Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/04/2022, a pag. 13, con il titolo "La guerra di Edy iniziata per una rissa: 'Così è finito a combattere per lo Zar' ", la cronaca di Vera Mantengoli; con il titolo "Il Donbass filorusso grande laboratorio dei rossobruni d’Italia ", il commento di Stefano Cappellini.
Ecco gli articoli:
Vera Mantengoli: "La guerra di Edy iniziata per una rissa: 'Così è finito a combattere per lo Zar' "
Edy Ongaro
Un eroe per gli amici, un combattente illegale per la giustizia. Il giorno dopo la notizia della morte di Edy Ongaro il paesino di Giussago attende le sue ceneri. Domenica in chiesa ci sarà un momento dedicato a ricordare il portogruarese, sparito improvvisamente nel 2015 per abbracciare la Brigata Prizrak. Prima di partire Edy Ongaro stava attraversando un momento difficile. Aveva perso il lavoro in fabbrica ed era stato fermato per una rissa. Alticcio, era entrato in un bar di Portogruaro e aveva prima picchiato una ragazza e poi un carabiniere. Arrestato, era stato rilasciato in attesa del processo, ma poi non si era più ritrovato. Era ricomparsoaccanto ai miliziani separatisti filorussi. «Sono arrabbiato, non giudico mio nipote, ma andare in quei posti è troppo rischioso » racconta con voce rotta e cuore a pezzi Rino Ongaro, fratello del padre Sergio. «Da anni non lo vedevo, prima veniva qui e mi teneva compagnia». L’unico a tenere i rapporti era il fratello Mirko e gli amici su Messenger, quando non era in trincea. Cresciuto in un paesino di provincia, Ongaro se n’era andato per diventare Bozampo, ispirandosi a un partigiano. Il suo nome di battaglia aveva segnato l’ingresso nella nuova vita da foreign fighter. Nel Donbass aveva avuto una fidanzata per due anni, per poi vivere solo per la causa separatista. Gli amici del Collettivo Stella Rossa, gruppo politico di matrice comunista, e quelli di quando era un tifoso del VeneziaMestre, lo ricordano così: «Si era presentato ai Rude Fans come il Buitre» dice Pippo Bocalon, compagno di trasferte. «Per noi era uno di famiglia. Partecipava alle iniziative antirazziste della tifoseria». Il futuro miliziano era cresciuto senza mamma perché morta prematuramente, nutrendosi di storie di partigiani condite con il mito del comunismo e di uomini come Gino Donà che aveva partecipato alla Rivoluzione Cubana. Dopo la famiglia dei tifosi e prima di quella dei separatisti, Ongaro aveva trovato Stella Rossa. «È partito spinto da un ideale comunista che lo aveva sempre motivato» ha detto il Collettivo, nato per sostenere il Donbass. «Bozampo è sempre stato convinto dell’internazionalismo ». Da un lato c’è il ricordo di Ongaro, dall’altro lo sguardo di chi osserva. «Fermo restando che per me c’è un aggressore che è la Russia e un aggredito che è l’Ucraina, ho cercato di comprendere» spiega lo scrittore e sociologo veneziano Gianfranco Bettin, ambientalista di lunga data. «Ongaro assomiglia a quelle persone che mescolano un itinerario di vita borderline a degli ideali a cui si aggrappano nei momenti di difficoltà, come nel suo caso». Il riferimento è alla rissa che precede il viaggio per il Donbass. «La sua partenza è stata una fuga da quel se stesso?» si domanda Bettin che ricorda che la presenza bassissima di gruppi neonazisti in Donbass. «Lui questo non lo vedeva e leggeva la situazione attuale con una spessa lente ideologica. Ongaro mi sembra mescolasse certe irregolarità della sua vita personale a dei forti riferimenti ideologici, arrivando a sostenere uno come Putin che è tutt’altro che comunista».
