Dobbiamo intensificare la lotta contro l'odio anti-asiatico in America
Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Di recente, una sera stavo viaggiando sulla metropolitana di New York in una vettura quasi vuota: c’eravamo solo io, una donna con suo figlio e due uomini. Mi ero appena seduto, e mi resi subito conto che uno degli uomini, un ragazzo che indossava una tuta da ginnastica, con la corporatura possente da lottatore di arti marziali miste, stava lanciando orrende invettive razziali contro l'altro, seduto di fronte, che pareva essere un cinese di mezza età. “Voi siete come fottuti topi”, ringhiò. “Voi siete un fottuto veleno. Sporca gente di merda!” Poi il primo uomo si alzò, sovrastando la sua vittima. Sputò addosso al cinese tremebondo prima di prendere a calci con forza bruta i sedili vuoti ai suoi lati. Temendo un'imminente aggressione fisica sono intervenuto, interponendomi tra loro due in modo che il cinese rimanesse protetto alle mie spalle. Fortunatamente pur essendo stato oggetto di una sfuriata di abusi verbali da parte di quell'uomo sempre più rabbioso, non mi è arrivata nessuna violenza reale. Quando, dopo quella che mi parve un’eternità, siamo giunti alla stazione successiva, ho scortato rapidamente il cinese fuori dal treno mentre il nostro ex avversario continuava a urlare insulti e ad agitare furiosamente i suoi pugni contro di noi. Una volta al sicuro sulla banchina, ho chiesto all'uomo se stava bene e se aveva bisogno di aiuto per raggiungere la sua destinazione. Lui però non parlava una parola di inglese, e quindi non siamo stati in grado di conversare. Tuttavia prima di andarsene, mi ha stretto in un abbraccio, che non mi vergogno a dirlo, mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. Quando in seguito ho riflettuto sull'incidente, mi sono reso conto che ciò che mi aveva colpito così profondamente è stato il paragone usato nei confronti del popolo cinese con i “topi” e il “veleno.”
Questi sono termini a cui gli ebrei sono stati fin troppo abituati nel corso della loro storia, dalla “calunnia del sangue” e le accuse di avvelenamento dei pozzi durante il Medio Evo fino al programma razziale genocida della Germania nazista. Con l'insorgenza del coronavirus, sono emerse allusioni analoghe nei confronti dei cinesi, trasformando le legittime preoccupazioni su quanto il regime comunista cinese sapesse delle origini del virus, in memi razzisti tipo “Kung Flu”, che hanno in pratica preso di mira chiunque avesse un aspetto asiatico. Ed esattamente come c'è stata un'ondata di antisemitismo innescata dalla pandemia, così è stato per il razzismo nei confronti degli asiatici. Le falsità e le accuse rivolte a entrambe le comunità, le hanno rese colpevoli di aver segretamente diffuso il COVID-19 su un mondo ignaro e di aver beneficiato materialmente e politicamente della propagazione della pandemia, oltre ad originare messaggi più crudi secondo cui le morti di ebrei e cinesi a causa del virus sono un gradito risultato. L'antisemitismo e il razzismo non si limitano mai alla sola retorica; le parole odiose sono inevitabilmente accompagnate da atti violenti.
