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La Repubblica Rassegna Stampa
24.03.2022 Afghanistan: il Fronte della resistenza avanza da nord e ora insidia il regime
Commento di Stefano Pontecorvo

Testata: La Repubblica
Data: 24 marzo 2022
Pagina: 19
Autore: Stefano Pontecorvo
Titolo: «Il Fronte della resistenza avanza da nord e ora insidia il regime»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 24/03/2022, a pag.19, con il titolo "Il Fronte della resistenza avanza da nord e ora insidia il regime", il commento di Stefano Pontecorvo.

Stefano Pontecorvo - Festival della Diplomazia
Stefano Pontecorvo

Dopo il ritiro Usa, i talebani riconquisteranno l'Afghanistan

Mentre l’attenzione mondiale è focalizzata su altri scenari, anche nell’Afghanistan talebano oramai lontano dai riflettori si registrano tensioni crescenti. Il Fronte nazionale di resistenza coagulatosi attorno ad Ahmad Massud ha dato segni concreti della sua esistenza attaccando i talebani in otto delle 34 province di cui si compone il Paese, con azioni che hanno interessato principalmente le aree del Nord-Est. Attacchi localizzati, minimizzati dalla censura talebana, ma che hanno nondimeno segnalato a una popolazione provata da una crisi economica senza precedenti e dall’intransigenza del regime che la resistenza è viva. Il Fronte ha trascorso gli ultimi mesi a rafforzarsi e a riarmarsi, definendo la propria dirigenza politica e una struttura militare che si presenta di tutto rispetto. La dicotomia al vertice tra il giovane Massud e l’ex vicepresidente Saleh, a suo tempo stretto collaboratore del “leone del Panshir”, ovvero Massud padre, si è risolta a favore del giovane Massud. Saleh, accusato di «fare la resistenza solo su Facebook», è oramai marginalizzato, complice anche una questione non ben chiara che ruota attorno al fratello assassinato (pare dai suoi stessi uomini) e a una borsa gonfia di dollari di incerta provenienza, ora introvabile. Comanda Massud, forte del carisma ereditato dal padre, il quale ha raggruppato attorno a sé un buon numero di ex responsabili politici repubblicani, tra cui anche personalità pashtun, rilevanti per scongiurare la spaccatura interetnica che contribuì al conflitto tra i signori della guerra dell’Alleanza del Nord e quelli pashtun seguita al ritiro sovietico dal Paese. Tra i pashtun di maggior peso avvicinatisi alla resistenza pare vi sia l’ex ministro degli Esteri afghano Atmar, già ministro dell’Interno e consigliere per la sicurezza nazionale, il quale porterebbe con sé ex appartenenti alle forze di sicurezza e all’intelligence a lui vicini. Sul piano militare Massud ha arruolato alcuni dei generali del defunto esercito governativo, schieratisi con la “Seconda resistenza” e che fungono anche da polo di attrazione per i militari della ex Repubblica islamica dell’Afghanistan braccati dal regime talebano, il quale, nel silenzio della stampa e dell’opinione pubblica mondiali, continua la campagna di assassinii contro gli avversari di un tempo. Soltanto un paio di settimane fa i casi riportati sono stati una decina, tra cui due ufficiali trascinati fuori dalle proprie abitazioni mentre erano a tavola con le rispettive famiglie e fucilati per strada. Tra i militari reclutati spicca l’ex capo di stato maggiore afghano, Yasin Zia, militare assai quotato che i talebani ricordano bene per essere colui che nell’ottobre 2015 li cacciò dalla città di Kunduz, nel Nord del Paese, guidando i suoi soldati alla riconquista del centro caduto all’allora insorgenza. Si dovrebbero unire al Fronte anche il capo delle forze speciali afghane, il generale Alizai, e un altro ex capo di stato maggiore, il generale Sami Sadat. Tutta gente dal richiamo ancora intatto nonostante la disfatta di luglio e agosto, che attirerà verso la resistenza i propri commilitoni, il 90 per cento dei quali ancora nel Paese e con prospettive tutt’altro che confortanti. Per ora i vertici del Fronte sono fuori dall’Afghanistan, tra Turchia e Tajikistan, e prevedono di rientrare nel Paese entro la fine di maggio per montare una campagna che, nei programmi, dovrebbe interessare tutte le province afghane. Mi sembra un progetto ambizioso, per quanto la resistenza disponga di combattenti, armi leggere e artiglieria in quantità sufficiente per i primi mesi. Interlocutori vicini a Massud rilevano che si preparano a un conflitto su due fronti: contro i talebani ma anche contro l’Isis che si sta rafforzando ed espandendo nella provincia di Uruzgan, regione montagnosa al centro del Paese tra Kandahar e Kabul, oltre che nella roccaforte originaria di Nangarhar, sul confine con il Pakistan. Si verrebbe così a concretizzare lo scenario, che le intelligence americana e alleata avevano paventato per la fase post ritiro, di una possibile guerra civile con le tre entità in lotta tra loro e una popolazione sempre più insofferente per la situazione nel Paese di cui incolpa principalmente i talebani. Nel frattempo questi ultimi qualche successo di immagine lo stanno ottenendo, con personalità in vista già vicine all’ex presidente Ghani quali due dei negoziatori repubblicani a Doha, Salam Rahimi e Fatima Gailani, che si stanno pubblicamente riconciliando con i nuovi padroni di Kabul. Lo scenario è in movimento e per ora le località scelte dalla resistenza sono quelle nelle quali le forze di sicurezza talebane sono meno agguerrite. Il test per la resistenza, se essa continuerà a crescere, si avrà nelle aree pashtun del Sud, dove i talebani possono contare su alleanze tribali e sul sostegno di una parte di quelle popolazioni, oltre che su assistenza esterna. I prossimi mesi daranno un quadro più realistico della forza effettiva della nuova resistenza afghana, che sembra ben determinata a continuare la lotta e in grado, almeno sulla carta, di porre un problema crescente all’emirato talebano.

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