Israele si schiera con i profughi ucraini Lo Stato ebraico accoglie chi scappa dalla guerra
Testata: Il Foglio Data: 30 marzo 2022 Pagina: 3 Autore: la redazione del Foglio Titolo: «Israele si schiera con i profughi ucraini»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 30/03/2022, a pag. 3, l'editoriale "Israele si schiera con i profughi ucraini".
Israele si sta preparando per la più grande ondata di rifugiati non ebrei nella sua storia e gli ucraini in arrivo costringono lo stato ebraico a bilanciare il suo desiderio storico di aiutare le persone in fuga dalla guerra con la sua responsabilità di essere il paese-rifugio per gli ebrei. 18 mila rifugiati ucraini sono già arrivati in Israele, ma due terzi di loro non hanno radici ebraiche. E l'afflusso ha scosso Israele, che ha una popolazione di 9,3 milioni e una "Legge del ritorno" che consente l'immigrazione e la naturalizzazione soltanto a chi è ebreo.
Alcuni funzionari israeliani temono che un'ondata incontrollata di profughi possa minare la maggioranza ebraica del paese (il 74 per cento della popolazione israeliana è ebrea, il 21 araba e un altro 5 sono in gran parte cristiani non arabi, la maggior parte dei quali immigrati dall'ex Unione sovietica negli anni 90). Il ministro dell'Interno Ayelet Shaked l'8 marzo aveva annunciato un tetto a 5 mila rifugiati non ebrei dall'Ucraina, ma cinque giorni dopo Shaked ha cambiato rotta. Il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky aveva criticato la politica israeliana sui rifugiati in un discorso tenuto su Zoom con i legislatori israeliani alla Knesset. Quando Menachem Begin si alzò per fare il suo discorso inaugurale alla Knesset nel giugno 1977, lanciando l'èra della destra al governo in Israele, scagliò una bomba che nessuno si aspettava: una bomba umanitaria. "Il mio primo atto come primo ministro sarà ordinare la concessione dell'asilo a 66 rifugiati dal Vietnam". I profughi erano in mare su un peschereccio, in fuga dai nordvietnamiti. Molti di loro vivono ancora in Israele, altri sono partiti per Europa e Stati Uniti. Quarantacinque anni dopo Israele si trova a gestire una ondata migratoria ben più massiccia di quella vietnamita al tempo e con un paese con cui ha legami culturali e politici ben più profondi. E per ora, le migliaia di rifugiati accolti dimostrano che l'eredità di Begin è ancora viva.
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