IC7 - Il commento di Enrico Fubini
Dal 7 al 13 febbraio 2022
Fede, violenza e giustizia fai da te
E’ ormai un luogo comune affermare che Israele è un paese con molti problemi, che deve affrontare quotidiane sfide, che si trova perennemente in stato di guerra e di conflitto con altri paesi, che deve affrontare l’inimicizia di mezzo mondo. Tuttavia è innegabile che oggi, chi vive e lavora in Israele, ha l’occhio meno centrato sui tradizionali problemi che Israele ha dovuto affrontare nei suoi oltre settant’anni di vita, come il mai risolto problema palestinese, le ricorrenti guerre con Hamas a Gaza, e i rischi di nuove guerre con altri paesi più o meno confinanti con Israele. Indubbiamente oggi tutti sono più attenti ai problemi interni del paese, alle disuguaglianze sociali, nonostante la crescita del paese e nonostante la pandemia, ai problemi del caro-vita, alle tensioni sociali prodotti spesso da parte di gruppi sociali il cui inserimento nella vita di Israele continua ad essere a dir poco problematico. E’ vero che Israele è forse lo Stato al mondo in cui vivono e si confrontano le più svariate etnie e in cui le divisioni ideologiche sono più forti. Ma anche se nel corso dei decenni alcune spaccature etniche, tra cui quella più vistosa tra askenaziti e sefarditi si sono alquanto attenuate anche se non scomparse, i problemi rimangono e nuovi problemi salgono alla ribalta. I commentatori politici e i sociologi vedono oggi tre problemi che rendono a volte difficile la governabilità del paese e la pandemia ha evidenziato questi problemi che sembravano prima forse più marginali. Ci sono gruppi sociali minoritari nel paese anche se con percentuali tutt’altro che trascurabili, che per motivi del tutto diversi rifiutano nei fatti di adeguarsi alle leggi che democraticamente vengono espresse dal parlamento. Alludevo anzitutto ai cosiddetti ultraortodossi, cioè ai haredim, che nonostante il fatto che i loro partiti facessero parte del governo e che proprio il ministro della salute fosse uno di loro, di fatto hanno messo a rischio la salute pubblica: essi hanno spesso rifiutato le mascherine, il distanziamento sociale nelle feste, nei matrimoni, nei funerali, nelle scuole (quando c’era il lockdown), ed infine anche i vaccini. Il loro atteggiamento in linea generale non deriva tanto da una sfiducia nello Stato quanto ad un sentimento di appartenenza ad un altro e diverso ordine di leggi di tipo religioso, che trae origine dal loro modo d’interpretare l’etica ebraica secondo l’insegnamento di molti dei loro rabbini. In un momento così problematico e pericoloso, e non solo in Israele, come quello che stiamo vivendo, non si può negare che se una fetta così consistente di popolazione (circa il 10%) non si ritiene legata all’osservanza delle leggi e delle disposizioni dell’autorità civile, si creano pericolose tensioni sociali.
Un centro arabo nel nord di Israele
Un altro grave problema esiste in molte città e cittadine a grande maggioranza araba in Galilea dove da parecchi anni vige una violenza crescente tra gruppi delinquenziali contrapposti provocando un numero molto alto di morti e di gravi incidenti; la stessa popolazione araba ha chiesto al governo un maggiore intervento della polizia israeliana nei loro villaggi per mettere ordine in queste frange sociali che agiscono al di fuori di ogni legge. Da qualche tempo ci si è accorti della gravità sociale di queste violenze in cui gruppi armati mettono a rischio la vita civile in questi villaggi. Il problema dei beduini è altrettanto grave e anche nel loro caso si tratta di gruppi etnici che vivono e si ritengono fuori dalle leggi della Stato. In questi ultimi mesi hanno provocato scontri molto duri per il loro modo d’intendere la proprietà di terre demaniali, destinati ad esempio alla piantagione di alberi nel deserto. Altro grave problema, non ultimo tra i tanti problemi esistenti, l’atteggiamento di parecchie frange dei cosiddetti coloni, quelli più estremisti. Molti di loro creano nuovi insediamenti nei territori, del tutto al di fuori dei permessi e dei progetti dello Stato: essi agiscono come un nucleo sociale che ritiene di potersi comportare al di fuori e al di sopra di qualsiasi legge o regolamento. Molti sono gli incidenti avvenuti quando l’autorità dello Stato interviene per mettere un po’ di ordine in questi insediamenti selvaggi e cerca di ‘sgombrare’ gli insediamenti del tutto illegali. Il modo di rispondere dei ‘coloni’ è provocatorio e spesso inasprisce gratuitamente i rapporti con i loro vicini palestinesi, danneggiando la loro agricoltura. La pseudo giustizia ‘fai da te’ è inammissibile in uno Stato di diritto!
Questi sono i tre gruppi sociali che oggi creano i più vistosi problemi di governabilità in un paese che non manca certo di problemi urgenti da risolvere, anche se tutto sommato ha sempre dimostrato di reggere e di prosperare nonostante le guerre, le crisi economiche mondiali (il 2021 ha chiuso con il 6,2 di Pil in aumento) le tensioni sociali e altro ancora. Anche queste frange sociali che vivono un po’ ai margini dello Stato possono essere ricondotte all’ordine purché gli interessi politici e di partito siano messi da parte dal governo e che questi gruppi capiscano che la loro ‘libertà’ di azione non è compatibile in uno Stato dove la democrazia e la legge sono al di sopra degli interessi di parte. Il nuovo governo oggi è ben consapevole che questi problemi interni vanno affrontati con energia e soprattutto che non devono essere inquinati da interessi politici di parte.
Enrico Fubini, già docente di Storia della musica presso l'Università di Torino