Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/03/2022, a pag. 14, con il titolo "Zelensky alla Camera tra assenze, ambiguità e timori di contestazioni", la cronaca di Serenella Mattera.
Tenere i distinguo fuori dall’Aula, testimoniare a Volodymyr Zelensky un sostegno convinto e compatto all’Ucraina, di fronte all’aggressione russa. È la preoccupazione che anima la vigilia dell’incontro virtuale tra il presidente ucraino e il Parlamento italiano. C’è il timore che le assenze siano così tante da vedersi o, peggio, che qualche deputato o senatore arrivi a esibire un cartello o far sentire il suo dissenso, per la scelta di inviare armi. Nei gruppi a sera si fa la conta, si negano avvisaglie di contestazioni. Gli ex M5s di Alternativa, i più battaglieri, fanno sapere che non ci saranno, e per gli altri è già un sollievo. Matteo Salvini e Giuseppe Conte, accomunati dalla necessità di tenere a bada i tormentati gruppi gialloverdi, provano a serrare le fila: «Tutti convocati, i dibattiti li faremo fuori, non possiamo permetterci figuracce internazionali», dice un 5Stelle. La convocazione per deputati e senatori è alle 10.30 a Montecitorio, con mascherina Ffp2 e presenza segnalata in anticipo, per sistemare tutti tra gli scranni in Aula e la tribuna. Alle 11 i due maxischermi che in genere servono a contare i voti si accenderanno e in collegamento da Kiev comparirà Zelensky, per mezz’ora, prima di tornare agli impegni di guerra. Il cerimoniale prevede un saluto – due minuti ciascuno – dei presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati. Poi dieci minuti per il presidente ucraino e sette minuti per il premier Draghi. I parlamentari, dopo i discorsi di Zelensky alle Camere europee, del Regno Unito, Usa, Israele, si aspettano una nuova richiesta di aiuto, anche militare, e un paragone tra la lotta ucraina e la resistenza italiana: «No fly zone e partigiani», pronostica Nicola Fratoianni (SI), che è contrario a inviare armi ma definisce il confronto tra resistenti «sbagliato dal punto di vista storico, comprensibile da quello emotivo».
Draghi nel suo breve intervento dovrebbe ribadire che l’Italia per Kiev farà tutto il possibile, nei limiti del possibile, e confermare un impegno all’accoglienza dei rifugiati e al sostegno dell’appartenenza ucraina alla famiglia europea. I banchi del governo si annunciano pieni, da Stefano Patuanelli, a Lorenzo Guerini, Andrea Orlando, Roberto Speranza e Luigi Di Maio, che convoca la commissione per valutare la revoca delle onorificenze ai cittadini russi, tra cui Alexey Paramonov, che tre giorni fa ha minacciato Guerini. Poche le assenze motivate dall’agenda, tra cui quella di Giancarlo Giorgetti. Rispondono all’appello anche i leader, Enrico Letta, Matteo Renzi, Giorgia Meloni, che guida Fdi in Aula senza smarcamenti, e Salvini, che deve fare i conti con mal di pancia e almeno una dozzina di assenze tra i leghisti. Dal M5S fanno sapere di non attendersi troppe defezioni. Ma assenti saranno molti parlamentari ed ex del Movimento, come quelli di Alternativa: «Non assistiamo a un comizio senza contraddittorio, un’operazione di marketing che può portare alla terza guerra mondiale», dice Francesco Forciniti. «Io sto con Putin, conduce un’importante battaglia per la Russia e per tut ti noi: le Camere ascoltino anche lui», insiste su Telegram la senatrice del Misto Laura Granato. Tra gli ex 5s dovrebbero mancare Veronica Giannone e Matteo Dall’Osso, ora in FI, Gianluigi Paragone di Italexit, Emanuele Dessì del Pci, Andrea Cecconi, FacciamoEco. Nel M5s mancheranno Erica Segneri, Davide Serritella («altri impegni»), Vincenzo Presutto («motivi organizzativi »). In forse Vito Petrocelli, il presidente della commissione Esteri già nell’occhio del ciclone. È pacifismo, non putinismo, affermano i dissenzienti. «Le armi – si infiamma Mauro Coltorti – servono per uccidere! Al Senato voterò contro l’invio, ma oggi ascolterò in Aula Zelensky per testimoniare che c’è una via per la pace ». Conte prova a tenere uniti i gruppi così: «Bene ascoltare Zelensky, ma dobbiamo lavorare per evitare un’escalation del conflitto». L’ex premier respinge i sospetti sulle vere motivazioni della missione di aiuto per il Covid arrivata da Mosca in Italia nel 2020, dopo un contatto tra lui e Putin: «Tutto chiaro e trasparente», afferma Conte. Ma Renzi chiede conto e Riccardo Magi auspica una convocazione al Copasir.