Il pugno chiuso di Carlo Calenda Commento di Iuri Maria Prado
Testata: Libero Data: 07 febbraio 2022 Pagina: 1 Autore: Iuri Maria Prado Titolo: «Il 'liberal' Calenda esalta i pugni chiusi»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 07/02/2022 a pag.1, con il titolo "Il 'liberal' Calenda esalta i pugni chiusi", il commento di Iuri Maria Prado.
Carlo Calenda
L'altro giorno Carlo Calenda ha postato sul suo profilo Twitter le foto che qui riproduciamo, e ha guarnito la pubblicazione con questo tenero commento: «La bellezza e la potenza emotiva di queste foto. Comunque la si pensi, la forza di un'idea che si radica nella vita delle persone è un valore perso». C'è da credere che qualche bella foto si trovi anche tra quelle che ritraggono bimbetti col braccio teso a margine delle parate naziste, o qualche vegliardo con gli occhi sognanti verso il futuro imperiale della nazione, o qualche piazza adunata nell'ascolto del comizio sulle decisioni irrevocabili. E c'è da credere che nel caso di queste altre bellurie qualcun altro potrebbe intenerirsi nel ricordo di «un'idea che si radica nella vita delle persone». Quello di spalle, a occhio e croce, dev'essere Enrico Berlinguer, quello della questione morale e delle mani pulite perché i rubli di Mosca profumavano, il tipetto secondo cui in Unione Sovietica non era garantito «il pieno esercizio delle libertà» (serviva un ritocchino, insomma, e poi laggiù il rispetto del criterio democratico sarebbe stato pieno). La granitica gioventù comunista a pugnetti chiusi era opportunamente salvaguardata dai pericoli della propaganda capitalista, quella che diceva bugie sulle meraviglie del paradiso del proletariato, quello dei duemila fucilati al giorno, quello dei trecentomila morti sotto interrogatorio, in un solo anno, quello delle statistiche sui milioni di esseri umani da sopprimere per la realizzazione del programma collettivista: tutte pidocchiose menzogne del sistema borghese su cui era bene che trionfasse la verità rivoluzionaria, quella del bianchetto. E l'altra foto, quella del maturo militante, anche lui a levare il braccio nel segno della vergogna, il «valore perso», scattata nell'attualità delle deportazioni, delle torture, dell'abolizione di qualsiasi diritto, di qualsiasi libertà, e nel trionfo della miseria, delle carestie, della disperazione civile, della strage di vita, dell'ignominia imposta ovunque quei sistemi tirannici si siano insediati. Perché c'era quello, non altro, ovunque e per mezzo mondo a est del Muro, e qui da noi appena oltre Trieste. C'era quello, non altro, mentre qui tiravan su i pugni. C'era quello, non altro, mentre qui la mamma con bambino guardava il ragazzo dipingere la falce e il martello su quel lenzuolo. C'era l'orrore comunista che, se fosse stato per i comunisti italiani, avremmo sperimentato anche qui, la peste comunista che qui non ha attecchito del tutto, e che ci ha contagiato in forma attenuata e adulterata, non per iniziativa profilattica dei comunisti italiani, ma solo perché a risalire l'Italia erano gli eserciti e i carri anglo-americani e non quelli con la stella rossa.
CONTRAFFAZIONI Tra un po' verrà fuori che a denunciare i crimini dell'inferno comunista sovietico e asiatico erano i comunisti di questo nostro Paese. Ed è una delle contraffazioni - l'ennesima - che si va formulando a proposito della via italiana al socialismo, e cioè che chi vi militava è sempre stato avverso alle pratiche dittatoriali oltrecortina. Ma deve essersi trattato di un'avversione, per così dire, molto introflessa, molto sorvegliata, molto poco proclive a rendersi pubblica: perché di manifestazioni antisovietiche sotto le bandiere con falce e martello dei comunisti italiani non si ha memoria. Non si ha memoria di quei pugni chiusi a denunciare la mancanza di libertà e democrazia dove esse, nel sangue e nel nome degli stessi simboli, erano impedite. Sono il resoconto della tragedia politica italiana, quelle fotografie; il ricordo di una malformazione civile; la testimonianza di una democrazia malvissuta.
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