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Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 29/03/2022, a pag. 30, con il titolo "La Cina al bivio", l'analisi di Gianni Vernetti.
Gianni Vernetti Xi Jinping Il prossimo venerdì 1 aprile si terrà a Bruxelles il vertice fra Unione Europea e Cina che farà seguito agli incontri appena avvenuti di Ue, G7 e Nato che hanno confermato la forte coesione della comunità delle democrazie nel sostegno politico e militare all’Ucraina aggredita. Le sanzioni stanno portando la Russia verso il default e l’accresciuto sostegno militare sta costringendo Mosca a rivedere drasticamente i propri piani. La linea rossa fissata dall’Occidente sulle armi chimiche e batteriologiche rappresenta un ulteriore monito a Vladimir Putin che ora rischia davvero una sconfitta militare nelle grandi pianure dell’Ucraina, rendendo il “cambio di regime” a Mosca una concreta possibilità. Questo è il contesto in cui si svolgerà il primo vertice fra l’Unione Europea e la Cina dopo l’inizio della guerra. Il summit ha per oggetto la ripresa delle trattative politiche ed economiche fra Ue e Cina, praticamente congelate in seguito alla reazione scomposta di Pechino alle sanzioni europee sul genocidio degli uiguri, e sarà naturalmente l’occasione per verificare la posizione della Cina sulla guerra e più in generale sui nuovi equilibri internazionali che il conflitto ucraino sta determinando. La Cina si trova in una situazione complessa. In tutta la prima fase del conflitto Pechino ha tenuto fede al patto fra Xi e Putin dello scorso 4 febbraio, siglato in occasione dell’apertura dei giochi olimpici invernali, che prefigurava un’alleanza “senza limiti” fra le due autocrazie in grado di proporsi come un nuovo blocco alternativo alle democrazie liberali. Il regime cinese si è così sostanzialmente allineato con Mosca, rilanciando e amplificando la narrativa della necessità di interrompere “l’espansione ad Est della Nato”; astenendosi in Consiglio di Sicurezza e in Assemblea Generale ad ogni condanna dell’aggressore russo; candidandosi a diventare un punto di riferimento di un’area di potenziali nuovi Paesi “non allineati” fra l’Asia e l’Africa e infine compiacendosi per l’allontanamento dell’attenzione di Usa ed Europa dallo scacchiere Indo-Pacifico. Ma i fallimenti militari di Putin, le vittime civili, le bombe a grappolo, le distruzioni di intere città, milioni di profughi e l’eroica resistenza di un Paese sovrano hanno costretto Pechino a spostarsi progressivamente verso una fase di “sospensione del giudizio”, che dovrà essere presto sciolta. La Cina si trova dunque di fronte ad un bivio: proseguire nella costruzione di un’alleanza delle autocrazie fondata su un solido asse con la Russia e aperto ad altri attori illiberali in diretta competizione con l’Occidente o diventare un attore responsabile sulla scena globale. Per l’Europa e per l’intero Occidente sarà un test importante ed il momento migliore non soltanto per verificare le reali intenzioni di Pechino, ma anche per condizionarne le scelte politiche. La Cina, che lega la propria stabilità interna alla crescita economica, teme più di ogni altra potenza l’onda lunga del conflitto che potrebbe mutare radicalmente i connotati della globalizzazione come gli abbiamo fin qui conosciuti. Per l’Europa c’è dunque più di un’opportunità: ridefinire i rapporti con Pechino, accrescere l’isolamento della Russia, precisare la propria azione strategica nell’Indo-Pacifico, porre le condizioni lungo le quali una nuova partnership sino-europea potrebbe svilupparsi. Sono troppi i contenziosi aperti fra Pechino e Bruxelles e la Cina teme di essere trascinata dalla crisi ucraina in un crescente isolamento internazionale. Prima c’era stato il congelamento degli accordi sull’investimento fa Ue e Cina, poi la forte reazione europea alle sanzioni contro il Parlamento Europeo, infine il quadrato intorno alla Lituania contro la rappresaglia cinese per l’apertura dell’ufficio a Vilnius di Taiwan. L’Europa, poi, non è stata ferma e in questi mesi sta prendendo corpo la nuova strategia sull’Indo-Pacifico fondata su una sempre maggiore partnership con le democrazia asiatiche: questo è la cornice nella quale si colloca la ripresa del dialogo sull’accordo di libero scambio con Nuova Delhi e il possibile accordo bilaterale sugli investimenti con Taiwan.
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