A New York City, nel 2021 c'è stato un aumento del 361% dei crimini ispirati dall'odio contro gli asiatici. A livello nazionale, la cifra è aumentata del 339%, con un numero record di crimini ispirati dall'odio anti-asiatico segnalati in città come San Francisco e Los Angeles. In alcuni casi, i risultati sono stati fatali, come ad esempio nel marzo del 2021, con l'omicidio nei dintorni di Atlanta di otto persone, sei delle quali asiatiche, da parte di un uomo armato, appartenente ai suprematisti bianchi. Solo domenica scorsa, Christina Yuna Lee, una donna di 35 anni - la donna coreano-americana che era attiva nella lotta contro l'odio verso la comunità asiatica - è stata brutalmente pugnalata a morte da un intruso che l'aveva seguita nel suo condominio a Lower Manhattan. Pochi giorni dopo, si era improvvisata una cerimonia in memoria di Lee all’esterno della sua casa, con fiori, candele e cartelli che condannavano l'odio verso gli asiatici, e durante la notte dei vandali hanno distrutto tutto. Il padrone di casa di Lee, Brian Chin, ha detto al New York Post che aveva cercato di rimontare il memoriale come meglio poteva. “Cercano di oltraggiarla il più possibile, e noi come comunità siamo stufi, siamo arrabbiati e siamo stanchi di essere attaccati”, ha detto Chin. “Siamo stanchi di vedere questo odio e non ce la facciamo più a sopportarlo.” L'attacco al memoriale di Lee mi ha ricordato vilipendi simili avvenuti a Parigi, come quelli al memoriale di Ilan Halimi, il giovane ebreo francese rapito e assassinato da una banda antisemita nel 2006. Il memoriale di Halimi si trova in un piccolo giardino, il Jardin Ilan Halimi, che è stato più volte vandalizzato con graffiti antisemiti da quando è stato eretto nel 2015. Quasi esattamente un anno fa, quando una piccola folla di ebrei francesi si è radunata nel giardino per commemorare il 15° anniversario della sua morte, i sentimenti espressi da alcuni di loro erano simili a quelli del signor Chin a New York. “C'è la sensazione che sia stato tutto inutile, che non stiamo imparando nulla dal passato”, ha osservato un partecipante alla commemorazione di Halimi. Un altro ha rilevato che da quando Ilan Halimi è stato assassinato, altri ebrei francesi hanno perso la loro vita in attacchi antisemiti che coprono tutte le varietà degli attacchi, dalla violazione del domicilio in cui le vittime vengono derubate, picchiate e in qualche caso uccise. E proprio come l'antisemitismo è un fenomeno globale, così lo è il sentimento anti-cinese e anti-asiatico.
In altri Paesi di lingua inglese, c'è stata una sfilza di post sui social media relativi al “virus cinese”, mentre in molti Paesi asiatici con significative minoranze cinesi, come l'Indonesia e la Malesia, sia l'incitamento all'odio che la violenza razzista sono aumentati durante il pandemia. Allo stesso modo, entrambe le comunità sono state diffamate per la loro presunta situazione di “privilegio” proprio mentre soffrono di crimini ispirati dall'odio che stanno diventando sempre più comuni. Attualmente, gli avvocati asiatico-americani stanno portando alla Corte Suprema la loro battaglia nei confronti di due colleges d'élite - l'Università di Harvard e l'Università della Carolina del Nord - sostenendo che entrambi discriminano i candidati asiatico-americani assegnando loro un punteggio più basso in alcune materie mentre allo stesso tempo mostrano parzialità nei confronti dei candidati neri e ispanici. Un secolo fa, gli ebrei avrebbero raccontato una storia simile sulle principali istituzioni accademiche di questo Paese. Non esistono due forme di pregiudizio esattamente uguali, ma qualunque sia la differenza storica e di contesto nell’ambito della discriminazione incontrata dalla comunità ebraica e da quella asiatica, non c'è dubbio che in questo momento ebrei e asiatici dobbiamo essere stretti alleati. Alla fine di gennaio, John C. Yang, presidente e direttore esecutivo del gruppo no-profit per i diritti civili Asian Americans Advancing Justice (AAJC), ha affermato esplicitamente che le comunità che attivamente sostiene, accolgono la solidarietà di altri gruppi. “Da quando le nostre comunità asiatiche americane sono state attaccate, il supporto dei nostri alleati che rappresentano diverse comunità di colore e diverse comunità di fede, ha significato molto per noi” ha affermato Yang. Tale solidarietà deve intensificarsi. La realtà deprimente è che negli Stati Uniti nel 2022 l'antisemitismo e l'odio anti-asiatico stanno aumentando precipitosamente. Gli ebrei devono fare causa comune con gli asiatici americani per respingerli.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate