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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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‘Una casa palestinese cade a Gerusalemme’ 24/01/2022
‘Una casa palestinese cade a Gerusalemme’
Analisi di Michelle Mazel

(traduzione di Yehudit Weisz)


Titolo meraviglioso di Le Figaro, che dovrebbe suscitare commozione e indignazione. “Una ruspa contro la casa di un fioraio: nella notte tra martedì e mercoledì la polizia israeliana ha fatto evacuare una famiglia palestinese e poi ha distrutto la loro residenza nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est , dove i residenti si stanno opponendo a dei progetti di insediamenti ebraici”. In netto contrasto con l'insolita sobrietà di Le Monde. “Il caso dei Salhiya [la famiglia in questione] è, invece, diverso, singolare, più ambiguo… Si stabilirono lì dopo il 1948. Cacciati dal loro quartiere di Ein Karem, nella parte israeliana di Gerusalemme, loro affermano di aver raggiunto un accordo con gli Husseini, e poi di aver acquistato la casa. Tuttavia non sono in grado di dimostrarlo”. La giustizia israeliana, da brava ragazza, ha permesso loro di esaurire tutte le vie di ricorso prima che la Corte Suprema autorizzasse il municipio a radere al suolo l'edificio. E’ interessante notare che nel 1851, cento anni prima dell'arrivo dei Salhiya, la comunità sefardita di Gerusalemme aveva scelto quel luogo per costruirvi delle abitazioni ad uso di qualche famiglia di ebrei poveri. A questo modesto sobborgo era stato dato il nome di Shimon Hatsadik – Shimon il Giusto – poiché la tomba di questo saggio talmudista si pensava fosse nelle vicinanze. Nel Piano di Partizione votato dall'ONU nel 1947, che prevedeva la creazione di uno Stato arabo accanto ad uno Stato ebraico, nessuno parlava di Stato palestinese. Nel Paese la tensione era alle stelle e si moltiplicavano gli scontri. Gli inglesi, che erano ancora sul posto, consigliarono agli abitanti di Shimon Hatsadik di fuggire, ma all’inizio loro si rifiutarono di lasciare questo quartiere in cui vivevano da un secolo. Fu un terribile massacro a far loro cambiare idea.

Il 13 aprile del 1948, ancor prima della Dichiarazione di Indipendenza di Israele, le “forze arabe di Gerusalemme” di Abdel Kader al Husseini in agguato nel vicino villaggio arabo di Sheikh Jarrah, attaccarono il convoglio umanitario che trasportava all'ospedale Hadassah sul monte Scopus, medici, infermieri e altro personale medico, oltre a forniture. Decine di corpi non identificati, bruciati al punto da rendere impossibile qualsiasi identificazione, furono sepolti in una tomba comune nel cimitero di Sanhedria. L'attacco aveva comportato la chiusura dell'ospedale, il cui personale venne evacuato sotto una forte scorta britannica. Non appena lo Stato di Israele venne proclamato, gli eserciti di cinque Paesi arabi lanciarono un attacco concertato per annientarlo. La legione araba dell'emiro Abdallah di Transgiordania occupò i territori destinati allo Stato arabo, compresa una parte di Gerusalemme, città che avrebbe dovuto essere internazionalizzata. Abdallah si autoproclamò re, annesse i territori che aveva appena occupato e così la Transgiordania è diventata la Giordania. Degli arabi presero possesso delle case ebraiche di Shimon Hatsadik. Saremmo ancora a questo punto se re Hussein, nipote di Abdallah, non avesse attaccato Gerusalemme il 5 giugno del 1967. L'esercito israeliano ha respinto le sue truppe al di là del Giordano e il quartiere conteso si è ritrovato sotto l’autorità israeliana. È storia vecchia, direte. Niente a spartire con quel che sta accadendo oggi. Salvo che oggi gli arabi abusivi sono diventati le vittime, e gli espropriati aventi diritto, sono trattati da coloni.

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Michelle Mazel
scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".

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