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La Verità Rassegna Stampa
18.03.2022 L'ambasciata ha invitato in Israele il graffitaro che insulta gli ebrei
Commento di Adriano Scianca

Testata: La Verità
Data: 18 marzo 2022
Pagina: 18
Autore: Adriano Scianca
Titolo: «L'ambasciata ha invitato in Israele il graffitaro che insulta gli ebrei»
Riprendiamo dalla VERITA' di oggi, 18/03/2022, a pag. 18, con il titolo "L'ambasciata ha invitato in Israele il graffitaro che insulta gli ebrei", l'analisi di Adriano Scianca.

Cibo, il writer minacciato:
Pier Paolo Spinazzè

Chissà come deve sentirsi onorato un artista di essere chiamato a presentare la sua opera nel «culo polveroso del mondo». I lettori ci perdoneranno l'espressione poco urbana, ma è così che Pier Paolo Spinazzè, writer veronese, meglio noto come Cibo, classe 1982, tempo fa chiamava lo stato di Israele. Lo stesso stato in cui il 7 aprile prossimo si recherà, ospite dell'Istituto italiano di cultura di Haifa, per dipingere un murale dal titolo «Uniti nel Cibo». Nel pomeriggio dell'11 aprile Cibo presenterà il suo lavoro pubblicamente e il giorno dopo avvierà un secondo progetto a Bat Galim, fa sempre sapere l'Istituto. Che offre, sui social, anche una lirica descrizione del prestigioso artista: «Cibo, all'anagrafe Pier Paolo Spinazzè, è uno street artist italiano, che usa i murales per coprire scritte neofasciste e altri simboli d'odio a Verona, la sua città natale. Cibo si definisce un antifascista. Ha affermato che la sua motivazione non è sfidare direttamente i fascisti, ma piuttosto "rovesciare l'accettazione dilagante e sistematica dell'odio" diffusa a Verona. È spesso minacciato da figure di estrema destra e ha ricevuto minacce di morte, ma ha espresso l'intenzione di continuare a lavorare, invitando altri artisti a unirsi a lui». Praticamente il Roberto Saviano dei writer. A differenza di Saviano, tuttavia, e immaginiamo all'insaputa di chi ha deciso di invitarlo, Cibo ha una visione di Israele venata di accenti lievemente critici. A chi, sui social, glielo fa notare, Spinazzè risponde ostentando toni polemici, ma anche una visione ispirata alla complessità e al dialogo. «Immagino», scrive a un utente su Facebook, «che tu sia stato in Israele e/o abbia dati che esulino i puerili pregiudizi di centro sociale di estrema destra/sinistra. Inoltre sarebbe interessante sapere che cosa c'entro io con sta storia?! La cultura ebraica esula dai confini politici di uno Stato. E comunque io sono stato chiamato dall'ambasciata italiana...». A parte l'uso transitivo del verbo esulare, il messaggio è chiaro. E ancora, a un altro: «Sono stato chiamato a rappresentare la cultura italiana dall'ambasciata. La contrapposizione noi/voi cosa ha portato, se non ad altre ostilità e sofferenze tra i civili?! A tavola siamo tutti più buoni, e sono più i motivi per unirci, che le scuse per dividerci». Quanta saggezza, che spirito illuminato. Peccato che, in altre occasioni, sia i toni che i contenuti siano stati differenti. Il 3 aprile 2018, per esempio, Cibo ironizzava: «Gli israeliani si esiliano dietro muri e militari... pensavo non gli piacessero i campi di concentramento». II 24 aprile 2018 pubblicava la notizia sulle solite polemiche del 25 aprile fra Brigata ebraica e Anpi. Ecco il commento di Cibo: «Il mulo dice alla vacca ti puzza il culo. Stato ebraico Sieg Heil». Il 5 gennaio 2018 rilanciava la notizia della partenza da Israele del Giro d'Italia. E qui arriviamo all'aulica definizione riportata in apertura: «Pensavo fosse una bufala invece non vi è limite al peggio gusto... Il giro comincia in Israele... tristezza unica. A parte che gli israeliani dovrebbero giocare nel loro continente e non ogni volta autoinvitarsi in Europa. Ma soprattutto il giro non era nato per far conoscere il Bel Paese? Ci sono regioni in cui non passa e andiamo nel culo polveroso del mondo... A sto punto il giro facciamolo con il Booster spirit!». Chissà se parlerà di questo in Israele. Oppure di quel vecchio progetto a cui era legato, Ucd (un acronimo che, letto di filato, suona come «uccidi»...), all'insegna delle parole in libertà (e non nel senso di Filippo Tommaso Marinetti, che del resto, per Spinazzè, sarebbe solo un altro fascista da sanzionare). Chissà quindi se ad Haifa intratterrà i presenti sul tema «più guardo Israele e più mi convinco che Hitler ha lasciato un lavoro a metà» (post del 6 maggio 2013 sulla pagina di Ucd). O magari il suo murale potrebbe prendere spunto dallo status del 20 settembre 201,3, che recitava: «Tutti da sempre odiano gli ebrei... ci sarà un motivo, penso». Un curriculum di tutto rispetto, non c'è che dire. E ci siamo limitati solo alle sue perle relative al Paese che lo sta per ospitare in nome della pace e della convivenza. Se ampliamo il raggio, gli ambiti toccati in punta di fioretto con il consueto dico non dico da Cibo sono infiniti. Il 1° marzo 2017 rivolgeva un pensiero a Mario Adinolf: «Ma una raccolta soldi per rapire Adinolfi e dargli talmente tanti schiaffi da levarsi le impronte digitali? No?». Il 10 giugno 2017 celebrava Woody Allen: «Quando muori si apre il prosecco». Delicatissimo il ricordo di Marco Pantani postato il 14 febbraio 2014: «Pantani non ci manchi». Nel 2019, quando La Verità rivelò al mondo queste chicche di buon gusto, Spinazzè inscenò un autodafé passivo-aggressivo: «Scusate, ho fatto proprio una stronzata di cui oggi mi vergogno». E aggiungeva: «Il documento che é stato fatto girare contra di me mi ò servito da seduta psicoanalitica. Ho capita dove sbagliavo. Tutto questo odio mi fa capire quanto si possa migliorare». Poi il colpo di genio, per condannare la persona ma salvare l'artista: «Io me ne vergogno ma mi chiedo se si vergogna chi ha azionato questa macchina del fango contro di me. Perché Pier Paolo Spinazzé sarà anche uno stronzo, ma giù le mani da Cibo». Chissà chi dei due, tra qualche giorno, si presenterà all'Istituto italiano di cultura di Haifa.

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