Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 16/03/2022, con il titolo "La vicepremier: 'Dal bunker lotto per Kiev. Mi sento la mamma di tutti i bimbi ucraini' ", l'intervista di Fabio Tonacci.
Fabio Tonacci
La vicepremier Iryna Vereshchuk
«Ho un figlio di 17 anni che non sento da tre giorni, ma in questo momento sono la mamma di tutti i bambini che hanno bisogno di me». Bionda, sorridente e durissima. La vicepremier Iryna Vereshchuk, 43 anni, è il volto più noto in Ucraina dopo quello di Volodymyr Zelensky. Ogni mattina parla al suo popolo, spiega, si affanna, telefona, dorme due ore a notte, non si lamenta. Combatte con i mezzi che sa. Quelli che ha imparato alla scuola militare prima, studiando legge poi.
A lei il presidente ha affidato uno dei compiti più complicati. «Sono la ministra dei Territori occupati, come tale sono responsabile dei corridoi umanitari e dello scambio prigionieri. Più donne e bambini riusciamo a sottrarre ai proiettili di Putin, meglio sarà per l’Ucraina».
I russi, però, non rispettano sempre i corridoi umanitari. «Ci sono due tipi di corridoi. Quelli green sono per i soldati, li negoziano in autonomia per concordare passaggi con o senza armi. Quelli umanitari si fanno attraverso la Croce Rossa, come prevede la Convenzione di Ginevra. Se abbiamo l’ok, i russi non sparano. Ecco perché qualche giorno fa ho pubblicamente criticato la Croce Rossa: a mio parere era troppo poco attiva. Nelle zone dove la gente sta morendo di più, invece, non ci vengono approvati. Bisogna trovare il modo per aprirli».
Per ragioni di sicurezza lei deve stare in un bunker. Come riesce a lavorare? «Ormai non distinguo più il giorno dalla notte. Fino a notte fonda tratto per i corridoi, i russi e la Croce Rossa richiedono molti dettagli, nomi, numeri di telefono, le targhe delle macchine che accompagnano il convoglio, il numero di auto e di bus. Di tutto va informata l’amministrazione militare, ogni chilometro di strada deve essere approvato. Lavoro con tutta l’energia che ho, dormendo 2-3 ore al massimo. So di non avere un aspetto molto bello adesso, ma sono motivata. E quando alla fine di ogni giornata leggo i report ufficiali con 30 mila o 60 mila evacuazioni, beh credetemi, sono una donna felice. Vivo per quello, per salvare la mia gente».
La ringraziano per quanto sta facendo? «A me basta sapere che le mogli, le mamme e i figli che portiamo via poi chiameranno i loro uomini al fronte e diranno loro: “Siamo al sicuro e in un posto caldo, tu combatti per noi, uccidi i nemici, siamo con te”»
Non è mai stanca? «Non sarò stanca fino a quando non vinceremo la guerra e non vedrò i russi lasciare la nostra terra».
La sua famiglia cosa pensa? «Non ho tempo per il classico ruolo di mamma, ora. Mi sento la mamma di tutti i bimbi ucraini che stanno nei rifugi e negli scantinati. Dentro il mio cuore non faccio distinzione tra loro e mio figlio. Ma lui è un ragazzo in gamba, quasi adulto, capisce la situazione e continua a fare il suo lavoro nel settore dell’informatica».
È ancora in Ucraina? «Certo. Non vive con me. Mio marito è un ufficiale e sta combattendo, come suo figlio che ha avuto dal primo matrimonio».
Cosa le dà questa forza? «Ho un motto che mi aiuta nei momenti difficili: ora et labora, prega e lavora».
Cosa pensa di Zelensky? «Che è un leader e motivo di ispirazione. E la nostra meravigliosa nazione è il motore che aiuta tutta la macchina dello Stato a funzionare».
Se l’assedio alla capitale dovesse andare avanti, c’è l’opzione di spostare la capitale a Leopoli? «Non se ne parla proprio. Al momento dell’invasione ci è stato consigliato di farlo, perché siamo sulla lista delle persone che Putin vuole eliminare fisicamente. Il presidente Zelensky e la sua famiglia sono l’obiettivo numero uno. Le ambasciate straniere ci hanno avvertito che dovevamo andarcene il prima possibile. A quel punto ognuno, nel governo ucraino, è stato chiamato a fare una scelta personale. Per me non ci sono stati dubbi: rimanere qui, accanto al presidente e accanto alla nostra gente. Lo stesso vale per gli altri ministri».
Se i russi entrassero a Kiev? «Non saranno capaci di controllarla. Combatteremo da ogni casa, spareremo agli invasori fino ad ucciderli tutti o a costringerli a ritirarsi».
Cosa l’addolora di più quando pensa al suo Paese in guerra? «Come donna mi fa stare male la sofferenza umana e il fatto che io non riesca a salvare tutti. Putin sta compiendo un genocidio a Mariupol e non possiamo aiutare gli abitanti. Però sono convinta che questo dolore si trasformerà in acciaio e sarà la spada che trafiggerà il nostro nemico. Sconfiggeremo la Russia, credetemi. Non ha possibilità».
Per inviare la propria opinione alla Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante