Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/03/2022, a pag.19 con il titolo 'Basta parlare russo la lingua è un’arma' l'intervista di Wlodek Goldkorn.
Wlodek Goldkorn
Yuri Andrukhovych
Yuri Andrukhovych ha sessant’anni, è scrittore, poeta, musicista, intellettuale molto ascoltato in Ucraina. I suoi libri sono stati tradotti in inglese, tedesco, polacco. In italiano è stato pubblicato un solo suo romanzo, Moscoviade , con l’editore Besa. È nato e vive a Ivano Frankivsk – una città che fino alla Prima guerra mondiale apparteneva all’Impero asburgico, dal 1918 e fino al 1939 alla Polonia, poi all’Unione sovietica e oggi fa parte dell’Ucraina. «Sono a casa, nel mio studio», dice via Skype, «la situazione qui è stata difficile il primo giorno della guerra, il 24 febbraio, quando il nostro aeroporto è stato bersaglio di missili russi. Ma ora, a differenza del resto del Paese, c’è una relativa calma, dalle nostre parti. Porto il mio cane a passeggio nel parco. Abbiamo molti profughi: dall’Est, dal Nord e dal Sud dell’Ucraina. Ma siamo ben organizzati. Riusciamo ad aiutarli ».
L’Ucraina è un Paese dove la gente parlava due lingue, alcuni autori scrivevano in russo, e lo stesso presidente Zelensky in famiglia usava quella lingua. Può spiegare cos’è l’identità ucraina? «Prima di tutto è la disponibilità a difendere il Paese. Oggi tutta la società combatte contro l’invasore. La solidarietà fra le varie regioni è forte ed è molto visibile. E non ha senso parlare della divisione fra le regioni dell’Est e quelle dell’Ovest, come spesso fate in occidente. Siamo un popolo unito. E per quanto riguarda la lingua. Credo che nel prossimo futuro tutti gli ucraini comunicheranno in una sola lingua: l’ucraino. Molte persone che fino a ieri parlavano russo dichiarano, specie sui social , che dal 24 febbraio non lo parlano più. Più Putin dice che noi non esistiamo come nazione più forte è la volontà di dimostrare che lo siamo».
Rinunciare al bilinguismo non è privarsi di una ricchezza? «Sì. Lo è. Ma oggi rinunciare al russo è un mezzo di lotta. Non solo per la pesante eredità sovietica, e zarista, quando il russo era imposto dal potere imperiale, ma pure per motivi contingenti. Il russo è un’arma nelle mani di Putin. La lingua ucraina è un’arma contro Putin».
Poi c’è Kiev, città che ha caratteristiche di eternità: le lingue cambiano, la città resta. Nel Settecento le élite parlavano polacco, nell’Ottocento russo, ora ucraino. «Guardi che la discussione sulla lingua non ci porterà lontano».
E allora cambiamo argomento. Parte dell’identità di ciascun popolo è la discussione sulla memoria. Nei primi anni Trenta, l’Ucraina subì politiche di Stalin, che portarono alla carestia, a quel fenomeno che in ucraino si chiama Holodomor (morte per fame), con milioni di vittime. Non se ne poteva parlare ai tempi dell’Urss. Ma anche nell’Ucraina indipendente ci si vergognava. Era la vergogna delle vittime. «Direi che comunque, alla fine degli anni Ottanta, ai tempi di Gorbaciov, ne abbiamo cominciato a parlare. Oggi Holodomor è uno dei temi centrali del pubblico dibattito. È in corso una discussione molto accesa sul numero delle vittime. C’è chi dice che siano state dieci milioni. Ma gli storici seri dicono che non abbiamo bisogno di una specie di “competizione internazionale” sulla quantità delle vittime. Dai documenti risulta che è corretto parlare di tre milioni e mezzo o quattro milioni di morti. Soprattutto non è più oggetto di contesa la questione se si trattasse o meno di un genocidio. Lo era. Ogni famiglia ucraina ne hamemoria».
Dieci anni dopo Holodomor, l’Ucraina diventa uno dei teatri principali della Shoah. Ai tempi del regime comunista non se ne poteva parlare. Ma resta il fatto che tanti ucraini collaborarono coi nazisti. «Oggi liberamente affrontiamo la questione. Certo, la responsabilità per la Shoah non ricade sull’Ucraina intesa come nazione, ma sicuramente c’è la corresponsabilità per le gesta dei collaborazionisti».
Zelensky ha chiesto l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue. Ursula von der Leyen è favorevole. «Se perdiamo contro Putin, l’Europa intera è in pericolo. Vorrei aggiungere una parola di lode per il presidente Zelensky. Non ero un suo fan. Avevo una fantasia: il primo giorno dell’invasione il presidente spariva. Invece si è rivelato un uomo integerrimo, bravissimo. Gli devo le mie scuse per quella fantasia».
La realtà è più forte dell’immaginazione di uno scrittore. E il prossimo futuro? «Molti soldati russi scappano. Manca loro la motivazione per combattere. Un’ondata di protesta in Russia comincerà presto, appena i russi appunto sapranno tutta la verità e non solo la versione propagandistica, su questa guerra. Sarà la fine del potere di Putin».
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