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Israele e i profughi
Analisi di Michelle Mazel
(traduzione di Yehudit Weisz)
Come sempre quando si parla di Israele, il branco dei "commentatori" si scatena sulla questione dei rifugiati ucraini e della loro accoglienza in questo Paese, e fustiga lo Stato ebraico affermando che accoglie prioritariamente i rifugiati... ebrei: “È piuttosto squallido fare una distinzione tra rifugiati su questa base. O non vogliono i rifugiati oppure, se li accettano, lo devono fare senza alcuna distinzione di pratiche religiose o di albero genealogico.”
Incidentalmente, l'inevitabile riferimento alla questione palestinese “Gli ucraini – in questo caso ebrei – se ne vanno perché sono oppressi mentre gli indigeni – in questo caso i palestinesi – sono stati cacciati meticolosamente dalle loro terre da decenni.” E il troll di servizio aggiunge: “Persino la Polonia è meno razzista nei suoi criteri di accoglienza dei rifugiati.” Affermazione ammirevole di chi non ha alcuna idea della politica polacca sui rifugiati, o meglio, che ha la memoria corta: solo poche settimane fa la Polonia è stata additata per il suo implacabile rifiuto di accogliere i profughi afgani e iracheni che affollano i suoi confini, respingendoli senza nemmeno esaminare le loro richieste di asilo e progettando di costruire un muro per meglio tenerli lontani. Non meno interessante è il rimprovero rivolto ai profughi da alcuni: “Hanno scelto di andare in un Paese del Medio Oriente che pratica l'apartheid piuttosto che in un Paese dell’ Europa.”
Nell'era di Internet, Google e Wikipedia, tutti avrebbero potuto consultare la Dichiarazione di Indipendenza di Israele fatta il 14 maggio 1948: “IN VIRTU’ DEI DIRITTI NATURALI E STORICI DEL POPOLO EBRAICO, COME PURE DELLA RISOLUZIONE DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE, NOI PROCLAMIAMO LA FONDAZIONE DELLO STATO EBRAICO IN TERRA DI ISRAELE, CHE PORTERA’ IL NOME DI STATO DI ISRAELE.”
Sempre secondo questo testo fondamentale, “LO STATO DI ISRAELE sarà aperto all'immigrazione degli ebrei da tutti i Paesi in cui sono dispersi.” Due anni dopo, la Knesset – il Parlamento israeliano – aveva approvato la Legge del Ritorno che garantisce ad ogni ebreo ed a tutti i suoi parenti eventualmente non ebrei, il diritto di immigrare in Israele. Fin dalla sua creazione e nonostante le difficoltà, lo Stato d'Israele non ha mai fallito nella sua missione e ha accolto a braccia aperte ondate di ebrei in pericolo – i sopravvissuti alla Shoah in Europa; nel 1949 l’Operazione “Sulle ali dell'aquila” che ha portato in Israele l'antica comunità ebraica dello Yemen; negli anni Cinquanta, l'alyià degli ebrei del Marocco, preoccupati per l'avvicinarsi dell'indipendenza di questo Paese; nel 1991, con l’“Operazione Salomon”, è andato a cercare gli ebrei d'Etiopia. Dopo la disintegrazione dell'Unione Sovietica, quasi un milione di russi – ebrei o loro parenti – sono venuti a stabilirsi nella terra dei loro antenati. Oggi le autorità israeliane si sono mobilitate ancora una volta per venire in aiuto dei loro fratelli in pericolo. Delegazioni consolari ai confini dell'Ucraina per facilitare le formalità, voli noleggiati dall'Agenzia Ebraica e dal Ministero dell'Immigrazione per portare i profughi in Israele... un Paese dove la stragrande maggioranza di loro ha dei famigliari e dove tutti troveranno sostegno. Questo è uno sforzo enorme valutato in miliardi di dollari. Il Ministro dell'Interno, Ayelet Shaked, ha affermato che Israele consentirà a 25.000 ucraini non idonei all'immigrazione di rimanere nel Paese con lo status di rifugiato. Lo Stato ebraico dovrebbe fare di più?
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