Riprendiamo oggi, 13/03/2022, da AVVENIRE, a pag.8, l'intervista di Andrea Lavazza dal titolo 'Prove dei crimini di guerra'.
Oleksandra Matviichuk
Il volto provato che si affaccia su Zoom da una stanza poco illuminata di Kiev è ben diverso da quello sorridente delle foto che si trovano su Internet. Oleksandra Matviichuk, 38 anni, è una pluripremiata protagonista del movimento democratico ucraino, promotrice del Centro per le libertà civili e consulente del Parlamento. Parla velocemente nell'inglese perfezionato a Stanford. Nel colloquio, la fredda competenza giuridica di avvocato per i diritti umani a volte lascia spazio a un'accorata perorazione a favore del suo popolo sotto attacco. «Abbiamo poco tempo—ripete—non sappiamo quanto ce ne rimane».
Fin dai primi giorni di guerra, Matviichuk ha riattivato l'iniziativa civica Euromaidan Sos, che era nata per dare protezione legale a chi protestava a favore della democrazia dalla fine del 2013 nella piazza centrale di Kiev e di altre città. Oggi ha cominciato a raccogliere denunce sui crimini di guerra russi. Quali elementi avete già in mano? «Ci sono, purtroppo, già moltissimi esempi di crimini di guerra commessi dalle forze di Mosca. Innanzi tutto, obiettivi e infrastrutture civili vengono colpite scientemente. Città e villaggi sono stati costantemente sotto tiro. Stiamo documentando come siano stati bombardati asili e ospedali. E anche i corridoi umanitari. Spesso non c'era l'autorizzazione dei comandi militari, ma la gente non poteva rimanere senza cibo né acqua né assistenza medica e ha cercato comunque di lasciare la zona dei combattimenti. In vari casi, queste persone sono state uccise. I russi inoltre usano armi che sono vietate nelle zone abitate, andando contro i trattati internazionali: bombe senza guida e bombe a grappolo. Ma i russi usano anche la perfidia per ingannare la popolazione: fingono di essere civili per avvicinarsi alle nostre postazioni o indossano le divise dell'esercito ucraino, che è un'altra violazione del diritto internazionale. La brutalità deliberata è in continua crescita».
Con chi siete attualmente in contatto in Occidente? «Abbiamo molti collegamenti internazionali. In primo luogo con la Corte penale internazionale. E vero che l'Ucraina non ha formalmente ratificato l'accordo, ma la Corte ha il pieno potere di investigare sul nostro territorio. Poi lavoriamo con il Consiglio d'Europa e il suo braccio relativo ai diritti umani, fornendo prove precise».
E' fiduciosa del fatto che qualche generale russo venga prima o poi processato? «Speriamo che vengano mandati tutti alla sbarra. Anche Vladimir Putin, se non farà la fine di Hitler, dovrebbe essere processato all'Aja. Ma la giustizia ha tempi lunghi e noi abbiamo necessità che vengano fermate ore le atrocità contro i civili».
I partiti e l'opinione pubblica ucraina seguono il presidente Zelensky senza esitazioni? Potrebbero emerge divergenze, se si andasse a trattative che prevedano concessioni territoriali alla Russia? «Si possono fare sondaggi su questo, ma non siamo disposti a fare concessioni territoriali a Mosca. Siamo una democrazia, nella nostra Costituzione le modifiche al territorio spettano solo al popolo, che ha la sovranità. Non siamo la Russia, un compromesso politico dovrebbe essere ratificato dai cittadini. Ma i cittadini sono contrari a cedere parti del Paese».
In Occidente qualcuno evidenzia il rischio che forze di estrema destra prendano forza nel contesto della guerra. «II nostro presidente è ebreo. Eppure, la Russia tenta di fare credere che siamo un Paese governato dai nazisti. Sono pure fake news. Non abbiamo partiti di estrema destra in Parlamento proprio perché tali formazioni non hanno sostegno tra la gente. In Germania e in Francia, i partiti di estrema destra hanno eletto deputati. Lì si dovrebbe guardare, non a Kiev».
Riceve segnali di opposizione alla guerra dalla società civile russa? «Come associazione, con esponenti russi abbiamo un dialogo da 8 anni. Vi sono persone brave e oneste che sono costantemente vittime di repressione. Memorial è stato bandito, i manifestanti di questi giorni arrestati. II problema è che si tratta di una piccola minoranza, la maggioranza della popolazione russa appoggia la guerra e porta la responsabilità storica per tutte le conseguenze di ciò che viene fatto in suo nome».
Vede una via di uscita che non sia solo la vittoria di una pane sul campo di battaglia? «Lo scenario meno disastroso è che la comunità internazionale metta Putin nelle condizioni di fermare la guerra e allora potremmo trovare qualche compromesso».
Di che tipo? «Si vedrà, ma per noi ci sono alcune linee rosse. Non potremo mai rinunciare alla libertà, a seguire una direzione europea, a rifiutare l'autocrazia e a salvare la nostra integrità territoriale. Stiamo lottando per la nostra scelta democratica».
Non ci sono state discriminazioni contro la popolazione russofona? «Siamo un Paese bilingue, anche la mia famiglia è russofona. A scuola, quando ho cominciato a studiare la storia dell'Ucraina, mi sono resa conto dei tentativi di russificazione e ho scelto l'ucraino, ma conosco bene il russo e molti lo conoscono e lo usano. Quella delle discriminazioni è una scusa montata ad arte per l'intervento. Nemmeno in Crimea vi è stata alcuna violazione dei diritti della popolazione russofona, per ammissione esplicita dello stesso rappresentante ufficiale della commissione peri diritti umani di Mosca».
E sulle violazioni degli accordi di Minsk? «Nel Donbass non è mai stato rispettato il primo punto, che riguarda il cessate il fuoco. Da 8 anni si spara, la Russia e i filorussi sono stati i primi a non adeguarsi all'intesa. Mosca vuole fermare la trasformazione democratica e riportarci all'Urss».
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