L'Ucraina sotto attacco si prepara a resistere Analisi di Paolo Brera
Testata: La Repubblica Data: 14 febbraio 2022 Pagina: 3 Autore: Paolo Brera Titolo: «Missili, droni e contraerea, Kiev armata dagli Alleati si prepara alla resistenza»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/02/2022, a pag. 3, con il titolo "Missili, droni e contraerea, Kiev armata dagli Alleati si prepara alla resistenza", l'analisi di Paolo Brera.
Giusto poche ore fa la premier lituana, Ingrida Šimonyt?, ha twittato il suo orgoglio sopra una foto in bianco e nero di accrocchi militari dentro il ventre di un aereo cargo: «Missili antiaerei Stinger dalla Lituania hanno raggiunto oggi l’Ucraina. Spero e auguro sinceramente che non si debba mai usarli». Poco prima, all’aeroporto Boryspil di Kiev erano atterrati atri due cargo con la bandierina americana e duecento milioni di dollari di munizioni varie e lanciagranate. Non c’è giorno che non atterrino gingilli da guerra dura e pura, ci sono così tante armi pesanti in campo — anche al di qua dei confini ucraini minacciati da un imponente accerchiamento russo — che se dovessero sparare tutte tremerebbe il mondo, e chissà quante vite perdute. Basterebbero a difendere Kiev? «Risposta impossibile. Dipende, un milione di mine non servono a nulla se ti invadono dal cielo, e l’antiaerea è inutile contro i carri armati», dice Hanna Shelest, direttrice del Centro studi sulla sicurezza di Prism. Fare la guerra è un’idea maledettamente stupida, ma anche terribilmente difficile.
Il governo ucraino continua a insistere che la minaccia non sia imminente, secondo «nostre informazioni». Ma ha allineato un gigantesco apparato militare lungo le trincee del Donbass: una quindicina di brigate schierate, l’equivalente di due corpi d’armata. Eppure, secondo le intelligence occidentali, e anche secondo gli ucraini, non è da lì che passerebbero i russi. Il confine ad alto rischio è quello con la Bielorussia. In caso di un attacco in forze con i carri, l’ordine sarebbe di «rallentare l’invasione» con incursioni leggere ma «senza tentare lo scontro diretto», per attirarli poi in trappola dove sono state concentrate armi e attrezzature di alto profilo ricevute dagli americani e dai britannici. Diciassette voli già atterrati dal Pentagono su 45 previsti, duemila tonnellate di armi ed equipaggiamento ricevuti dai vari alleati tra cui i missili anticarro Javelin, guidati a infrarossi e capaci di colpire a tre chilometri da un lanciatore a spalla. Oltre a lanciagranate e munizioni, insieme ai britannici e ai danesi gli americani hanno rifornito Kiev di sistemi di sminamento e di ricostruzione in terreno ostile; dal Canada armi di difesa, dalla Germania ospedali militari, abiti e elmetti con polemiche associate: «Ipocrisia tedesca: niente armi alla difesa ucraina contro l’invasione militare russa ma 366 milioni di euro di beni esportati alla Russia nel 2020 che potrebbero essere usati per produrre armi, alla faccia delle sanzioni Ue», twitta l’ambasciatore ucraino in Germania, Andrij Melnyk. Svezia e Norvegia hanno rifornito Kiev di sistemi per proteggere le frontiere e la sicurezza nucleare, dalle centrali al controllo dei traffici illeciti.
La Francia ha concentrato gli sforzi nei sistemi di sminamento e nei mezzi della guardia costiera, scegliendo così di non lavorare con il ministro della Difesa; ma da novembre Estonia, Lettonia e soprattutto Lituania forniscono — in vendita e in concessione — armi offensive. Insieme ai Javelin, nelle armerie ucraine ci sono tonnellate di missili spalleggiabili a corto raggio Nlaw; i missili contraerei a corto raggio Stinger, perfetti per tirar giù elicotteri con buona pace di chi c’è sopra; e i micidiali droni turchi Bayraktar TB2, che presto l’Ucraina fabbricherà in casa in joint venture con il genero di Recep Tayyip Erdogan. E poi ci sono i missili antinave Neptune, nati in Ucraina, e una marea di carri T64, vecchiotti. Di quelli più nuovi, i T84, ne hanno pochini. Molte armi, ma «in termini di numeri i russi restano più forti», dice Shelest. Però «noi li battiamo per motivazione, difendiamo la nostra terra e la nostra vita. Per molti di loro arriverebbe presto la domanda fatale: che ci faccio qui? Sono pronto a morire per un despota?». E nel frattempo, come ci si difende da un esercito più forte? «Ci mancano sistemi antimissile e anti aereo — dice Shelest — e non abbiamo sistemi a ombrello come Israele. Gli S-300 di produzione sovietica sono pochi e molto costosi. Gli americani ci danno gli Stingers, noi produciamo carri armati, missili, fucili, aerei, mine. Ma la nostra arma più efficiente resta la nostra gente». Già. Un esercito di ex militari che hanno finito la ferma, tra i 200mila e i 250mila uomini; poi l’esercito vero e proprio, altri 200mila soldati. Ma l’arma «su cui gli americani investono molto» è la difesa territoriale, spiega Shelest. Un corpo in stile estone o svizzero, con diecimila militari e 150mila riservisti: si stanno creando 25 legioni con 150 brigate di civili che firmano un contratto e vengono formati ogni sabato. Possono essere dislocati a difesa di infrastrutture e a supporto, si attivano in 24ore. «L’arma segreta sono quei due milioni di ucraini pronti a difendere la loro terra casa per casa», dice Shelest. Secondo intelligence e analisti il primo attacco, se ci sarà, arriverà dalla Bielorussia, «poi devono bloccare il Sud, chiudendo i porti e facendoci sentire deboli, vinti, isolati ». Attaccheranno sul serio? «A livello di logica lo escluderei, ai russi non conviene. Ma Putin è irrazionale. In ogni caso non crediamo a un’invasione, mirerebbero alle infrastrutture fondamentali costringendoci alla resa». Sotto tiro sarebbero aeroporti, pipeline, porti, obiettivi militari e centrali energetiche. «Comprese quelle nucleari».
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