Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 04/04/2022, a pag.10, l'intervista di Rosalba Castelletti dal titolo "L’attivista: 'Che vergogna noi russi siamo tutti colpevoli' ".
Rosalba Castelletti
Svetlana Gannushkina
All’ingresso della nuova sede del Comitato d’Assistenza Civica c’è ancora l’insegna di un’agenzia di viaggio. «Ci siamo spostati tre settimane fa, dopo che il Comune ci ha cacciato via dai locali che ci aveva concesso per dieci anni». Svetlana Gannushkina lo dice con l’aria di chi non fa più caso alle rappresaglie del potere. Ex professoressa di matematica diventata la più nota attivista russa per i diritti umani, più volte candidata al Nobel per la Pace, insignita del Right Livelihood (il “Nobel alternativo”) e decine di altri riconoscimenti per il suo impegno per i rifugiati di tutte le guerre, vanta ben quattro etichette da “agente straniero”, il marchio riservato ai “nemici del popolo” d’era putiniana. E il 6 marzo, giorno del suo 80° compleanno, è stata arrestata. «Sono stata incriminata e multata ingiustamente in base ad accuse inventate. Ma la cosa peggiore è che allo stesso modo vengano montati i processi contro chi rischia il carcere». Insieme ad altri dieci attivisti e storici dissidenti, tra cui Lev Ponomariov e Oleg Orlov, giorni fa Gannushkina ha creato il “Consiglio dei difensori dei diritti umani” e siglato un “manifesto” per «proteggere le vite, i diritti e le libertà di ucraini e russi». «L’offensiva in Ucraina è la tragedia peggiore che sia capitata a me e al mio Paese», dice a Repubblica. «E noi russi siamo tutti colpevoli. Non esistono innocenti».
In libreria vedo il suo libro “Anche noi siamo la Russia”… «Ho deciso di scriverlo dopo la pubblicazione di un libro intitolato Capire la Russia con Vladimir Putin in copertina. Putin non è la Russia. La Russia è cultura, una cultura che ha influenzato il mondo intero. La nostra filosofia, la nostra attitudine alla vita, si manifesta nella musica, nella letteratura, nell’architettura, nelle icone. Non amo molto la nostra storia perché ha tante pagine di regimi totalitari di cui non possiamo essere fieri...».
Come quello di Vladimir Putin? «Putin è un triste esempio di come un complessato sia diventato un leader monocratico. Diventa sempre più autoritario, caccia via tutti coloro che dissentono da lui. Adotta uno stile sempre più mafioso. Da Cosa Nostra. Uno stile che descrive anche Fjodor Dostoevskij nel libro Demoni dove, per diventare complici, tutti devono commettere qualche delitto. Sono assolutamente sicura che attorno a Putin ci sia tanta gente che capisce che lanciare una guerra contro l’Ucraina senza dichiararlo, come ha fatto la Russia, sia stata una follia completa. Ma questa gente, pur capendo che cosa non va, è complice di Putin e non può obiettare».
E la società civile russa, o quel che è sopravvissuto al ventennio di Putin, come sta rispondendo? «Come società civile non abbiamo altra scelta che far capire al potere che quello che sta facendo in Ucraina non è giusto. Non possiamo abdicare. Non possiamo sottrarci. Qui al Comitato vedo tanta compassione per la gente che muore in Ucraina. Molta gente vuole aiutare. Portano vestiti e cibo per i profughi, donano soldi, benché siamo stati dichiarati dalle autorità “agenti stranieri”. Le autorità hanno soppresso l’ong Memorial. Noi continuiamo a lavorare finché non ci sopprimeranno fisicamente».
Molti giovani però sono partiti perché si sentivano impotenti... «È la cosa che più mi rattrista. Purtroppo è comprensibile. Le nuove leggi approvate possono facilmente mandarti in galera. Prevale la banale paura e autoconservazione. D’altro canto, c’è il peso della responsabilità che ricade su ciascun cittadino russo per quello che sta facendo il nostro Paese e questo peso oramai è diventato insopportabile. Viene voglia di dire (china il capo e poggia le mani sulle tempie, ndr): “Rompo tutti i legami e mi libero di questa responsabilità”. La sensazione di non potere realizzare a pieno i propri diritti da cittadino era opprimente già nei tempi sovietici. Ma non credo che ci siano russi innocenti».
Quali responsabilità avrebbero i russi? «Io non credo nell’esistenza della “gente semplice”, senza colpe. Per me i cittadini russi sono tutti responsabili di quello che le autorità fanno in loro nome. Una volta il dissidente polacco Adam Michnik disse: “Il patriottismo è definito dal grado di vergogna che l’uomo prova per i reati commessi in nome del suo popolo”. Sono parole che condivido».
Il popolo russo dovrebbe sentirsi in colpa? «Attorno a me molti provano questo sentimento di vergogna patriottica. Ma sono attivisti. Dopo tanti anni, e persino secoli, il popolo russo è stato abituato a provare nei confronti del potere un atteggiamento distaccato: vede il potere come qualcosa da cui dipende, ma che non può influenzare in nessun modo. Vorrei citare la poesia Le vecchie estoni di Innokentij Annenskij: “Buonanotte carnefici, sorridetevi amorevolmente. Sei così placido che sembra non ci sia nessuno più colpevole di te”».
Che cosa possono fare i russi? «Se milioni di noi fossero scesi in piazza, avremmo potuto ottenere qualcosa. Ma temo sia una prospettiva oramai irreale, a causa delle leggi repressive e della propaganda. La gente ci è cascata. Le autorità hanno sfruttato il cardine del nostro orgoglio nazionale: la vittoria sul nazismo. Ora molti credono davvero che in Ucraina stiamo combattendo il nazismo come fecero i nostri avi durante la Grande Guerra Patriottica. La colpa è anche nostra, della mia generazione. Saremmo potuti diventare leader agli occhi del popolo, ma non ne siamo stati capaci. Anche perché le autorità anno fatto di tutto per accusarci di essere “agenti stranieri”».
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