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Il Giornale Rassegna Stampa
05.03.2022 Minacce da Teheran e ricordi della Shoah. Così Israele si è ritrovato in una tenaglia
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 05 marzo 2022
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Minacce da Teheran e ricordi della Shoah. Così Israele si è ritrovato in una tenaglia»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 05/03/2022,  a pag. 7, l'analisi di Fiamma Nirenstein dal titolo "Minacce da Teheran e ricordi della Shoah. Così Israele si è ritrovato in una tenaglia".

A destra: un eroe (Volodymyr Zelensky secondo Dry Bones)

Mo, Nirenstein:

Fiamma Nirenstein

« Non ho visto Bennett avvolto nella bandiera ucraina». Zelensky, disperato e deciso a utilizzare la solidarietà ebraica che gli spetta, ha aperto nei giorni scorsi un fronte di critica verso Israele. Non fa abbastanza, ha detto, chiedendo al premier Bennett di mediare fra lui e Putin. Zelensky ha anche lanciato un commovente appello agli ebrei del mondo intero chiedendo di aiutarlo. D'altronde, l'unico fronte su cui può vincere contro un nemico infinitamente più forte è purtroppo quello della solidarietà. Venerdì 25 febbraio Israele non si era astenuto sul voto alla bozza di risoluzione Usa al Consiglio di sicurezza Onu, comunque destinata a non passare per il veto russo. Al contrario, mercoledì scorso, Israele ha addirittura co-sponsorizzato la risoluzione di condanna dell'Onu. Cos'è accaduto nel frattempo? Israele ha scelto fra il cuore e la mente e ha deciso per quella cosa strana che si chiama «essere dalla parte giusta della storia». Ma non è stato facile, perché Israele è in un'autentica tenaglia. Dal 2015, dopo la fuga di Obama, i russi si sono presi la Siria, salvando Assad e fornendo un riparo agli iraniani e a Hezbollah.

Vladimir Putin, Russia's resentful leader takes the world to war |  Financial Times
Vladimir Putin in una caricatura

Di fatto, quindi, Israele confina con la Russia, ed è grazie all'accordo con Putin che quel confine non è un inferno. Senza, Israele non potrebbe neutralizzare le basi militari e missilistiche e i trasporti di uomini e armi che i suoi peggiori nemici compiono a pochi chilometri da Gerusalemme, e Israele sarebbe bombardata ovunque dal confine. Parallelamente, gli Stati Uniti richiedono oggi a Israele uno schieramento assoluto: dalla Guerra dei Sei Giorni gli Usa sono il maggiore referente strategico, nonché un partner militare e un finanziatore. Un prezzo però c'è: l'associazione di Israele agli Usa nella mentalità comune è costata non poco sul piano ideologico, suggerendo che Israele sia il «piccolo Satana» al servizio di quello grande, colpevole di imperialismo e malefatte mondiali. Ma l'alleanza è vitale. La Cnn, pilastro dell'informazione antisraeliana, ha ripetuto che Israele non si univa la blocco antirusso; per molti si sarebbe anche rifiutato di fornire il sistema missilistico Iron Dome a Kiev, cosa impossibile per i tempi lunghissimi e l'indispensabile assenso americano. Il governo è restato in equilibrio con un gioco delle parti fra Naftali Bennett e Yair Lapid, ministro degli Esteri, ma oggi ogni leader israeliano condanna in ogni discorso Putin: il sentiero della prudenza era troppo stretto anche se vitale, soprattutto quando entra in gioco il nucleare. Israele ha un reattore a Dimona, inoltre Putin è alleato dell'Iran, osservato speciale ai colloqui di Vienna, dove la minaccia nucleare di Teheran rischia di passare sotto traccia. Eppure Israele ha scelto di condannare la Russia, dove tra l'altro vivono un milione di ebrei. E di farlo nonostante il pesante ruolo degli ucraini nella Shoah, dall'eccidio di Babyn Yar ai nazionalisti di Stephan Bandera che collaborarono con i tedeschi. Tuttavia Israele oggi aiuta gli ucraini in ogni modo: Putin è imprevedibile, ma l'Ucraina oggi ha le stesse ragioni per cui Israele resta democratica anche quando è in guerra.

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