Russia: la repressione del regime di Putin Commento di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 19 marzo 2022 Pagina: 11 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Il pugno del regime»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/03/2022, a pag. 11, con il titolo "Il pugno del regime", l'analisi di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Alexei Navalny
‘Net voyne’, no alla guerra: no l'avatar profilo Twitter di Alipat Sultanbegova era composto soltanto da queste due parole, quelle per le quali oggi in Russia si viene arrestati. Anzi, ormai si viene arrestati anche per manifesti con sopra scritto «due parole»: sia chi protesta, sia chi arresta hanno perfettamente presente di quali parole si tratta. Alipat è stata arrestata dall'uscita di casa sua, a Krasnodar. Appena il giorno prima era stata rilasciata dalla prigione dopo 20 giorni di carcere ai quali era stata condannata per le sue stories di protesta su Instagram. La nuova incriminazione è di «istigazione di odio» e «discredito dell'utilizzo delle forze armate», due reati del codice amministrativo che prevedono multe di qualche centinaio di euro. A parte l'orwelliana idea che un no alla guerra porti "discredito" ai militari, l'attivista seguace di Alexey Navalny — che è stata costretta ad eliminare il suo account Twitter — è stata minacciata dalla polizia di rischiare un'incriminazione per "alto tradimento" per la sua partecipazione a una manifestazione contro la guerra in Ucraina. E proprio ieri alcuni deputati della Duma hanno proposto di incrementare la pena per "tradimento della patria", fino all'ergastolo.
L"'autopurificazione" del popolo russo dai "traditori" attaccati qualche giorni fa da Vladimir Putin prosegue a pieno ritmo. Ieri sono stati arrestati e fermati decine di giornalisti e attivisti. A Novokubansk, il blogger Aleksandr Nozdrinov, per aver girato un video su Marina Ovsiannikova, la redattrice della tv russa balzata nell'inquadratura del telegiornale serale con il manifesto "No alla guerra". A Ekaterinburg, negli Urali, il pittore Leonid Chorny è stato fermato con i suoi adesivi contro la guerra, e incriminato di "vandalismo". A Mosca sono stati fermati quattro giornalisti indipendenti: Ruslan Terekhov è stato arrestato per 10 giorni per "resistenza alla polizia", Pavel Ivanov a tre giorni con la stessa accusa. A Pietroburgo gli arresti dei giornalisti sono stati quattro. A Volgograd sono state fermate due attiviste, Valeria Igrashi e Arina Anisimova. A Pskov, nel nord russo, la polizia ha bussato alla porta contemporaneamente di sette persone, tra cui l'ex deputato Lev Shlosberg — famoso per aver denunciato nel 2014 il numero dei paracadutisti della divisione locale, caduti in missione segreta in Donbass — e i suoi compagni del partito liberale Yabloko, il direttore del giornale locale Denis Kamaliagin (che è riuscito a scappare dal Paese il giorno prima) e la giornalista Svetlana Prokopieva, tutti accusati di "discredito" del governatore locale. Yana Yanovskaya, direttrice di un giornale di Perm, negli Urali, è stata incriminata anche lei per "discredito" delle forze armate. A Mosca, mentre 203 mila persone si stavano avviando ad applaudire Putin al concerto per l'anniversario dell'annessione della Crimea, due donne, Arina Vakhrushkina e Olga Aptyrsheva, sono state arrestate per aver esibito dei manifestini contro la guerra. Una sproporzione mostruosa, anche se molti partecipanti all'happening putiniano hanno confessato di essere stati costretti, o incentivaticon denaro, regalio esami condonati nel caso degli studenti. Le incriminazioni per "discredito" piovono a raffica, e molti genitori hanno paura perfino a protestare con le amministrazioni di scuole e asili dove ieri i bambini sono stati fatti cantare inni all'esercito, allineati in forma di quella Z che ormai è il simbolo dell'invasione dell'Ucraina. Ieri un 32enne di Krasnodar è stato fermato e multato per aver sputare a un manifesto con la Z: il gesto è stato registrato da un passante che l'ha denunciato per "atto pubblico di discredito delle forze armate". Sfidare il nazionalismo militarista della propaganda ora è un reato, e le purghe sono ufficialmente iniziate. Il ministro della Difesa Sergey Shoigu ha chiesto alla ministra della Cultura Olga Liubimova di "escludere dall'agenda culturale russa" Alexandr Rodnyansky - famoso produttore e presidente da 18 anni del principale festival cinematografico russo, Kinotavr, ucraino di nascita - che fin dai primi giorni ha denunciato la guerra e pubblicato sui social le foto dei bombardamenti di Kyiv, Kharkive Mariupol. Per compensare la sparizione dei film occidentali dalle sale russe, il conzorzio Mosfilm propone di proiettare nei cinema le vecchie pellicole sovietiche.
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