Riprendiamo dalla REPUBBLICA online di oggi, 24/02/2022, con il titolo "Ucraina, i pacifisti italiani senza voce nel confronto Usa-Russia: “Stanchi e demoralizzati” ", il servizio di Corrado Zunino.
Corrado Zunino
pacifismo catto-comunista
ROMA - Pacifismo accennato, timido si può dire. Sulla facciata della residenza comunale di Rimini da ieri è esposta, al vento artico, la bandiera arcobaleno. Andando a ritroso, sabato scorso il Padre delle periferie del mondo, Alex Zanotelli, comboniano, ha radunato con un megafono in Largo Berlinguer vecchi attivisti di Napoli: "I governi dovrebbero considerare la guerra un tabù alla stregua dell'incesto", ha detto, "e cancellarla dalla faccia della terra". Giovedì, prima di tutti, la Comunità di Sant'Egidio ha riempito Piazza Santi Apostoli, Roma: luci dello smartphone accese con un tempo instabile. "Vogliamo andare avanti nei prossimi giorni". La Tenda della pace a Messina. I sindaci del Fiorentino, da Fiesole a Campi Bisenzio. Lodevole, ma limitato. Oggi quel movimento che nutrì gli anni a cavallo del Duemila appare residuale. Le bandiere del 2003 non si vedono ai balconi dei civili italiani e i tre milioni che assediarono la capitale contro l'inganno della guerra a Saddam sono una storia lontana. La domanda, cattiva, insegue le anime belle di allora: dov'è il pacifismo nel 2022 quando i carrarmati di Putin sono nel Donbass? E, soprattutto, dove sono i pacifisti? "La domanda è, in verità, posta male", esordisce Cecilia Strada, responsabile della comunicazione di ResQ, figlia del medico Gino e dei suoi insegnamenti: "La guerra non è la soluzione, è la malattia", diceva. Oggi Cecilia dice: "I pacifisti sono qui e tutti i giorni provano a cambiare la cultura che porta alle guerre. Non escono da un armadio ogni volta che c'è un nuovo conflitto, ma bisogna mettere un microfono davanti alle loro bocche, accendere una telecamera sui loro visi. Siamo negli ospedali nelle zone più difficili, andiamo nel Mediterraneo a salvare vite e nelle scuole a parlare di Costituzione. Certo, tutto è più difficile di vent'anni fa, allora non si metteva in discussione il salvataggio di un uomo in mare. E così è cambiata la percezione di una guerra. Forse in questo raggelamento delle coscienze c'è la frustrazione nel constatare che non siamo mai riusciti a impedire un conflitto e che molti politici che stavano con noi, vent'anni dopo sono alfieri del "peacekeeping", le missioni militari a fini umanitari. Sì, la pandemia ha ristretto i nostri orizzonti, quando avrebbe dovuto allargarli".
Angelo Pezzana
Angelo Pezzana, già radicale, fondatore del Fuori, sostiene che questo pacifismo non è più niente e che dopo ottant'anni di pace "non è abituato, così come le nostre democrazie, a combattere i dittatori alla Putin". Un arnese pacifista di quegli anni in continua mobilitazione è Don Vitaliano Della Sala, parroco di Mercogliano, provincia di Avellino. Diceva messa ai ragazzi antagonisti che con le gambe sui binari fermavano "i treni della morte". Adesso, con la solita sincerità, dice: "Quel mondo lì, il pacifismo antagonista, oggi fatica a schierarsi contro Putin perché dovrebbe dar ragione agli americani. La verità è che è cambiato un modo di sentire, si è allargato il disinteresse. Nessuno crede davvero che il conflitto in Ucraina possa coinvolgerlo. È difficile persino organizzare una veglia per l'Ucraina in chiesa, anche se molte badanti sono nostre fedeli. Il pacifismo ha preso colpi pesanti. Ricordo quei tempi. Il G8, poi le Torri gemelle. O stavi con lo Stato o con i terroristi. La marcia di Firenze, le bandiere sui balconi, i tre milioni di Roma. E poi la guerra in Iraq è esplosa comunque, un mese dopo. L'idea di essere inutili ti cambia. Il papa, a volta, sembra solo. Io prego ogni domenica contro il conflitto in Ucraina, ma la gente non sembra preoccupata". Reduce di quel racconto contro le guerre permanenti è Luca Casarini, nel luglio 2001 voce delle Tute bianche, schiantate anche loro a Genova. "Considero una sciagura il fatto che il mondo non abbia un attivismo pacifista come quello che ho conosciuto io, un'opinione pubblica reattiva. Quella presenza forte non impediva che le guerre accadessero, ma era utile per la formazione di una coscienza. Ci vuole una critica nelle piazze, non si può delegare tutto a un'opinione digitale. Oggi non mancano le informazioni sulla guerra, mancano le persone in strada che fisicamente ci si oppongono. Il conflitto in Ucraina è disumano e il pacifismo dei corpi è potente, ma oggi noi siamo vecchi insieme al nostro corpo e al massimo possiamo istigare una diserzione, così come tutti i giorni facciamo i "passeur" con i migranti. Certo, non combatteremmo mai con le truppe della Nato, ma nessuno può dirci che stiamo con lo zar Putin. Noi pacifisti se vivessimo in Russia saremmo già in carcere".
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