Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/02/2022 a pag.23 con il titolo Auster: 'Sembra il ’39 Putin è come Hitler' l'intervista di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Paul Auster
Sulle prime Paul Auster è restio, e si capisce. Perché la sua famiglia è originaria delle regioni minacciate ora da Putin, e quindi l’invasione dell’Ucraina ha un impatto emotivo su di lui, oltre che geopolitico. Proprio per questo, però, alla fine si lascia andare ad un commento raggelante: «Sembra di respirare l’aria del primo settembre 1939», ossia l’invasione nazista della Polonia che aveva scatenato la Seconda guerra mondiale. Per ironia della sorte, Auster aveva affrontato questi temi con un saggio per il New York Times Magazine , in cui notava come le rivalità calcistiche avevano quasi soppiantato quelle nazionalistiche: «Per fortuna, c’è stata pace tra le maggiori potenze europee dalla fine della Seconda guerra mondiale. Ciò non significa che si piacciano e non significa che la carneficina sia finita ovunque, ma per una volta sembra che la stragrande maggioranza degli europei abbia trovato il modo di odiarsi senza farsi a pezzi. Questo miracolo va sotto il nome di calcio». Quindi aveva proseguito: «I paesi ora combattono sul campo di calcio con eserciti surrogati in pantaloni corti. Dovrebbe essere un gioco, e dovrebbe essere divertente, ma un ricordo inquietante di antagonismi passati aleggia su ogni partita, e ogni volta che viene segnato un gol, si sente l’eco di vecchie vittorie e vecchie sconfitte». Epperò era pur sempre meglio dei veri conflitti armati e sanguinosi del nostro passato: «Sì, sono a conoscenza dei teppisti del calcio e conosco le rivolte avvenute in Francia durante i Mondiali. Tuttavia, siamo in grado di contare le vittime sulle dita delle nostre due mani. Una generazione fa, li contavamo a milioni».
Era il 1999, ma adesso con i carri armati russi che marciano verso Kiev sembra un’era lontana e purtroppo superata dai rigurgiti della storia. Come giudica quello che stiamo osservando in diretta televisiva? «Lo sto seguendo con grande attenzione e molto da vicino, ma devo ancora imparare i dettagli».
Aldilà delle valutazioni militari o geopolitiche, la guerra torna nel cuore dell’Europa. Non sono le regioni da cui era scappata la sua famiglia verso gli Stati Uniti, proprio per sfuggire agli orrori che avevano insanguinato il Vecchio continente per secoli? «Sì, è vero. La mia famiglia veniva dall’altra parte dell’Ucraina, non quella attaccata ora nel Donbass. Stava nella regione occidentale, quella che era appartenuta all’Impero prima austroungarico, e poi alla Polonia, ma ora è parte dell’Ucraina. È incredibile vedere questa storia che si ripete».
La guerra è tornata nel cuore dell’Europa, dicevamo. «È terribile, terribile. Ti riporta alla mente il primo settembre del 1939. Sembra di respirare ancora quell’aria. Credo sia quanto tutti noi stiamo vivendo».
L’atteggiamento di Putin, anche se dice di voler “denazificare” l’Ucraina, ricorda l’aggressione di Hitler? «Sì, esatto».
E può finire come lui? «Spero solo che Putin paghi per i suoi errori, e che l’invasione sia un tale disastro da impedirgli di conservare il potere. Dovrebbe essere la sua gente a mandarlo via».
Tenergli testa però richiede unità da parte degli occidentali, mentre l’ex presidente Trump dice che Putin è un genio. «Sì, certo, e questo è un commento che viene da una persona che aveva definito se stesso un genio molto stabile. Credo basti a darne il valore».
Però dimostra l’esistenza di divisioni reali, fra gli stessi americani e gli europei, su come rispondere a Putin. Così non siamo noi a dimostrare la debolezza che poi lo invita ad attaccarci? «È vero, ma finora gli alleati occidentali sono rimasti uniti nella risposta. Non sono emerse spaccature significative fra i governi, e le risposte sono state coordinate. Questo è l’elemento fondamentale per fermarlo».
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