi: ci si muove in sintonia con Bruxelles, valutando ogni conseguenza dello stop alle forniture. Il premier Mario Draghi, che non è escluso in settimana torni a sentire Vladimir Putin, ha ammesso il dilemma etico di continuare a riempire le casse di Mosca. E perciò lavora su un doppio binario: diversificare le forniture italiane (andrà presto in Algeria) e spingere per un tetto europeo ai prezzi del metano. Di questo tema potrebbe discutere un Consiglio europeo straordinario a fine mese, che però non è ancora convocato. E la partita resta in salita. Di Maio riconosce che potrebbe piuttosto aprirsi nelle prossime ore una discussione seria sulla interruzione totale delle forniture russe: Roma, che finora si è fatta scudo del “no” tedesco all’embargo, non si tirerebbe indietro. «L’Italia non mette alcun veto» sulle sanzioni, dice più in generale il ministro degli Esteri, e sul gas il governo lavora per «liberarsi dai ricatti russi». L’avvicinarsi dei mesi più caldi, ammette un ministro, renderebbe più sopportabile per il nostro Paese uno stop alle forniture. E dalla maggioranza Enrico Letta incalza perché ci si muova subito, senza troppe prudenze: «Quante Bucha dobbiamo ancora vedere prima di muoversi verso un pieno embargo di petrolio e gas russo? Il tempo è finito», twitta il segretario Dem, con una linea sostenuta dalle dichiarazioni di tanti esponenti Pd e di Pier Ferdinando Casini, ma non dagli altri leader politici («Si facciano proposte serie», dice Carlo Calenda), né da alcun ministro. Il Nazareno è convinto però che, a dispetto di ogni timore, l’embargo totale sia l’approdo inevitabile, cui tutta l’Unione europea dovrebbe iniziare a prepararsi: dunque «basta compromessi, per l’Italia non può essere una decisione altrui cui accodarsi».