Difendo Pelanda Abdul Hadi Palazzi difende le buone ragioni di Carlo Pelanda contro il terrorismo islamico
Testata: Il Giornale Data: 10 gennaio 2003 Pagina: 6 Autore: Shaykh Abdul Hadi Palazzi Titolo: «Io musulmano condanno il razzismo di Smith»
Pubblichiamo la lettera che Shaykh Abdul Hadi Palazzi ha indirizzato al prof. Carlo Pelanda dopo la "rissa" televisiva. Ci piace sottolineare il valore delle parole di Palazzi, un buon insegnamento che ci arriva da un musulmano. Leggere e imaparare.
Gentile Professor Pelanda,
a nome del Consiglio Direttivo dell'Associazione Musulmani Italiani e mio personale voglio esprimerLe vivissimi sensi di solidarietà per l'aggressione da Lei subita da parte di Emilio Adel Smith e Massimo Zucchi, nonché per la sua forse troppo istintiva ma doverosa reazione di fronte ad aberranti proclami ispirati dal più becero odio razziale dal più volgare antisemitismo negazionista.
Condividiamo il suo giudizio secondo cui la ricerca dell'audience a tutti i costi non può consentire che personaggi di quel genere strumentalizzino i mezzi d'informazione al fine di gettare benzina sul fuoco e propagandare forme d'estremismo tanto dissennate, ed è ancor più grave che ciò avvenga proprio nel momento in cui lo Stato d'Israele continua di giorno in giorno ad essere funestato da bande di kamikaze sanguinari che seminano morte fra la popolazione civile.
A nostro parere, la Sua reazione va innanzitutto apprezzata come un concreto gesto di solidarietà nei confronti di migliaia di vittime innocenti, di migliaia di uomini, donne e bambini che in Israele ogni giorno vengono privati della vita proprio in conseguenza di una sistematica educazione all'odio da parte dell'Anp, di Hamas e di consimili bande criminali. Non possiamo consentire che le televisioni italiane scadano al livello di quelle di Gaza o di Beirut.
Va poi detto che dopo l'11 settembre alcuni mezzi d'informazione avevano iniziato a interrogarsi coscienziosamente sulle cause della espansione delle reti del fondamentalismo militante, e si erano in parte occupati di quelle strutture pseudo-caritatevoli che - gestite su scala mondiale dalla setta dei «fratelli musulmani» - in realtà sono vere e proprie lobby di finanziamento del terrore. Specie nel Nord d'Italia, quelle strutture seguitano a tutt'oggi ad agire indisturbate. Si tratta di una dinamica che la nostra Associazione continua da anni a denunciare alle autorità e ai mezzi d'informazione, sin dall'epoca del governo Dini, e nulla sembra essere cambiato. Dopo gli attentati di New York, di Mosca, di Bali, di Mombasa, una legislazione specifica che consenta di punire efficacemente chi in Italia fa l'apologia del terrorismo suicida o raccoglie fondi per organizzazioni estere dedite al terrorismo ancora non esiste. Oggi invece, grazie ai fautori dell'«audience a tutti i costi», nessuno parla quasi più dei milioni di euro che vengono spesi per il mantenimento di una rete professionale di propaganda dell'estremismo fra gli immigrati, e i non addetti ai lavori sono ormai stati quasi convinti che il principale pericolo di fondamentalismo wahhabita in Italia sia rappresentato dal signor Emilio Smith e dai due seguaci della sua fantomatica organizzazione. Pericoli reali e ben più seri vengono invece passati sotto silenzio.
Chi ad esempio parla del modo in cui si è ristrutturata la catena di distribuzione di fondi a favore del terrorismo dopo la chiusura del Nada Management Trust di Lugano? Eppure il dipartimento di Stato Usa ci dice che l'Istituto Salafita di Viale Jenner a Milano era la principale base logistica di al-Qaida in Europa. E i personaggi che lo gestivano sono ancora a piede libero, ancora in Italia, e seguitano a programmare nuovi investimenti.
Con rinnovati sensi di stima e solidarietà.
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