Manifesto del Libero pensiero
Paola Mastrocola, Luca Ricolfi
La nave di Teseo
Chi ha paura della libertà di espressione? Ecco il punto. In un'epoca nella quale l'ideologia fondamentale del mondo progressista è divenuta il politicamente corretto, e il politicamente corretto stesso è diventato il verbo dell'establishment, non stupisce che la censura di ogni espressione disallineata sia diventata una tentazione per la sinistra, e la lotta contro la censura una insperata occasione libertaria per la destra. Ma è un errore in entrambi i casi. Silenziare, oggi, chi viola il politicamente corretto non è più nobile di quanto lo fosse, ieri, silenziare chi offendeva "il comune senso del pudore" o bruciare i libri. Le idee e gli atteggiamenti che non ci piacciono si combattono con altre idee e modi di essere, non impedendo agli altri di esprimersi. E meno che mai dirigendo e imponendo l'uso di una lingua modificata dall'ideologia imperante. Una società moderna, aperta e non bigotta, non può lasciare a una sola parte politica l'esclusiva della difesa della libertà di espressione. Perché la libertà non è né di destra né di sinistra, ma è il principio supremo del nostro vivere civile.
La copertina (La nave di Teseo ed.) e gli autori
II Manifesto dei LiberoParolisti
1. Non vogliamo vivere sotto una cappa, ma in luoghi aperti ai venti, dove l'aria circoli liberamente.
2. Non ci piace che qualcuno si erga a custode del Bene. Non vogliamo che esista una casta degli Illuminati e rifiutiamo ogni forma di dittatura, compresa quella del Bene.
3. Chi la pensa diversamente non è il cattivo, è solo uno che ha altre idee.
4. Le idee non condivise si combattono con altre idee, non con la repressione e la censura.
5. Non riconosciamo a nessuno il diritto di ergersi a legislatore del linguaggio, imponendo a tutti gli altri come chiamare le cose e le persone. Il linguaggio è libero ed evolve per conto proprio.
6. Vorremmo poter dire quel che pensiamo, e dirlo con le parole che vogliamo. Nel rispetto di ogni persona. Vorremmo poterlo fare anche nei luoghi pubblici e ufficiali. Non solo al buio delle nostre tane (social compresi).
7. L'ipocrisia non ci piace. Soprattutto quella più subdola di chi pensa che il rispetto dell'altro dipenda dalle parole che decidiamo di usare.
8. Denunciamo il ridicolo della furia neonominalistica che, con la scusa di proteggere i più deboli attraverso la lingua, conia nuove improbabili e aberranti parole. Una risata le seppellirà.
9. Vogliamo essere liberi di farci venire i pensieri che ci vengono, senza doverli soffocare prima ancora che nascano. L'autocensura preventiva, che ci impedisce di pensare quel che i custodi del Bene ritengono sia meglio non pensare, è il veleno più mortifero sparso dal politicamente corretto.
10. Ci dispiace se qualcuno sposa le idee dominanti e ossequia il conformismo solo per sentirsi dalla parte giusta.
11. L'Arte è da sempre libertà. Deve riprendersi la sua autonomia e non andare a braccetto col Potere.
12. L'Arte non insegna, né educa, né risana il mondo. Semmai stupisce. Innalza dalle costrizioni, libera dal pensiero ingabbiato e dalle parole buie del conformismo.
13. Deploriamo la sparizione dell'ironia, e di tutte le forme polisemiche del discorso: erano segnali luminosi della nostra intelligenza.
14. Il passato si studia, innanzitutto. E si studia per quel che è stato. Semmai si reinterpreta alla luce del presente, ma non si cambia. Meno che mai si cancella.
15. L'arte è completamente libera nello spazio, ma anche nel tempo. Nessuna opera, del presente o del passato, può essere ritirata, distrutta, sfregiata o censurata per il suo contenuto. Tantomeno per la vita privata del suo autore.
16. I sentimenti non si governano imponendo come chiamare le cose. Non è vietando le parole che si ferma l'odio.
17. Chi entra nella giungla dei social lo fa a suo rischio e pericolo.
18. Nessuna scusa è dovuta a chi si offende per parole, immagini, idee che urtano la sua sensibilità, salvo il caso nel quale tali parole, immagini, idee siano dirette specificamente nei suoi confronti, e abbiano un contenuto evidentemente ingiurioso, diffamatorio o calunnioso.
19. Le ingiurie, la calunnia e la diffamazione non sono manifestazioni della libertà di pensiero e sono perseguibili dalla legge.
20. La libera manifestazione del pensiero attraverso discorsi, testi e immagini non può in alcun modo essere limitata da leggi, divieti, codici etici, algoritmi.
21. Non ci sono categorie più o meno degne di rispetto di altre. Il rispetto è sempre dovuto a ogni essere umano, in quanto persona e indipendentemente dalla categoria cui appartiene.
22. Il rispetto non s'impone con la legge e non s'insegna con lezioncine morali, corsi di formazione, convegni e "giornate del rispetto". Il rispetto s'impara indirettamente e implicitamente, e fin dai primi mesi di vita. S'impara se la famiglia lo promuove con l'esempio (si chiama educazione), e la scuola con la cultura (si chiama istruzione).
23. Le persone hanno il diritto di essere valutate per le proprie caratteristiche individuali, come capacità, preparazione, personalità, esperienza (principio di Luther King).
24. Nessuno può essere penalizzato rispetto ad altri solo per il colore della pelle, l'etnia, il genere, le azioni dei suoi parenti o antenati. Ma neanche, per gli stessi motivi, privilegiato. Il razzismo al contrario non è meno odioso del razzismo classico.
25. Lasciamo volentieri il politicamente corretto ai paesi che lo hanno concepito, e che ancora vogliano farsene soggiogare. Abbiamo il diritto di ritenerci europeisti e atlantisti senza dover per forza aderire a vincoli linguistici e mentali imposti dall'alto. Liberi pensanti e liberi parlanti in libera Europa e libero Atlantico.
26. Milioni di persone nulla sanno e nulla intendono sapere delle diatribe dei molestatori della lingua. Hanno il diritto di continuare a farlo.
Anticipazione tratta da La Stampa