Stefan Zweig in fuga dal nazismo Commento di Diego Gabutti
Testata: Italia Oggi Data: 02 aprile 2022 Pagina: 11 Autore: Diego Gabutti Titolo: «Zweig fu braccato dal nazismo»
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi 02/04/2022, a pag.11 con il titolo "Zweig fu braccato dal nazismo", il commento di Diego Gabutti.
Diego Gabutti
Raoul Precht, «Stefan Zweig. L'anno in cui tutto cambiò», Bottega Errante 2022, pp. 200, 17,00euro, eBook 10,99
Dopo il mondo di ieri, al quale Stefan Zweig e i suoi contemporanei avevano dato addio dopo la Grande guerra, toccò loro dire addio anche al mondo di oggi, quello di Hitler al potere in Germania, della devastazione imminente, dell'Anschluss (o annessione) dell'Austria da parte dei nazisti, della caccia all'ebreo. A molti sembrò impossibile che il mondo stesse prendendo davvero quella terrificante piega: le acque si sarebbero placate, la diplomazia avrebbe persuaso Hitler a più miti consigli, agli ebrei non sarebbe successo nulla di male, solite persecuzioni e prepotenze a parte. Anche la madre di Zweig, e così Friderike, sua moglie, imploravano l'autore dei maggiori best seller in lingua tedesca dell'epoca, romanziere provetto e grande saggista, uomo d'enorme talento, a non lasciare «la patria». Vienna, che non sarebbe cambiata, avrebbe cambiato il nazismo, dicevano. Zweig lasciava dire, ma intanto prendeva casa a Londra, mentre il suo editore tedesco, di cui aveva fatto la fortuna, rimuoveva i suoi libri dal catalogo. Non erano giorni felici. Sua moglie, nei giorni in cui lui si preparava a lasciare l'Austria per gli Stati Uniti, dove aveva affari da sbrigare, conferenze da tenere, contratti hollywoodiani da firmare, l'aveva sorpreso in pieno inguacchio con la segretaria, lui cinquantatreenne, lei di venti Zweig, a New York, fu accolto da amici e ammiratori, dal sindaco Fiorello La Guardia, dal suo editore americano, Ben Huebsch della Viking Press cinque anni più giovane. Non c'erano state scenate. Vienna era Vienna, dopotutto, la città di Freud e dei girotondi amorosi di Arthur Schnitzler.
Stefan Zweig
Così loro si comportarono da signori, lei aprì la porta, poi la richiuse, e l'incidente finì lì. Ma quella era l'ennesima nube in un cielo già abbastanza coperto. Viaggiò in nave verso New York in compagnia del suo vecchio amico. Uno, ebreo, socialista e sionista; l'altro il grande direttore d'orchestra, che sentiva aria di tempesta, come una stonatura nella sinfonia del mondo e lasciava l'Italia per sempre. Zweig, a New York, fu accolto da amici e ammiratori, dal sindaco Fiorello La Guardia, dal suo editore americano, Ben Huebsch della Viking Press. Di nuovo in Europa, la liaison con la segretaria ancora in corso, le nubi nel cielo d'Europa sempre più fitte, s'accingeva a scrivere, trasferitosi a Zurigo, Castellio contro Calvino (Castelvecchi 2015): la storia della teocrazia che Giovanni Calvino e i suoi fondamentalisti avevano imposto ai ginevrini e che l'umanista Sebastian Castellio combattè a muso duro. Era una commedia morale, nella quale risuonava l'eco del passo dell'oca nazista. Divorziò da Friderike e sposò la giovane segretaria, Lotte Altmann. Insieme si spostarono a New York, poi a Petròpolis, in Brasile. Raoul Precht, col suo Stefan Zweig. L'anno in cui tutto cambiò, racconta per filo e per segno, con penna insieme impassibile e commossa, tutta la storia, fino allo spoiler finale: la decisione «inevitabile» che avrebbe portato Stefan e Lotte, nel 1942, a suicidarsi insieme con un'overdose di barbiturici: «Perché quando non ci sono più vie di fuga, quando si è costretti nell'ultimo angolo del corridoio, e gli altri spettri aspettano in un silenzio accogliente, quasi festoso, e in alto il soffitto è invalicabile, e le pareti non si aprono miracolosamente, e si è preso un impegno solenne, e il tempo continua a scorrere per tutti gli altri ma non ha più nessuna importanza — ecco, è allora che il destino si compie, nella sua oscura magnificenza».