Riprendiamo da SHALOM online l'intervista di Luca Spizzichino dal titolo "'La Shoah, evento unico nella storia': intervista a Fiamma Nirenstein".
Luca Spizzichino
L’iniziativa del Teatro Comunale di Ferrara “Claudio Abbado” per il 27 gennaio, il Festival delle Memorie, ha riportato alle cronache un pericoloso fenomeno: quello di mettere sullo stesso piano la Shoah e gli altri genocidi. Per capire come si arrivi alla banalizzazione e la negazione dell’unicità della Shoah, Shalom ha intervistato Fiamma Nirenstein, giornalista e scrittrice italiana che dal 2013 vive a Gerusalemme, dopo aver fatto l’Alyah.
Mettere i genocidi in un unico calderone è una novità?
Non è affatto una novità, è una questione che ritorna molto spesso, nell'ambito dell'attacco alla memoria dell'Olocausto. Ma non vorrei essere fraintesa: i genocidi sono molti, ricorrenti, terribili, accomunati da un elemento essenziale, la sofferenza inenarrabile delle vittime. Dovere comune è quello di essere in perenne allarme e in difesa militante dei diritti dei perseguitati. Pensi che dal 1952 al 2001 si contano 37 genocidi: per ognuno di questi, siamo chiamati a difendere le vittime e a riconoscere il fatto che ognuno va bloccato e punito. Ma questo non significa affatto confondere un genocidio con l'altro, perderne d'occhio le peculiarità è un errore fondamentale. E qui viene il punto della sua domanda: la memoria della Shoah è sotto attacco da parecchi anni, da destra, da sinistra e da parte del mondo islamico. In parte, l'attacco si basa sulla negazione della sua unicità, che si sfrangia nella banalizzazione fino al suo stupefacente rovesciamento, ovvero fino alla "nazificazione di Israele" come la chiamò Robert Wistrich, ormai purtroppo molto comune.
Ma innanzitutto, vediamo: perché la Shoah è un evento unico nella storia dell’umanità?
Intanto, è evidente a ogni persona di buon senso, è controintuitivo dire che non sia stato un evento unico nella storia dell'umanità. Prendiamo in considerazione alcuni elementi: intanto, il numero gigantesco delle vittime; poi il fatto che il Reich si fosse prefisso di eliminare tutti gli ebrei dal mondo intero, ovunque si trovassero, senza confini territoriali. Per Hitler si trattava di cercare, trovare, uccidere tutti li ebrei, di toglierli dal mondo intero, ovunque. Anche i più crudeli stermini come quello degli Armeni si fermano a determinati confini, per esempio gli Armeni di Gerusalemme non furono presi di mira, gli Khmer Rouge avevano i confini della Cambogia, la Serbia quelli dei bordi territoriali del suo conflitto. Hitler, che deportò gli ebrei ovunque, progettò con Haj Amin al Husseini persino lo sterminio degli ebrei in Medio Oriente. Ancora: lo sterminio degli ebrei era prioritario, il numero uno fra gli scopi del nazismo, anche quando la guerra era ormai persa le ultime deportazioni su ferrovia vennero prima del rifornimento o il rimpatrio dell'esercito in rotta. Inoltre: l'ossessione prioritaria dell'antisemitismo omicida nel pensiero hitleriano è stata tale per cui invece di utilizzare al lavoro gli ebrei deportati nell'impresa bellica, divorante, dell'imperialismo nazista, si preferiva ammazzarli… e si potrebbero aggiungere altri elementi di unicità ancora. Tuttavia, restiamo sempre in ginocchio, davanti alla sofferenza di chi ha sofferto genocidi... ma deve essere chiarito che naturalmente i palestinesi non c'entrano nulla con tutto ciò, lo stesso loro numero (secondo loro stessi) che si è moltiplicato insieme a tutti i criteri di misurazione del loro livello di vita, ci raccontano una vicenda reale che è l'esatto contrario della loro narrativa di apartheid, razzismo, persecuzioni... insomma il punto di arrivo di tutto il criterio della banalizzazione della storia ebraica per cui alla fine si fa degli ebrei, anzi, di Israele, un novello perpetratore di genocidio. Ridicolo, e molto fuorviante. Il titolo del conflitto è sin dall'inizio quello del diritto all'autodifesa di un popolo attaccato, quello ebraico. Fin dal primissimo inizio della vicenda attuale, anni 20, in cui il colonialismo non c'entra niente.