Stefano Cappellini: "Il Donbass filorusso grande laboratorio dei rossobruni d’Italia "
Marco Rizzo
La vicenda del Donbass è stata in questi anni il più grande laboratorio del fenomeno rossobruno, cioè la convergenza ideologica di pezzi d’estrema destra ed estrema sinistra o, talvolta, la fusione delle due tendenze in un unico soggetto. Un coacervo che ha debuttato sulla Siria e il sostegno ad Assad. Il veneto Edy Ongaro. vicino al Collettivo Stella Rossa Nord est, piccolo gruppo di vecchia tendenza marxista-leninista, non è un caso isolato. Alcune fazioni dell’ultrasinistra italiana sono schierate fin dal 2014 a sostegno del separatismo del Donbass e hanno fornito truppe alla causa separatista. Tra queste spicca Patria socialista, formazione che già nel nome e nel simbolo mischia stilemi di opposta provenienza. Tra i rappresentanti più vivaci del rossobrunismo pro Donbass russo è l’ex rifondarolo Marco Rizzo, che ha accolto il senatore transfuga M5S Emanuele Dessì nel suo Partito comunista. Rizzo è fresco di elogio del Secolo d’Italia, storica testata missina, per aver parlato di “Grande Madre Russia” come dell’unica a volere la pace. Poi ci sono i Carc, Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo, nei quali ha militato il 5S Vito Petrocelli, presidente della commissione Esteri del Senato, che ha votato contro la fornitura di armi a Kiev ed è amico personale dell’ambasciatore russo a Roma, Sergej Razov. I Carc parteciparono nel 2015 alla Carovana Antifascista per le repubbliche separatiste filorusse, che si concluse con un Forum a Lugansk “contro il governo fascista imposto in Ucraina dalla Nato con il colpo di Stato del 2014”. L’ex Carc Petrocelli non è solo nel M5S. La tesi “sull’Ucraina fantoccio Usa e Nato” è gettonata e pochi giorni fa è stata Repubblica a svelare che l’ex sindaca Raggi ha postato in una chat interna del Movimento articoli sul tema. In politica estera il M5S è dalle origini terreno fertile per la tendenza rossobruna. Ma il sostegno al Donbass libero e “comunista” va a braccetto sin dal 2014 con un’omologa mobilitazione neofascista. Nell’estate 2014 l’ultranazionalista Aleksey Anpilogov, collaboratore della rivista neofascista Zavtra che ha ospitato anche interventi di Alexander Dugin, già teorico del Partito nazional bolscevico di cui era leader lo scrittore Eduard Limonov, organizzò a distanza di poco tempo due conferenze a Jalta, nella Crimea “liberata” da Mosca. Alla seconda, invece, parteciparono alcune delle più truci formazioni neofasciste europee e, per l’Italia, Forza nuova, con la presenza in Crimea del suo leader Roberto Fiore, oggi detenuto per aver guidato l’assalto alla sede nazionale della Cgil. Proprio da Forza nuova provengono altri miliziani arruolatisi nel Donbass. I nomi più noti – anche per via dei loro video dal terreno di guerra – sono quelli di Riccardo Emidio Cocco e di Andrea Palmeri, ex capo dei Bulldog, il gruppo ultrà della Lucchese che contende a quelli di Verona e Varese la palma del più acceso filonazismo. Sempre Dugin, nell’estate 2014, arrivò a Milano per una conferenza all’Hotel Cavalieri, “La sfida Eurasiatica della Russia”, invitato dall’associazione LombardiaRussia di Gianluca Savoini, l’uomo vicinissimo a Salvini che trattava affari e tangenti all’hotel Metropole di Mosca. Nota la provenienza di Savoini dal milieu di Orion, la rivista e area politica fondata dal neofascista Maurizio Murelli, già condannato a 18 anni di carcere per l’uccisione di un agente di polizia nel corso di una manifestazione nera a Milano, all’inizio dei Settanta. Orion è stata un tentativo di camuffare il neofascismo dietro posizioni terzomondiste e “antimperialiste”. Murelli si è rivisto pochi giorni fa in un talk tv, presentato come “editore”. Sta con Putin, ovviamente.
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