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La Repubblica Rassegna Stampa
20.01.2022 Gli Accordi che hanno cambiato il Medio Oriente e il ruolo dell'Italia
Commento di Pina Picierno

Testata: La Repubblica
Data: 20 gennaio 2022
Pagina: 22
Autore: Pina Picierno
Titolo: «Un ponte in Medio Oriente»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 20/01/2022, a pag. 22, con il titolo "Un ponte in Medio Oriente", il commento di Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo (Pd).

Pina Picierno - Wikipedia
Pina Picierno


La firma degli Accordi Abramo

Caro direttore, i primi giorni del 2022 sono stati segnati da forte instabilità, l’Europa vive un momento complesso e decisivo al tempo stesso, dove le linee dei suoi interessi si intrecciano con conflitti vecchi e nuovi. I rapporti con la Russia e la questione Ucraina, i diritti umani e politici calpestati in Bielorussia e la grande questione energetica divenuta leva per le rivolte popolari in Kazakistan impongono con urgenza la stabilizzazione almeno dello scenario mediterraneo. Nel suo intervento di ieri a Strasburgo il presidente Emmanuel Macron, inaugurando il semestre di presidenza francese, ha tracciato con concretezza il percorso che porta alla stabilizzazione non solo delle vecchie aree di crisi ma della stessa azione geopolitica dell’Unione Europea: difesa comune, innovazione dei sistemi di intelligence e sicurezza, diplomazia europea e multilateralismo. In questo scenario di grandi cambiamenti assume ancora maggior significato l’incontro avvenuto lo scorso 28 dicembre tra il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen e il ministro della Difesa e vicepremier di Israele Benny Gantz poiché rappresenta un significativo segnale sulla strada del dialogo e un profondo cambiamento di strategia politica dei due attori principali di quel conflitto, che resta centrale per il destino di tutto il Mediterraneo. Non è azzardato affermare che ci troviamo davanti elementi di discontinuità positiva, a partire dai ragionamenti formulati il 24 dicembre su questo quotidiano da Yair Lapid, ministro degli Esteri israeliano, che punta con convinzione sulla formula dello sviluppo economico in cambio di politiche reali di sicurezza.

Il ministro degli Esteri Lapid:
Yair Lapid, ministro degli Esteri israeliano

Le soluzioni immaginate da questo rinnovato dialogo parlano al futuro, parlano di lavoro, di ricongiungimenti familiari a favore della popolazione palestinese e della creazione di nuove infrastrutture che porrebbero la parola fine all’isolamento. È ancora presto per dirlo, le difficoltà sono tante, ma sarebbero elementi di certo utili per stabilizzare gradualmente l’area scommettendo su una nuova stagione di sviluppo e di riforme. Pochi osservatori, specie in Italia, avevano intravisto quanto potessero essere determinanti gli Accordi di Abramo per sbloccare una situazione cristallizzata. Dopo la loro sottoscrizione dell’agosto 2020, si è registrata una progressiva normalizzazione dei rapporti tra Israele e paesi importanti come Emirati Arabi, Marocco e Bahrein. I termini di queste relazioni hanno assunto connotati nuovi e più efficaci grazie all’adozione di categorie innovative dotate di realismo come la programmazione di investimenti, la creazione di un tessuto imprenditoriale e il conseguente miglioramento della qualità della vita. Non vi è dubbio che la ripresa del dialogo con i palestinesi ha lo stesso timbro. Mancano però alcuni tasselli per completare in modo organico il mosaico della distensione come l’Iran, attore destabilizzante dell’area, che ha scelto di far rimanere al palo i negoziati sul nucleare in corso a Vienna.

All’interno di questo quadro anche l’Italia può e deve tornare a giocare un ruolo cardine in quell’area come in tutto il Mediterraneo, avendo un nuovo slancio che spinga la nostra politica estera ad affrancarsi da schemi ormai segnati dalla storia e votati all’impotenza. Si abbia il coraggio di dire qualcosa in più della formula “due popoli e due Stati”, assioma certamente valido ma che deve essere accompagnato da una proposta concreta che isoli Hamas e gli altri gruppi terroristici. Si discuta quindi di opportunità economiche e di garanzie di sicurezza che liberino quelle terre dal ricatto dalla violenza. Abbiamo noi tutti la possibilità di creare una nuova geopolitica mediterranea, mettendo in cima a questi temi lo Stato di diritto. Coltivare l’ambizione di innalzare il livello del dibattito e distogliere lo sguardo dal baricentro italiano per posizionarlo su quello europeo perché essere ponte di cooperazione e sicurezza è la nostra vocazione storica. C’è uno scatto che in questi giorni è stato molto condiviso sui social e sui giornali e raffigura il presidente David Sassoli intento con martello e scalpello, nel novembre del 1989, a contribuire come tanti giovani europei all’abbattimento del muro di Berlino. Quella foto rappresenta l’eredità a cui siamo chiamati a dare corso: usare i confini come ponti e non come casematte di una fortezza. L’unico antidoto che possiamo applicare in Medio Oriente come in tutte le altre sfide che sono storicamente mature per una svolta.

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