Elie Kedourie e le origini del nazionalismo Commento di Fiona Diwan
Testata: Bet Magazine Data: 18 febbraio 2022 Pagina: 23 Autore: Fiona Diwan Titolo: «Da Bagdad a Londra, Elie Kedourie indaga le origini del Nazionalismo»
Riprendiamo dal BOLLETTINO della Comunità ebraica di Milano, febbraio 2021, a pag.23, l'articolo di Fiona Diwan dal titolo "Da Bagdad a Londra, Elie Kedourie indaga le origini del Nazionalismo".
Fiona Diwan
Elie Kedourie
«Un’ideologia nazionalista non è di per sé una garanzia di prosperità, di buongoverno e men che meno di onesto governo», scriveva nel 1992 Elie Kedourie, filosofo politico e storico delle idee. E aggiungeva: il Nazionalismo non produce felicità né realizzazione spirituale, e nemmeno prosperità materiale ma, al contrario, un’oppressione mai sperimentata e una miseria senza pari. Ma come e quando nasce la nozione di Nazionalismo? Perché a partire da Kant e Fichte, l’Occidente si innamora dell’idea di autodeterminazione nazionale? Perché diventa un fenomeno così generale e onnipresente sia nel XIX sia nel XX secolo? A queste e altre domande cerca di rispondere Elie Kedourie, docente dal 1953 al 1990 alla London School of Economics di cui esce oggi in italiano l’interessantissimo saggio Nazionalismo (Liberilibri, pp. 195, 20,00 euro). Dal crollo della Jugoslavia al collasso dell’Unione Sovietica fino ai moderni Stati arabi nati nel Novecento, dal Caucaso all’Asia Centrale, Kedourie avanza una teoria che è anche un resoconto storico del nazionalismo come dottrina politica, come ideologia e nozione da analizzare e mettere in discussione. Ma dietro ogni teoria c’è una biografia, fa notare Alberto Mingardi, il curatore del volume e docente di Storia delle dottrine politiche allo IULM di Milano, a cui dobbiamo la cura e la traduzione del testo. È Mingardi stesso, nel suo mirabile e decisivo saggio introduttivo, a raccontarne l’avventura umana e intellettuale.
La copertina (Liberilibri ed.)
Nato il 26 gennaio 1925 a Bagdad col nome di Eliahou Abdallah Khedourie, il giovane Elie cresce in un’agiata famiglia sefardita che discende in linea diretta e ininterrotta dagli ebrei deportati a Babilonia da Nabucodonosor nel 597 AEV. Negli anni Quaranta, gli ebrei a Bagdad sono una presenza prospera, radicata, numerosa, 118.000 persone, un quarto della popolazione cittadina. La Bagdad ebraica è al passo con i tempi, vanta un’èlite culturale prestigiosa e all’avanguardia, il milieu intellettuale ebraico brulica di proposte e stimoli europei. Il Farhud, il pogrom nazionalista del 1-2 giugno 1941 e le leggi infami che seguiranno, cancelleranno una presenza ebraica antica di 2500 anni traumatizzando tre generazioni di ebrei che abbandoneranno tutto, retaggi culturali, case e palazzi, negozi e rigogliose attività. Kedourie fugge a Londra nel 1947. Ha 22 anni, è un fuoriclasse. Studia come un forsennato, inizia a scrivere, diventa docente alla London School of Economics, manda alle stampe libri fondamentali come England and the Middle East, Nationalism, Islam in the Modern World (1980). E poi Il labirinto anglo-arabo, considerato il libro-capolavoro del Kedourie orientalista (1976), testo in cui lo studioso butta giù dal piedistallo la figura di Lawrence d’Arabia, ridimensiona il senso di colpa dell’Occidente verso la propria presunta “rapacità coloniale” e rilegge in controtendenza, rispetto alla storiografia dell’epoca, l’accordo Sykes-Picot. Ma soprattutto, diventa uno tra i vari maitre a penser del governo conservatore di Margareth Thatcher, negli anni Ottanta, perfettamente immerso nel dibattito storico del momento: Elie Kedourie insieme a Lewis B. Namier sarà un fiero oppositore di Arnold Toynbee e di qualsiasi “teoria della storia”. Inoltre, Kedourie introduce la nozione di “dispotismo orientale”, sottolinea l’importanza della dimensione religiosa per la storia del pensiero politico, rivisita e storicizza la dottrina del nazionalismo, una nozione tanta nefasta quanto variegata nelle sue diverse formulazioni.
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