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Libero Rassegna Stampa
03.01.2003 Buoni e solidali: ecco la fine che si fa
Gli aiuti (enormi) che vengono raccolti per i palestinesi spariscono nella corruzione del regime di Arafat

Testata: Libero
Data: 03 gennaio 2003
Pagina: 12
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Arafat truffa miliardi alle spalle dell'ONU»
Rubano gli aiuti umanitari ai poveri per rivenderli ai ricchi.
I medicinali spediti da mezzo mondo per il popolo palestinese vengono
rivenduti al mercato nero e vanno a finire fin dentro le farmacie degli
arabi israeliani a Tel Aviv.
Storia di un'altra gigantesca truffa degli uomini di Arafat che, oltre ai
soldi degli aiuti provenienti dall'Europa, dagli Usa, dai paesi arabi e
dallo stesso stato di Israele (qualcosa come 2 mila miliardi di vecchie lire
annue), adesso hanno messo le mani sugli aiuti umanitari, un budget di quasi
500 milioni di dollari l'anno che passano anche attraverso l'organismo
apposito delle Nazioni Unite, l'Unrwa (United nations reliefs and work
agency) già al centro di molte polemiche per il sostegno oggettivo dato da
alcuni suoi collaboratori di nazionalità araba al terrorismo palestinese.
Il nuovo scandalo , paragonabile a quello della "missione Arcobaleno" ma
mille volte più consistente , è esploso nei giorni scorsi dopo che il sito
internet dell'esercito israeliano ha messo in rete sei documenti (il più
recente del giugno di quest'anno, altri addirittura risalenti al 1996)
sequestrati lo scorso dicembre in una delle tante incursioni effettuate a
Gaza, nel quartiere generale della polizia di sicurezza dell'Anp.
Sono lettere di un carteggio molto più corposo in cui alcuni uomini della
commissione sul controllo della cosa pubblica nei territori occupati
chiedono conto allo stesso Arafat di come sia possibile che in alcune
farmacie israeliane, prevalentemente gestite dagli arabi di nazionalità
israeliana, siano messi in vendita sotto costo prodotti medicinali, anche
scaduti, con ancora apposta l'etichetta Unrwa che contraddistingue gli aiuti
umanitari. La storia va avanti dal 1996 e ha subito uno stop solo con lo
scoppio della seconda intifada allorchè Gerusalemme ha cominciato a negare
i permessi ai commercianti palestinesi che si recavano per affari in
Israele.
Addirittura imbarazzante la risposta scritta di pugno da Arafat in data 10
giugno 2002: "non ne sappiamo niente, ma controlleremo ".
Ma già in una lettera spedita nell'agosto del 1996 al fratello di
Arafat, Mussa, uomo messo a capo dell'intelligence dell'Olp dell'epoca, si
fa cenno a una situazione che "si sta complicando perchè nessuno rispetta
gli ordini di Arafat".
Nell'occhio del ciclone, come presunto responsabile della sparizione di
interi colli di medicinali e di altri generi di prima necessità, c'è il
ministro dell'approvvigionamento del governo provvisorio dell'Anp, Abu Ali
Sha'in, che a Gaza chiamano affettuosamente "ministro dei ladri". Un altro
nome noto che compare in questa storia è quello di Amid Fuhad Shubaki, capo
della polizia preventiva di Arafat già implicato nel traffico d'armi della
nave iraniana Karine A.
Secondo i documenti messi in rete da Tsahal la soluzione allo scandalo
architettata per "salvare il buon nome dell'Autorità palestinese" sarebbe
stata la seguente: per ordine di Arafat tutti i prodotti contrassegnati dal
marchio Unrwa vanno requisiti al mercato nero e di nuovo ridati al
ministero di Abu Ali Sha'in che provvede a redistribuirli. In pratica gli
aiuti giocano a ping pong con chi li ha sottratti e venduti al mercato nero
una prima volta che si vede così autorizzato a sequestrarli e a rivenderli
una seconda .
Per di più i commercianti, in una lettera allegata ad altro documento
ufficiale spedito dal capo dell'autocontrollo pubblico palestinese Jarar
Nahman Al Kidwa ai capi dell'Anp nel novembre del 1996 dopo la geniale
soluzione architettata da "Arraffat", avevano protestato più o meno così:
"avevamo chiesto che cessassero le ruberie, non che ci sequestraste la roba
che uomini armati dell'Anp ci avevano venduto per buona dopo averla
rubata".




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