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La Repubblica Rassegna Stampa
25.02.2022 Russia: assalto alla democrazia
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 25 febbraio 2022
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Assalto alla democrazia»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/02/2022, a pag. 1, con il titolo "Assalto alla democrazia", l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

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Ogni grande potenza ha interessi da difendere e ambizioni da coltivare. E la Russia non fa eccezione. Ma Putin avrebbe potuto perseguire questi obiettivi facendo leva su economia e geopolitica: invece ha scelto la via militare aggredendo l’Ucraina come vittima sacrificale, per far sapere a Usa e Ue che le regole del gioco in Europa ora le decidono i suoi carri armati. Al momento non sappiamo con certezza cosa lo ha portato ad accelerare la sfida militare all’Occidente — dopo gli interventi in Georgia nel 2008 ed in Crimea nel 2014 — ma è legittimo supporre che possa essere stata la rovinosa ritirata Nato da Kabul, lo scorso 31 agosto, a fargli credere che il declino dell’Occidente fosse oramai inesorabile. Questo scenario può spiegare il ricorso alla soverchiante forza militare accumulata contro l’Ucraina — oltre 200 mila soldati, con migliaia di mezzi blindati, centinaia di aerei e flotte navali al gran completo, ovvero la più grande armata vista in Europa dal 1945 — al fine non solo di trasformare la sovranità di Kiev in vassallaggio ma di dimostrare agli altri Paesi dell’Europa dell’Est chi è la nuova vera superpotenza sul continente. Questo spiega perché Usa ed Europa temono che l’Ucraina sia solo il “colpo di inizio” di un’offensiva militare più pericolosamente ambiziosa, tesa a minacciare — grazie alla piattaforma bielorussa — anche i tre Paesi Baltici e la Polonia perché questi sono i territori Nato che confinano con la Russia. Da qui la decisione del presidente Usa, Joe Biden, di rafforzare il dispositivo Nato nel Baltico ed in Polonia per dimostrare quella che il politologo Michael O’Hanlon della Brookings Institution definisce « resolute restrain » ovvero «determinata deterrenza» al fine di ostacolare i piani offensivi del Cremlino.

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Vladimir Putin

Ma l’arsenale russo può mettere in difficoltà l’Occidente non solo con armi convenzionali e test nucleari bensì anche con «misure che non avete mai visto», come lo stesso Putin ha detto per ammonire a non aiutare la resistenza ucraina. Per provare ad indovinare quali potrebbero essere basti pensare all’instabilità della Bosnia Erzegovina, alla pericolosa non-pace fra Serbia e Kosovo, ai cinque milioni di profughi ucraini che minacciano di riversarsi sull’Europa occidentale o al rischio di inediti attacchi cibernetici contro le infrastrutture strategiche e civili dei Paesi dell’Alleanza.

È la somma di tali rischi il motivo per cui il presidente ucraino Volodymyr Zelensky parla di una «nuova cortina di ferro che è calata sull’Europa», per far capire che la sfida di Putin alla sovranità di una democrazia indipendente del Vecchio Continente cambia drammaticamente le regole del gioco fra Mosca e gli alleati. Con la capitale Kiev nel mirino dell’offensiva di terra russa, resta da vedere se gli ucraini resisteranno o meno: la carenza di opposizione può aiutare Putin ad eseguire un rapido cambio di regime per instaurare un fedele autarca, sul modello del bielorusso Alexander Lukashenko, e quindi la nascita di una zona cuscinetto per avere libero accesso all’Europa dell’Est come al Mar Nero. Se invece gli ucraini non si piegheranno, per Putin si aprirà uno scenario di resistenza tale da evocare il fantasma delle feroci guerre balcaniche. Mettendo a dura prova il suo progetto ideologico panrusso. In attesa di sapere cosa avverrà sul terreno, la prima sorpresa per Putin arriva dalla convergenza di posizioni ed intenti fra Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Unione Europea, accomunati non solo nell’adottare le sanzioni economiche ma anche nel linguaggio politico per difendere la «democrazia ucraina» ed un «governo liberamente eletto» denunciando l’aggressione russa come una «violazione della Carta dell’Onu». Ovvero, se il Cremlino puntava a scompaginare la Nato con una diplomazia pre-blitz fatta di alterne aperture a Parigi, Berlino e Washington l’esito al momento è stato l’opposto. Anche perché il presidente americano Joe Biden si è trovato servita su un piatto d’argento una crisi che sembra ritagliata su misura — la difesa di una democrazia aggredita con le armi — per riprendersi velocemente dal ritiro afghano, potendo guidare una Nato coesa come durante la Guerra Fredda ed anche un Congresso di Washington in formazione bipartisan dietro la Casa Bianca, come non avveniva da molti anni. Inizia così il primo vero scontro diretto del XXI secolo fra le democrazie ed un’autocrazia con ambizioni globali.

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