Cosa significa togliere il carattere dell’unicità alla Shoah?
Significa anche riconoscere il significato morale della incredibile resilienza ebraica nell' opporsi alla propria obliterazione, a quella delle idee, della cultura dell'amore per la vita che caratterizza l'ebraismo. Hitler, ma in generale l'antisemitismo, non odia soltanto gli ebrei uno per uno. Odia il fatto che esista da tre millenni una testimonianza ebraica di fedeltà a un principio morale astratto e che ha ispirato tutta la storia del mondo che si è evoluto verso la democrazia. In questo consiste il genocidio, lo sterminio unico: nella determinazione a cancellare dal pianeta una delle sue anime morali fondamentali, contraria a tutte le dittature e alle prepotenze. Naturalmente la vittima designata oggi della banalizzazione, è evidente, è Israele, sottoposto ormai all'attacco delle bugie diventate luogo comune all'ONU, all'Unione Europea, ai festival che pretendono di ricordare la Shoah. C’è, nelle more di questo processo, una moda che ha del paranoico e del grottesco, ed è quella di dire che Israele è un paese di apartheid: basta farsi un giro nei centri commerciali, nelle strade, negli ospedali, alla knesset, nell'apparato giudiziario, al governo! Per riconoscere questa immonda bugia. L'apartheid, che giustamente ha fatto mettere all'indice il vecchio Sud Africa, è stato astutamente scelto come pronostico della delegittimazione che deve portare alla sparizione di Israele. E attenzione, quando si dice apartheid, si vuole suggerire che il "razzismo" di Israele lo rende il persecutore complessivo di un popolo. Qui torniamo alla "nazificazione" di Wistrich. Robert Wistrich diceva appunto che la nazificazione d'Israele, e quindi, (non si illudano gli ebrei a cui piace il BDS!) la nazificazione degli ebrei, è proprio il punto di arrivo della banalizzazione, se non addirittura della negazione, della Shoah. Ed è qui importante ricordare che invece è Israele l'unico paese al mondo, al giorno d'oggi, minacciato senza mezzi termini, di sterminio totale. Lo è da parte dell'Iran, ma anche da Hezbollah, Hamas, da parte di tutto l'islamismo estremo. Mentre per altro, invece, fortunatamente, proprio nel mondo islamico gli accordi di Abramo danno segnali di grande simpatia e collaborazione fra Israele e le ali piu' consapevoli e avanzate di un mondo che finalmente capisce quanto Israele sia prezioso per il mondo intero, compreso per i palestinesi.
Questo fenomeno, ormai dilagante, a cosa sta portando?
Sta portando a un vero tsunami che danneggia tutta la cultura dei diritti umani, perché la logica su cui poggia l'attuale insorgenza ideologica contro lo stato del popolo ebraico, è una destrutturazione drammatica della natura democratica e antifascista. Negli Stati Uniti e in Europa gli incidenti antisemiti sono in crescita verticale, e ciò accade perché si è consentito che la criminalizzazione di Israele diventasse linguaggio comune. nessuno salvo qualche coraggioso isolato, parla delle persecuzioni dei giovani gay fra i palestinesi, anche a Ramallah, e di come questi fuggono in Israele. Di come queste persecuzioni vigano in tutto il mondo mussulmano, delle impiccagioni sulla pubblica piazza in Iran, dei matrimoni imposti alle bambine, dell'escissione, della poligamia, della morte violenta dei dissidenti, della corruzione miliardaria di quei leader… La banalizzazione della Shoah va a braccetto invece con la criminalizzazione del popolo ebraico la cui esca è la delegittimazione di Israele: quando se ne dice che è un fenomeno coloniale, che i palestinesi hanno subito uno sterminio, che sono vittime di apartheid, che Israele è razzista... si gettano le basi della sua distruzione, che ormai è identica a quella del popolo ebraico, e si gettano nel cestino tutte le aspirazioni democratiche del mondo. Vince la "Intersezionalità" in cui tutti gli oppressi sono contro i "suprematisti bianchi" e Israele, buffo davvero, è stata messa su quello scaffale. Più cresce l'antisemitismo di matrice antisionista, tanto più andrà avanti la banalizzazione della Shoah, questo perché non è altro che uno strumento di odio nei confronti del popolo ebraico, che oggi ha nello Stato di Israele il suo massimo rappresentante. Questo antisemitismo è dilagante, praticamente non c'è ebreo in Europa che non l'abbia subito o non ne sia stato testimone.
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