L'Anpi, la guerra di Putin e l'Occidente
Analisi di Maurizio Pieri
Il presidente dell’ANPI Gianfranco Pagliarulo mitiga con la sua affermazione la posizione iniziale dell’associazione di quelli che ritengono essere gli eredi dei combattenti partigiani che hanno combattuto il nazifascismo. Da Repubblica 28/2/2022: “L’Anpi condanna in modo fermissimo la guerra di Putin: siamo impegnati a organizzare una manifestazione nazionale per la pace. Ma no, non faccio alcuna autocritica a proposito dell’allargamento a est della Nato. Rifiutarsi di comprendere quanto sta accadendo nel suo complesso è stupido”.
Gianfranco Pagliarulo
Ma Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Associazione dei partigiani, contrattacca. E lancia un appello al governo italiano, affinché fermi una escalation di guerra e “eviti di mandare armi all’Ucraina”. La sostanziale ambiguità non è certo quella di vestirsi della bandiera della Pace, chi non lo è, ma quella di vestirsi di quella partigiana quando, per ovvia data di nascita, le dichiarazioni dell’ Anpi provengono da chi non mai combattuto il fascismo ed ha sempre espresso nelle azioni e nelle idee una posizione filocomunista ed antioccidentale. Se infatti si riconosce l’autodeterminazione di un popolo, si deve anche riconoscere che l’espansione della Nato ad oriente è il legittimo rivolgersi all’occidente democratico di quei paesi che hanno conosciuto e subìto il comunismo. Il pregiudizio antioccidentale è nelle stesse parole del suo presidente, dal momento che egli vede nell’occidente una sorta di “sotterraneo corruttore” di paesi ex satelliti sovietici, che nel loro spostamento verso le agognate democrazie occidentali avrebbero provocato una chi sa quale ferita narcisistica al Ras Putin, inducendolo a invadere un popolo inerme, con carri armati, missili e bombe a grappolo, provocando morte e distruzione di bambini, donne ed uomini inermi.
Capisco che il “grande Satana” è per un comunista quale Gianfranco Pagliarulo l’occidente, ma questo non può portare ad un’obnubilazione ideologica che cancelli l’immagine di un dittatore retto da un’oligarchia arricchitasi ai danni del popolo russo, di uomini e donne che se solo azzardano a manifestare il loro dissenso finiscono in carcere o sottoterra. Siamo di fronte ad un sistema autoritario assolutamente indifferente alle sofferenze umane, nel cinismo e l’onnipotenza di un dittatore, al quale abbiamo mostrato già troppa debolezza. Il vero problema al Nostro “mai combattente partigiano” è che il vero confronto di questo millennio, appena iniziato, è lo scontro tra modelli socio-politici: da una parte i modelli democratici condizionati dal consenso, dall’altra Russia e Cina che non possono essere permeabili all’altro modello, col rischio di una crisi interna, vissuta ancor più con paranoicità dai propri solitari autocrati. Sono ebreo perché figlio di un’ebrea e di Marcello, nome di combattimento di un comandante della Spartaco Lavagnini, ho conosciuto, poiché amici di famiglia: Giotto Ciardi (medaglia d’oro della resistenza), Rino Pachetti (medaglia d’oro della resistenza) ed altri decorati, veri combattenti, i quali hanno combattuto in diverse formazioni partigiane e di diversa ideologia, ma uniti e pronti a sacrificare la vita attorno alla difesa della Libertà e della Giustizia. Oggi, “senza se o senza ma” è il momento, come fu per quei giovani, di scegliere e difendere un modello socio-politico contro il cinismo delle dittature e la loro sete di conquista. L’ambiguità per chi ingiustamente si ammanta della bandiera partigiana è solo fonte di vergogna e la voce di quegli uomini, oggi, sarebbe unica, lottare contro le dittature per la loro stessa natura a prescindere dall’ideologia ispiratrice.
Maurizio Pieri