Consigli per gli antisemiti frustrati
Analisi di Michelle Mazel
(traduzione di Yehudit Weisz)
Non è facile oggi mostrarsi apertamente antisemiti. Bisogna ammetterlo, i tempi sono davvero duri. E’ stato messo in atto un intero arsenale legislativo per reprimere non solo i commenti che incitano all'odio razziale e in particolare all'odio contro gli ebrei, accompagnati o meno da minacce, ma anche gli insulti. Niente più frasi assassine alla radio, niente più strizzatine d'occhio in TV. Persino la stampa scandalistica internazionale deve possedere notevoli doti d’ingegno per trovare formule sufficientemente ambigue da non incappare in sanzioni legali. E peggio ancora, i social si immischiano e si rischia di essere cacciati per un testo troppo esplicitamente razzista. Solo i politici cercano di passare tra le gocce di pioggia senza bagnarsi, al fine di rastrellare più voti durante questo periodo elettorale. Una situazione intollerabile e un attacco al diritto fondamentale alla libertà di espressione, lamentano gli antisemiti più convinti. Come farsi sentire? Come far passare il messaggio? Raggiungere quante più persone possibile senza rischi? C'è una soluzione semplice ed economica: postare un commento sul sito di un quotidiano molto diffuso. Non che questi organi di stampa li incoraggino, anzi. Lo statuto del quotidiano Le Monde, ad esempio, è esplicito su questo punto: “La discussione deve essere rispettosa, senza attacchi personali (nei confronti di altri commentatori, come nei confronti di giornalisti o di persone citate nell'articolo) e rispettare i limiti della libertà di espressione: nessuna diffamazione, nessun insulto, nessuna discriminazione, sessista o razzista, negazionista della Shoah, o incitamento all'odio.” Purtroppo, un abisso separa la teoria dalla pratica. I moderatori responsabili dell'applicazione dello Statuto sono senza dubbio sommersi di lavoro.
Così, lo sproloquio di un certo Robespierre, che commentando la rubrica del Presidente Herzog pubblicata il 19 marzo, si riferisce al Presidente dello Stato di Israele in questi termini: “Quel tizio, particolarmente osceno...” non ha fatto neppure inarcare un sopracciglio ai moderatori, che devono averlo visto come “rispettoso e senza attacchi personali.” È che quando si tratta dello Stato ebraico e dei suoi leader, tutto è concesso. Apparentemente basta avvolgere l'odio nei confronti degli ebrei nel manto dell'odio verso Israele o verso gli ebrei israeliani per potersi esprimere in piena libertà. Un'intera squadra di troll sta lavorando per testare la benevolenza del team di moderatori. Un esempio : dopo l'attentato a Beersheva che ha causato quattro vittime, due donne e due uomini, tutti civili ebrei, un certo Wakanda commenta: “Totale sostegno al popolo palestinese vittima di un'ingiustizia storica... l'esercito israeliano sta massacrando migliaia di civili palestinesi... Gaza è il ghetto di Varsavia del 21° secolo.” Un altro commento, pubblicato il 12 marzo da un certo Amgala: “L'antisemita di ieri era uno che odiava gli ebrei, oggi è uno che degli ebrei odiano!” E per finire il 12 marzo, Jean Passedé Mayer evoca “la vicinanza di stile ma anche di idee tra Hitler e Herzl, il fondatore del movimento sionista; un'ossessione della razza che fonda il diritto di purificare il corpo sociale dai non ariani o dai non ebrei.” Ma dato che vi dicono che queste affermazioni non sono contrarie allo Statuto...