Al Congresso degli Stati Uniti arriva lo scandalo 'Palestine-firster’
Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Durante la presidenza di Barack Obama, quando le tensioni diplomatiche tra Israele e gli Stati Uniti scesero ad un livello minimo quasi mai raggiunto prima, gli avversari dello Stato ebraico coniarono il termine “Israel-Firster” per umiliare i suoi difensori e i suoi sostenitori in America. Essere un “Israel-Firster” significa mettere gli interessi di Israele al di sopra di quelli degli Stati Uniti e quindi essere bollati come persone di dubbia lealtà. Ai molti ebrei denigrati in questo modo, risuonavano gli echi inconfondibili delle ondate di antisemitismo del passato, con l’ossessione di oscuri imperativi ebraici di primaria importanza per la sicurezza nazionale. Ma il termine era problematico anche per altri versi. Per prima cosa, il termine insinuava che gli Stati Uniti avessero un certo tipo di interessi mentre Israele ne avesse un altro completamente diverso, trasformando così due stretti alleati in avversari. Inoltre suggeriva che Israele fosse uno Stato canaglia, ben felice di utilizzare quando necessario le comunità ebraiche della diaspora come quinta colonna. Attraverso una combinazione di incentivi finanziari, sottili intimidazioni e promesse di avanzamento politico, gli “Israel-Firsters” sarebbero riusciti ad assicurarsi che i politici americani anteponessero l'agenda di Israele a quella del proprio Paese, generando così sfiducia e antipatia da parte di tutto il mondo musulmano nei confronti degli Stati Uniti, proprio nel momento in cui miliardi di dollari dei contribuenti americani scorrevano a sostegno dell'occupazione israeliana nei territori palestinesi.
Questa caricatura di difesa di Israele in America è stata controbilanciata dall'immagine ben curata dei sostenitori dei palestinesi, che si presentano come detentori della verità nei confronti del potere e che fanno campagne per la loro causa attraverso il potere della persuasione popolare, piuttosto che quello dell’equivoca lobby del Congresso. Se Israele è una colpa dell'establishment, secondo la logica allora la Palestina deve essere la missione principale di una coalizione progressista che consideri il sionismo come una tossina politica, allo stesso modo del razzismo e dell'islamofobia. E mentre la difesa di Israele si svolge nei corridoi del potere, la Palestina si manifesta in dimostrazioni di piazza e raduni nei campus, in petizioni di massa e, soprattutto, nella campagna per sottoporre Israele a un regime di boicottaggi, disinvestimenti e sanzioni, come si vede nel movimento BDS. Ma negli ultimi quindici giorni quell'immagine di sé ha subito un duro colpo con un nuovo scandalo politico, che ha coinvolto la rappresentante Marie Newman, una democratica di sinistra dell'Illinois, acerrima nemica di Israele. La Newman è attualmente oggetto di indagine da parte del Comitato Etico della Camera, dopo che un rapporto pubblicato alla fine di gennaio dall'Office of Congressional Ethics (OCE) ha concluso che c'erano “ragioni sostanziali per credere” che avesse violato la legge federale, promettendo un impiego a un politico rivale come parte di un quid pro quo. Al rivale di Newman, un accademico palestinese-americano di nome Iymen Chehade, sarebbe stato promesso un lavoro come suo consigliere per la politica estera con uno stipendio a sei cifre in cambio della rinuncia a competere con di lei nella corsa congressuale del 2020.
In un'e-mail del 2018 scoperta dall'OCE, c’è un accordo secondo cui Chehade “non annuncerà né presenterà la propria candidatura per l'elezione a rappresentante del Congresso del 3 ° distretto dell'Illinois” e che “in cambio, Newman assumerà Chehade come suo Capo Consigliere per la Politica Estera.” Ma dopo aver vinto le elezioni, Newman avrebbe rinnegato il loro accordo. Chehade come risposta ha fatto causa prima che la coppia raggiungesse un accordo extragiudiziale riservato. Ulteriori indagini, tuttavia, hanno rivelato un allarmante livello aggiuntivo alla trattativa di Newman con Chehade, concernente le sue posizioni sul conflitto israelo-palestinese. Secondo il Daily Beast della scorsa settimana, “un lavoro comodo e un titolo importante non sono state le uniche cose che Newman ha negoziato.” Secondo quanto riferito, Chehade si è assicurato l'accordo di Newman per controllare completamente le sue posizioni sul conflitto israelo-palestinese. Probabilmente, non era una concessione così grande, dato che la Newman aveva già sponsorizzato numerosi progetti di legge a favore di uno Stato palestinese e, lo scorso settembre, è stata uno dei soli otto legislatori democratici a votare contro un disegno di legge che autorizzava 1 miliardo di dollari per l'Iron Dome, il sistema anti-missilistico israeliano. Inoltre, una visita sul suo sito Web mostra un solo tema nella scheda degli argomenti: “Israele-Palestina.”
Tuttavia, secondo le comunicazioni scoperte dal Daily Beast , molto chiaramente Chehade non stava lasciando nulla al caso, chiedendo l'accordo di Newman su una serie di questioni politiche. Ciò implicherebbe opporsi a tutte le leggi che riguardano aiuti militari a Israele, sostenere la legislazione sulla statualità palestinese e recarsi nella regione per missioni di “inchiesta” il cui itinerario sarebbe interamente stabilito da Chehade. Chehade ha anche chiesto a Newman di boicottare le organizzazioni israeliane ed ebraiche, rivelandosi nel farlo, come un antisionista eliminazionista che si oppone all'esistenza stessa di Israele. Lui ha scritto che "In nessun caso Newman approverà finanziamenti federali, parziali o completi, per delegazioni del Congresso dal Fondo Nazionale Ebraico, da qualsiasi organizzazione affiliata al governo israeliano o da qualsiasi organizzazione che abbracci il progetto sionista o coloniale di Israele.” La fonte delle preoccupazioni del Comitato Etico è che in nessuna fase Newman ha dato la sensazione di essere turbata dall'uso dei fondi federali per raggiungere un accordo privato con un sostenitore palestinese che gli avrebbe fornito un lavoro ben pagato e un'influenza politica.
Al contrario, ha risposto all'e-mail di Chehade dicendo: “In generale mi sembra tutto a posto. Un paio di preoccupazioni, per lo più per la fraseologia.” Newman ha respinto l'indagine sul suo rapporto professionale con Chehade definendola una “caccia alle streghe di parte.” Ora è anche sul punto di perdere il suo seggio al Congresso in seguito alla riorganizzazione distrettuale in Illinois, il che significa che dovrà affrontare entro la fine dell'anno, un legislatore del suo stesso partito, il rappresentante Sean Casten. Non dovrebbe essere uno shock, quindi, se la "Squadra" progressista dei Democratici alla Camera perde almeno un membro nel 2022. Anche se Newman scompare da Capitol Hill, le lezioni derivanti dal suo discutibile accordo con Chehade, devono essere assorbite. È fin troppo ovvio che non si è servito alcun interesse americano con l'adozione di posizioni anti-israeliane da parte di un rappresentante eletto per il volere di un consigliere esterno che conduce i giochi. Newman e Chehade possono giustamente essere chiamati “Palestine-Fister”, dato che per entrambi la causa palestinese ha la precedenza su tutte le altre considerazioni. Altri legislatori alla Camera non dovrebbero commettere lo stesso errore.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate