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Lo scopo delle rivolte contro la piantumazione di alberi nel Negev? Il crollo di Israele
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione di Yehudit Weisz)
La recente intifada beduina che è in atto nel Negev dimostra ancora una volta che la violenza e il terrorismo non sono il risultato di emarginazione, analfabetismo e povertà, ma scaturiscono da una nuova speranza che sta emergendo e crescendo, e che la violenza è l'unico mezzo per portare a compimento quella speranza. Questa violenta protesta non è la conseguenza della piantumazione di alberi promossa dal Fondo Nazionale Ebraico (il Keren Kayemet L’Yisrael), che pianta alberi nel Negev da molti anni e che non ha mai suscitato una tale opposizione da parte dei beduini. Il motivo per cui avviene ora, è semplice: i beduini che vivono in questi insediamenti non pianificati sanno benissimo che la terra su cui vivono non è di loro proprietà, ma che essa è di proprietà dello Stato. Per anni i beduini hanno cercato di ottenere il riconoscimento legale della proprietà terriera, ma hanno continuamente fallito in tutte le loro cause giudiziarie, perché le terre demaniali nel Negev (ad eccezione delle città fondate legalmente) non hanno subito una suddivisione e una registrazione catastale ufficiale, e quindi nessuno può legalmente acquistare, registrare o provarne la proprietà. Che cosa allora sta portando i beduini all'attuale intifada? La speranza.
Negli ultimi due anni, il sistema politico israeliano ha attraversato una profonda crisi. Sta evidenziando debolezza perché la maggioranza ebraica in Israele non è in grado di accettare di sedersi insieme e formare una coalizione che voglia salvaguardare il potere della maggioranza ebraica. La spaccatura nella destra mostra agli arabi in generale e ai beduini in particolare, la debolezza dei principali attori dell'arena politica. Netanyahu e Bennett, a loro volta, hanno cercato di ottenere aiuto dal movimento islamico, un movimento la cui ideologia afferma che Israele non ha il diritto di esistere come Stato ebraico. Negli ultimi due anni, molti nel campo arabo hanno vissuto nella speranza che i conflitti tra gli ebrei continueranno ad intensificarsi e che lo Stato ebraico continuerà a deteriorarsi, a perdere la sua strada, il suo potere e la sua sopravvivenza. Pertanto, il suo indebolimento può, inshallah, vanificare l'“Aggressione del 1948” come loro descrivono la nascita dello Stato di Israele.
Questi stessi arabi non esprimono questa speranza a parole ma nei fatti:
1. La sanguinosa jihad, le rivolte e gli incendi dolosi che hanno colpito Lod, Ramla, Acco, Giaffa e Gerusalemme nel maggio del 2021, senza l'intervento della polizia e senza che la stragrande maggioranza dei rivoltosi fosse perseguita.
2. E’ stata data attuazione alla richiesta degli arabi che la polizia confiscasse le armi agli ebrei nelle città coinvolte.
3. C’è un accumulo di enormi quantità di armi in tutto il settore arabo.
4. E’ stata approvata la richiesta fatta dal Partito Ra'am di un budget di decine di miliardi di shekel.
5. Il successo nel bloccare il rinnovo della legge sulla negazione della cittadinanza per le donne provenienti dall'Autorità Palestinese e che sposino un arabo israeliano e altro ancora.
La “Legge sull'elettricità” promulgata due settimane fa è percepita nel settore beduino non solo come una normativa che richiederebbe alla Compagnia israeliana dell’Eletricità di fornire elettricità alle case costruite senza autorizzazione, ma come un disegno di legge che costituisce implicitamente il riconoscimento statale di due cose importanti: il diritto dei beduini di costruire case sui territori che hanno illegalmente conquistato e il riconoscimento della loro proprietà delle terre dello Stato, nel Negev. I beduini credono che con l’allacciamento delle loro case abusive all'elettricità, ottengano lo status di proprietà delle vaste aree che hanno sottratto allo Stato, e che ora tutto ciò che devono fare, è aumentare il tasso di costruzione illegale sui terreni demaniali, in modo che ogni bambino beduino possiederà dozzine, se non centinaia di acri. Sperano che questo legalizzerà la loro pretesa su questa terra. E ora, dopo che le speranze dei beduini di possedere ogni area del Negev di cui hanno preso il controllo in passato, e che prenderanno in futuro, si sono concretizzate, lo Stato osa piantare alberi sulle “loro” (!!!) terre? Da qui nasce la violenza dei beduini che abbiamo visto in questi giorni. La capacità del loro partito, Ra'am, di influenzare le decisioni del governo e di promuovere leggi contrarie all'interesse della maggioranza ebraica, come la "Legge sull'elettricità" con tutte le sue ramificazioni, accresce la loro speranza che lo Stato sarà presto costretto a riconoscere il loro status di proprietari legali delle case in tutte le aree del Negev di cui si sono impossessati e che intendono prendere in consegna in futuro. Quello che lo Stato deve fare rapidamente è stroncare questa speranza sul nascere.
L'unico modo per eliminarla è un'azione rapida e decisa da parte dello Stato di Israele che chiarirà al beduino chi comanda. L'operazione deve attuare diverse attività:
- Piantumazione immediata in tutte le aree previste per le coltivazioni oggi e in futuro.
- Distruzione di tutte le case costruite su un terreno demaniale senza autorizzazione entro un miglio attorno a qualsiasi gruppo di alberi che sarà piantato.
- Detenzione amministrativa per tutti gli agitatori beduini e i loro compari della fazione settentrionale del Movimento islamico, del movimento Bnei Kfar e di ogni altra organizzazione coinvolta in quanto sta accadendo nel Sud di Israele.
Allo stesso tempo, lo Stato deve chiarire inequivocabilmente ai beduini che vivono nelle vicinanze della strada che va da Beersheva ad Arad, che ogni palo elettrico abbattuto su questa strada comporterà la demolizione di 10 case abusive (non esiste una sola casa a norma di legge) nelle vicinanze del palo caduto. In questo modo, lo Stato farà in modo che a custodire i pilastri dell’energia elettrica siano coloro che vi abitano illegalmente. Lo Stato deve ritrovare la sua deterrenza per eliminare la speranza che alimenta la rivolta. Se, di conseguenza, Ra'am si ritirasse dalla coalizione, il Likud, i partiti ultraortodossi e religiosi-sionisti devono entrare immediatamente nel governo per evitare un'inutile campagna elettorale. Quindi, se Meretz, Labour e Ra'am lasciano la coalizione, non importa. Solo un'ampia e stabile coalizione di destra (che ignori, finalmente, le questioni personali relative a Netanyahu, Bennett, Avigdor Lieberman e Gideon Sa'ar) potrà restituire la proprietà dello Stato e della sua terra alla maggioranza ebraica in Israele e restituire al Negev una gestione legale governativa.
Nel contempo, lo Stato deve chiarire ai beduini che:
1. Non possono continuare a vivere secondo due insiemi di regole: quello dei beduini e quello dello Stato.
2. Non possono continuare a costruire a loro piacimento su un terreno che non è loro, violando la legge statale sulla pianificazione e l'edilizia.
3. Non possono sposare due, tre e quattro mogli violando la legge statale sulla proibizione della poligamia.
4. Non possono continuare a vivere di contrabbando, furti d'auto e denaro guadagnato con la protezione, e allo stesso tempo ricevere la Previdenza Sociale come cittadini rispettosi della legge.
Se vogliono godere dei benefici del Paese - istruzione, salute e assistenza sociale - devono abbandonare lo stile di vita beduino con tutte le sue caratteristiche criminali e adottare uno stile di vita moderno, in cui si vive esclusivamente sulla terra che è di proprietà; si sposa una sola moglie; e si svolge una attività lavorativa rispettabile e onorevole. Lo Stato non tollererà più la situazione che i beduini hanno creato nel Negev, dove vivono in un sistema di norme praticato nel deserto mentre lo Stato moderno finanzia il loro stile di vita primitivo. Devono decidere loro. Se scelgono di vivere nel deserto, possono dimenticare la sicurezza sociale e continuare a vivere nelle tende, perché non sarà permesso loro di costruire nulla di più permanente. Tali discorsi sono contrari alle regole del politicamente corretto, ma in una situazione di crisi lo Stato non ha altra scelta che essere determinato, chiaro e deciso. È giunto il momento di risolvere, definitivamente, il problema chiamato “cultura del deserto” che minaccia l'integrità e il carattere dello Stato di Israele, poiché una rivolta beduina potrebbe portare gli istigatori dello scontro ad accendere rivolte nel Nord e anche nel Triangolo Settentrionale. Se Israele soccombe alle richieste dei beduini, continuerà ad aumentare le loro speranze di annientamento dello Stato. Israele deve continuare a piantare alberi nel Negev. Altrimenti, non esisterà né lì né altrove.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Studi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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