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Il Giornale Rassegna Stampa
04.03.2022 Ucraina: dietro le barricate della città fantasma
Commento di Fausto Biloslavo

Testata: Il Giornale
Data: 04 marzo 2022
Pagina: 5
Autore: Fausto Biloslavo
Titolo: «Dietro le barricate della città fantasma»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 04/03/2022, a pag.5, con il titolo 'Dietro le barricate della città fantasma' l'analisi di Fausto Biloslavo.

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Fausto Biloslavo

Ucraina, ai profughi l'Europa garantirà una forma di protezione mai usata  prima (e che voleva cancellare):

La fila di prigionieri con le mani legate dietro la schiena spunta dall'ultima barricata, con i tronchi d'albero appena tagliati e messi di traverso in mezzo alla strada prima di Irpen, la cittadina alle porte di Kiev minacciata dalle truppe russe. Un militare col dito sul grilletto scorta i cinque «russi», secondo lui, nelle retrovie dove verranno interrogati come sospetti sabotatori. Il primo segnale che il fronte a nord della capitale è duro. Il secondo sono i colpi di artiglieria in partenza a cominciare da una batteria multipla ucraina nascosta da qualche parte. Si sentono distintamente i sibili continui e micidiali dei razzi che partono verso le postazioni nemiche. E i russi rispondono sempre con l'artiglieria. «Giornalista, mettiti l'elmetto e stai al coperto. Oggi arrivano meno granate, ma non si sa mai. Stiamo evacuando i civili», spiega un militare ucraino in perfetto inglese. Un autobus giallo è zeppo di sfollati.

Dietro i finestrini appannati i volti sono tristi e tesi. Quasi tutte donne e bambini perché gli uomini li hanno portati in salvo e sono tornati a combattere per difendere la propria casa. L'ultimo posto di blocco è a 6 chilometri dai russi e a 25 da piazza Maidan nel centro di Kiev. Un ufficiale ucraino ci accompagna a piedi verso quello che resta del ponte che unisce Irpen alla regione della capitale. «Hanno lanciato dei missili dalla Bielorussia per distruggerlo», dichiara convinto, ma sembra che siano stati gli stessi ucraini a farlo saltare in aria per rallentare i russi. La scena è da girone dantesco: il ponte si è afflosciato spezzandosi come un grissino su tutte e due le grandi carreggiate. Un pulmino bianco è caduto nel vuoto restando impalato sul cemento crollato nel fiume. E non molto lontano si alzano larghe colonne di fumo nero della battaglia in corso nonostante i corridoi umanitari. I dannati sono i civili che scappano disperatamente dai combattimenti. Una mamma aiuta la figlia con il gatto in braccio a passare in mezzo ai resti del ponte attraversando una fragile passerella in legno sul fiume. Altri sfollati arrivano e fanno difficoltà a trascinare i trolley nel fango. Volontari che portano medicinali o viveri assieme a militari che vanno di fretta passano in senso inverso verso la linea del fronte. E noi dietro, mentre il rombo dell'artiglieria si fa sempre più vicino. Dall'altra parte ci sono diverse macchine, alcune abbandonate di chi scappava dai bombardamenti. Degli ucraini stanno caricando su un furgoncino blu sacchi e scatoloni di viveri portati a spalla oltre il ponte che non esiste più. «Siamo giornalisti. Possiamo venire con voi?».

Prima ci guardano come dei marziani, ma poi Fedir, che di mestiere fa il manager, ci fa salire spiegando «che andiamo a distribuire viveri e medicinali alla popolazione chiusa da giorni nei rifugi». Irpen è deserta e nell'aria si respira la tensione dei bombardamenti. I volontari dell'Ucraina occidentale non hanno paura di beccarsi una granata, ma si muovono in fretta consapevoli che la zona è pericolosa. Il primo rifugio è un dedalo di stanze dove ci guida un nugolo di bambini. Una giovane donna piange disperata parlando con qualcuno al telefonino. Altre ci ringraziano che siamo venuti a documentare questa tragedia nel cuore dell'Europa. Un'anziana si dispera allargando le braccia: «La scorsa notte le bombe si sono portate via la mia nipotina a Gastomel. Aiutatemi, vi prego, ci sono ancora dieci bambini da salvare». A Bucha, cinque chilometri più avanti, sono stati filmati con il telefonino i primi soldati russi con la fascia bianca distintiva attorno al braccio. Ogni trasferimento è un terno al lotto con le cannonate sempre più vicine. All'ingresso del bunker, stile seconda guerra mondiale, i volontari corrono per non beccarsi una granata. Sottoterra centinaia di persone bivaccano per terra una pigiata all'altra in condizioni al limite. «Siamo terrorizzati - racconta Max un giovane con accento americano -. Ogni giorno speriamo in buone notizie che non arrivano. Temiamo di restare tagliati fuori (dall'avanzata russa, nda). Vogliamo solo la pace». La corsa della speranza sul fronte non è ancora finita quando incrociamo una lunga colonna di automobili, cariche di civili, che sono saltati fuori dai bunker dopo aver sentito che è stata concordata l'evacuazione dei civili. Una volta tornati al ponte distrutto i militari ucraini stanno prendendo posizione. Gli ufficiali urlano gli ordini come se attendessero un attacco russo. Un giovane soldatino si piazza per terra puntando il lancia granate. La gigantesca colonna russa a 25 chilometri da Kiev è ancora ferma alle porte della capitale.

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